Brutta aria al Corriere: si censura una collega ma si stampano marchette a gogo

Massimo AlberizziSpeciale Per Senza Bavaglio e Per Critica Liberale
Massimo Alberizzi e Enzo Marzo
Milano/Roma, 25 aprile 2022

Altra brutta storia al Corriere della Sera. Dopo le accuse di commistione informazione pubblicità, denunciate anche da noi di Senza Bavaglio, dalla Società Pannunzio e da Critica Liberale, un’altra tegola non risparmia la direzione di Luciano Fontana e il suo team nella sala comando: la giornalista della redazione romana, Monica Sargentini, è stata sanzionate con tre giorni di sospensione dal lavoro nonché dallo stipendio.

In questi casi un reato che provoca una sanzione così grave, si contesta dopo aver aperto un’istruttoria, aver dato all’”imputato” la possibilità (e il diritto) di difendersi, spiegando le proprie ragioni. Invece no. A quanto risulta a Senza Bavaglio, a Monica sono state inviate due lettere.

Ecco la sequenza della storia, secondo quanto abbiamo appreso. Il 25 marzo l’allegato Sette del Corriere, diretto da una delle vicedirettrici, Barbara Stefanelli, pubblica un articolo di Roberto Saviano in favore della regolamentazione legale della prostituzione. L’articolo di Saviano viene duramente contestato da alcune organizzazioni che si occupano di femminismo e di difesa dei diritti umani.

Viene inoltre lanciato sui social un appello con la preghiera di inviare un messaggio mail a Fontana e a Stefanelli. Chi aderisce è invitato a scrivere al direttore del Corriere questo testo: “Mi chiedo come un giornale di tale diffusione e importanza in Italia possa difendere un’informazione tanto parziale, superficiale e dannosa. Da dove arriva tanta misoginia al Corriere della Sera e a chi lo dirige?

E poi: “Scrive Saviano: “… perché criminalizzare un fenomeno non lo elimina, regolamentarlo, invece, tutela chi vi è coinvolto.

Ma Saviano – scrive la protesta lanciata sui social – non sa che la prostituzione è quasi solo tratta e la regolarizzazione è una manna per papponi e mafiosi? Non conosce il modello abolizionista, già in vigore in molti Paesi civili? Non sa che quello che lui chiama “lavoro” è inaccettabile tragedia (per le donne coinvolte ovvio)? Perché riconosce agli uomini il diritto di stuprare a pagamento? Perché non studia e non riflette sull’umanità disgraziata che non è solo quella di Gomorra prima di parlare? Da dove gli/vi viene tanta misoginia?”

Monica legge la nota di dissenso postata sui social. Riceve decine di telefonate in cui alcuni amici e conoscenti – molti indignati con Saviano – le chiedono spiegazioni e racconta di chi a sua insaputa ha lanciato la protesta. Il 28 marzo una delle sue interlocutrici le chiede dove può trovare la nota e lei, che l’ha salvata nel suo computer, per farle una cortesia, gliela gira.

Come tutte le note di questo tipo, prima della protesta c’è scritto a chi inviarla. In questo caso appunto al direttore, Luciano Fontana, e alla vicedirettrice responsabile di Sette, Barbara Stefanelli.

L’interlocutrice di Monica riceve la mail e la inoltra a direttore e alla sua vice senza togliere il nome di chi gliel’ha inviata.

Direttore e vice quando leggono il messaggio vanno su tutte le furie e giocando di fantasia (spiegano i ben informati al Corriere) decidono di incolpare Monica Sargentini di essere addirittura l’organizzatrice della protesta contro Saviano .

A quel punto il capo del personale del Corriere, Vito Ribaudo, invia una lettera in cui si contesta a Sargentini di avere leso gli interessi della testata per cui lavora e le si dà 5 giorni di tempo per spiegare le sue ragioni.

Lei risponde insieme al suo avvocato appellandosi al diritto di esprimere le sue opinioni e invia un messaggio anche al direttore Fontana dicendosi dispiaciuta per l’accaduto che però non è imputabile alla sua volontà. Sembra tutto finito, senonché il 20 aprile arriva la seconda lettera con la sanzione: sospensione di tre gg dal lavoro e dallo stipendio.

Non ci meraviglieremmo se in quei giorni di attesa (quasi un mese) abbiano valutato attentamente le implicazioni contenute nell’articolo 8 del Contratto Nazionale di Lavoro giornalistico che da un lato vieta al giornalista “di assumere incarichi in contrasto con gli interessi morali e materiali dell’azienda alla quale appartiene”. Ma poi aggiunge “Fatti salvi questi interessi il giornalista può manifestare le proprie opinioni attraverso altre pubblicazioni di carattere culturale, religioso, politico o sindacale”.

Ricevuta la contestazione ancora senza la sospensione dal lavoro e dallo stipendio, Sargentini, insieme al suo avvocato, risponde che impugnerà il provvedimento.

Un provvedimento di tale portata non si ricorda da sempre al Corriere della Sera, dove la deontologia viene violata quasi quotidianamente, almeno a giudicare dalle paginate di pubblicità subliminale proposte al lettore e di cui esiste un esposto all’Ordine dei Giornalisti.

L’articolo 44 del contratto di lavoro giornalistico stabilisce infatti che il direttore è il garante della correttezza tra testo e pubblicità

Ecco il testo dell’articolo 44:

Allo scopo di tutelare il diritto del pubblico a ricevere una corretta informazione, distinta e distinguibile dal messaggio pubblicitario e non lesiva degli interessi dei singoli, i messaggi pubblicitari devono essere chiaramente individuabili come tali e quindi distinti, anche attraverso apposita indicazione, dai testi giornalistici.

Gli articoli elaborati dal giornalista nell’ambito della sua normale attività redazionale non possono essere utilizzati come materiale pubblicitario. I testi elaborati dai giornalisti collaboratori dipendenti da uffici stampa o di pubbliche relazioni devono essere pubblicati facendo seguire alla firma l’indicazione dell’organizzazione cui l’autore del testo è addetto quando trattino argomenti riferiti all’attività principale dell’interessato.

I direttori nell’esercizio dei poteri previsti dall’art.6, e considerate le peculiarità delle singole testate, sono garanti della correttezza e della qualità dell’informazione anche per quanto attiene il rapporto tra testo e pubblicità. A tal fine i direttori ricevono periodicamente i pareri dei comitati di redazione.

Un articolo costantemente violato (purtroppo non solo al Corriere), come abbiamo sottolineato più volte e ultimamente qui:

Marchette e informazione: il Corriere (e non solo) supera i limiti del buon gusto

E allora appare francamente incomprensibile la decisione di sanzionare una collega per un errore involontario quando il giornale è costellato di errori “volontari”.

A noi che siamo stati al Corriere per oltre 30 anni appare stravagante e punitivo questo comportamento. A meno che non celi una volontà chiaramente punitiva e censoria volta a imporre una sorta di pensiero unico. Oltre che un monito a tutta la redazione.

Noi siamo nati giornalisticamente parlando al Corriere della Sera con direttore Piero Ottone che ci ha insegnato a essere rigorosi e distinguere sempre le nostre idee e sensibilità dalle notizie, per essere sempre imparziali ed equilibrati.

Ricordiamo che una volta Ottone non esitò a rimproverare il vaticanista: aveva scritto che il Papa aveva firmato l’enciclica “con la sua Mont Blanc”. Disse più o meno che occorreva stare attenti ed essere corretti e leali per non ingannare il lettore.

Al Corriere era vietato comportarsi da forti con i deboli e mostrarsi deboli con i forti.

Già, correttezza e lealtà. Due atteggiamenti di cui si è persa la cognizione. Certo siamo in periodo di forti ristrettezze economiche, ma è doloroso vedere come si stia svendendo il proprio prestigio e la propria autorevolezza per riuscire a stare a galla. Per creare un prodotto di alta reputazione e credibilità il popolo del Corriere ci ha messo anni. Albertini ci perse la direzione per la dura resistenza al fascismo. A Milano “l’ha scritto il Corriere” ha sempre avuto forza di legge.

 

Ora invece si assiste a una decadenza avvilente.  Ed episodi come quello che ha colpito Monica Sargentini non suonano solo come uno schiaffo a lei, ma a tutta la redazione. E soprattutto ai lettori, a quel popolo del Corriere che l’ha fatto crescere e diventare quello che è.

L’unica cosa che ora la direzione dovrebbe fare è ritirare il provvedimento, chiedere scusa e chiudere la vicenda con un sorriso per il bene di tutti e per prima cosa per il bene del giornale cui siamo affezionati.  E’ un suggerimento spassionato e impregnato di quella lealtà e correttezza simboli del Corriere.

È anche per questo che segnaliamo l’appello lanciato su change.org

Massimo Alberizzi e Enzo Marzo
massimo.alberizzi@gmail.com
enzomarzo@gmail.com
twitter @malberizzi
#sbavaglio

Qui la reazione del CDR del Corriere della Sera

Caro direttore,

ti scriviamo riguardo alla lettera e al  provvedimento disciplinare conseguente che hanno raggiunto la collega Monica Ricci Sargentini e che oggi sono diventati di dominio pubblico. Li riteniamo gravi e inusuali sia per la collega che per la storia del Corriere e dei rapporti tra la Direzione e la redazione.

Ti chiediamo quindi di far ritirare la sanzione ex art.7 L.300/70 che giudichiamo inappropriata per la collega e lesiva per l’immagine stessa del giornale e della sua redazione.

Un saluto

Il Cdr

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