“Tengo famiglia”: come al premio Ischia i giornalisti gratificano gli amici

E c’è qualcuno, come Urbano Cairo, che utilizza i suoi giornali e tutto quello che ruota intorno come una “cosa di famiglia”.

Speciale per Senza Bavaglio
Rosaria Federico
Salerno, 24 maggio 2024

Cicero pro domo sua. Va così con alcuni premi giornalistici. Una volta giurato, l’altra premiato o addirittura giurato e premiato in un’unica soluzione. Succede a Ischia, con uno dei premi giornalistici più longevi e ricco di finanziamenti del Belpaese, quello promosso dalla Fondazione no profit Giuseppe Valentini, giunto quest’anno alla 45esima edizione. Tutto normale? Può darsi se non fosse che per ogni edizione vengono spesi un po’ (parecchi per la verità) di soldini pubblici. Un business finalizzato alla valorizzazione del turismo, del territorio e probabilmente anche del giornalismo italiano e internazionale. Ma che a ben guardare foraggia un circuito d’élite fatto di giornalisti famosi, direttori e grandi editori.

Il Premio Ischia è un giro di premi e di affari che ha un valore economico di centinaia di migliaia di euro, a guardare i bilanci pubblicati sul sito, gran parte devoluti dalla Regione Campania e da partner privati e istituzionali (lo scorso anno la Fondazione ha chiuso in un sostanziale pareggio movimentando circa 253mila euro tra costi e ricavi, ma ci sono stati anni in cui il budget è stato anche più elevato). Solo la Regione Campania, tra i soci fondatori, devolve ogni anno “almeno 150mila euro”, a questo budget si aggiunge quello di altri partner e finanziatori (nel 2022 la Fondazione ha ricevuto circa 180mila euro di proventi straordinari e circa 62mila euro di contributi per sponsorizzazioni). Per l’edizione in corso i partner sono Siae, Istituto di credito sportivo, Aci, Menarini, Mundys e gruppo Unipol.

Ai vincitori del premio, secondo Statuto, viene elargita una somma di 2500 euro e, naturalmente, riservata un’accoglienza di tutto rispetto sull’Isola Verde. Ma forse il premio in danaro in sé deve essere poca cosa rispetto al prestigio che il titolo onorifico concede se, a quanto appare dai valzer di nomi e testate, sembra uno dei Premi più ambiti dai giornalisti. Lo spessore dei premiati è indiscutibile. L’alone di favoritismo e concessioni ad amici, un po’ meno. E il caso della 45esima edizione non è proprio una rarità.

Nel vorticoso tourbillon del Premio Ischia per il giornalismo c’è un valzer tra giurati e premiati o insigniti di menzioni speciali che un po’ fa riflettere.

Un giro di “benevolenze” che anche per la 45esima edizione ha portato l’illustre giuria (presidente Giulio Anselmi, componenti Alessandro Barbano, Giuseppe De Bellis, Francesco De Core, Vincenzo D’Errico, Luciano Fontana, Carlo Gambalonga, Giovanni Grasso, Mario Orfeo, Agnese Pini, Beniamino Quintieri e Fabio Tamburini) a fare un po’ tutto in famiglia, a parte il Premio Internazionale attribuito a Amy Khazim del Financial Times che si occupa di economia italiana, nonché di sfide ambientali e sociali.

A fine giugno nella splendida cornice di Lacco Ameno il premio ‘Giornalista dell’anno’, per esempio, andrà al vicedirettore del Corriere della Sera Aldo Cazzullo, nulla da obiettare ovviamente sui meriti del poliedrico giornalista e scrittore, se non fosse che nella giuria c’è tra i veterani dei giurati, Luciano Fontana il suo direttore. Premio “aziendale” anche quello che verrà elargito per la Tv a Monica Giandotti (conduttrice di Linea notte Tg3), che può vantare in giuria Mario Orfeo, direttore Tg3. Tra i premiati anche Elena Pero, insignita del Premio Ischia per i servizi sul tennis di Sky Sport e “naturalmente” spicca in giuria il nome di Giuseppe De Bellis, direttore di Skytg24, la tv media partner dell’evento. Nulla di scandaloso, ovviamente. La giuria è sovrana nell’attribuzione dei riconoscimenti e magari ognuno dei giurati si sarà astenuto al momento delle decisioni che riguardavano i propri giornalisti. Per una questione di stile.

Ma oltre a questo “pasticciaccio” di nomi e testate, così come accaduto in alcune delle edizioni precedenti, ci sono premiati che si ‘premiano’. E sì, tanto una medaglia in più non fa mai male. È il caso di Fabio Tamburini – direttore del Sole 24 ore e giurato della Fondazione Valentini – il quale verrà insignito del riconoscimento per la sezione dedicata alle Agenzie di stampa (un premio reintrodotto ad hoc) per i 70 anni di attività di Radiocor, la testata del gruppo Sole 24ore che dirige. Ma proprio Tamburini è un ‘affezionato’ al Premio Ischia. Nel 2019 ottenne il riconoscimento come Giornalista dell’anno per l’economia, ma allora (meno male!) non figurava ancora nella lista dei giurati.

Quello di quest’anno può sembrare una fortuita coincidenza, ovviamente. Ci può stare. E, invece, non è proprio un caso isolato che i meritevoli siano tutti nella stessa cerchia di giornali e testate. Lo scorso anno, per esempio, quando la giuria era pressoché identica a quella di oggi, sul palcoscenico sono saliti insieme a Lucia Annunziata (premio internazionale alla carriera), al direttore del quotidiano Il Foglio, Claudio Cerasa, (miglior giornalista dell’anno della carta stampata), Francesca Fagnani conduttrice di Belve (premio Ischia giornalista dell’anno Tv), anche Valeria Sforzini, giornalista del Corriere della Sera – Pianeta 30 (premio Terna per la comunicazione sostenibile) e Francesco De Luca de Il Mattino (giornalista dell’anno per l’informazione sportiva) che tra i giurati aveva il suo direttore, Francesco De Core.

Nella 44esima edizione del Premio riconoscimento speciale anche per Luciano Tancredi, allora direttore del quotidiano Il Tirreno, oggi direttore editoriale del Gruppo Sae, da anni tra i giurati del Premio Ischia nella sezione Comunicatore dell’anno. E se nella spartizione dei premi, la parte da leone l’hanno sempre fatta i direttori, lo scorso anno uno dei riconoscimenti andò anche ad uno degli sponsor, Intesa San Paolo, e al suo Chief Institutional Affairs and External Communication Officer, Stefano Lucchini. Tra gli altri premiati, non poteva mancare, Giuseppe De Bellis membro anche della giuria con un riconoscimento speciale per i 20 anni di Sky Tg24.

Un parterre de rois la giuria del 2018 che in qualche modo ha lasciato la propria eredità di premi e non a direttori di testate e giornalisti. A presiederla Clemente Mimun che coordinò i lavori di selezione insieme agli editori Urbano Cairo, Fedele Confalonieri, Giuseppe Marra, Edoardo Montefusco, Andrea Riffeser, Roberto Amodei, e ai giornalisti Maurizio Abet, Andrea Abodi, Giulio Anselmi, Alessandro Barbano, Lucio Brunelli, Luigi Contu, Maurizio Costanzo, Enzo d’Errico, Carlo Gambalonga, Riccardo Luna, Enrico Mentana, Giovanni Minoli, Mario Orfeo, Maarten van Aalderen, Sarah Varetto e Carlo Verna. Il gotha del giornalismo italiano, insomma, dal quale ci si aspetta integrità e serietà anche se è “solo” un premio giornalistico.

Ma si sa lo stile non è roba che si confà all’attuale mondo giornalistico. A partire dagli editori. C’è qualcuno, come Urbano Cairo, che utilizza i suoi giornali e tutto quello che ruota intorno come una “cosa di famiglia”. A partire dalle sue interviste-dichiarazioni, pubblicate ad ogni piè sospinto, dal Corriere della Sera (il gioiello del suo gruppo editoriale) sugli argomenti più disparati, relativi quasi sempre al suo giro di affari. Passando per le pagine di interviste e articoli con pubblicità più o meno occulta. Per finire all’imbarazzante (per i lettori ovviamente) “reportage” sulle nozze dell’amata figlia Cristina Cairo, pubblicato lo scorso 22 aprile 2024, con l’elenco dei parenti più stretti degli sposi e dei vip presenti alla cerimonia. Reportage dove non poteva mancare, naturalmente, il nome del famoso ristorante di Bergamo dove si è tenuto un “lungo aperitivo a bordo piscina, poi la cena e la grande festa fino a notte fonda”.

E allora non resta che dire: “Signore e signori, sipario!”.

Rosaria Federico
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