Cara Meloni, W il giornalismo investigativo fatto anche di infiltrazioni nascoste

Non esiste l’informazione rubata e non esistono domande irritanti o fastidiose. Bravissimi quei reporter che svelano segreti e fanno domande imbarazzanti

NEWS ANALYSIS
Massimo A. Alberizzi
Milano, 30 giugno 2024

L’invettiva di Giorgia Meleoni contro FanPage per l’inchiesta su Gioventù Nazionale, organizzazione giovanile di Fratelli d’Italia, rassomiglia molto alla mozione con cui la giunta municipale di Milano ha deciso di querelare il giornalista Gianni Barbacetto che, sui suoi sociali, aveva posto alcune domande sulla politica edilizia del comune di Milano.

C’è una cosa che accomuna certa destra e certa sinistra: l’insofferenza per i giornalisti e la libera informazione, che infatti oggi si trova strangolata da editori che non vogliono e non sanno fare il loro mestiere e una classe politica che preferisce lasciare l’opinione pubblica senza informazioni corrette e in balia della propaganda.

L’invettiva contro FanPage

Giorgia Meloni arriva addirittura a sostenere che non è giornalismo infiltrarsi nelle fila di un partito politico e rivelare quello che accede dietro le quinte e lontano da occhi indiscreti. Forse sarebbe meglio che rileggesse alcune delle regole principali che segnano la distinzione tra un giornalismo cane da compagnia dei potenti e un giornalismo cane da guardia a difesa degli interessi del pubblico.

È un altro errore in cui è caduta l’incauta premier sostenendo: “Questo non è giornalismo”. Fabrizio Gatti uno dei più prestigiosi e capaci reporter investigativi che abbiamo in Italia si è spesso infiltrato in ambienti ostili e pericolosi per raccontare storie inconfessabili. Dobbiamo suggerire a Fabrizio di emigrare in qualche altro Paese per essere trattato da serio e bravo professionista. Qui da noi – stando al pensiero della premier – è considerato un delinquente. Ma poi non lamentiamoci se i cervelli fuggono dall’Italia.

Joseph Pulitzer: “Svelate i segreti”

Joseph Pulitzer, cui è intitolato il premio giornalistico più prestigioso del mondo, usava spronare i suoi reporter così: “Non esiste delitto, inganno, trucco, imbroglio e vizio che non vivano della loro segretezza. Portate alla luce del giorno questi segreti, descriveteli, rendeteli ridicoli agli occhi di tutti e prima o poi la pubblica opinione li getterà via. La sola divulgazione di per sé non è forse sufficiente, ma è l’unico mezzo senza il quale falliscono tutti gli altri”. Ai giornalisti il compito di svelare questi segreti.

Criminalizzare l’indagine di FanPage vuol dire criminalizzare l’intero giornalismo di inchiesta, quello più inviso alla politica e a chi usa la politica per fini diversi da quelli istituzionali. La puzza di regime che denuncia la premier è francamente in aperta contrapposizione con il profumo di libertà che sprigiona il giornalismo di FanPage. Sono due modi diametralmente opposti di intendere il giornalismo: al servizio della politica o al servizio dell’opinione pubblica.

La querela della sinistra

Per altro, anche la giunta di sinistra di Milano mostra una colpevole irritazione verso chi cerca di portare a conoscenza dell’opinione pubblica quei trucchi, inganni, imbrogli di cui parlava Pulitzer. Sono le reazioni scomposte della politica che generano la disaffezione del pubblico verso la cosa pubblica.

Addirittura il consiglio regionale dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia ha dichiarato la sua solidarietà a Gianni Barbacetto ma due consiglieri, guarda caso della stessa corrente sindacarle del portavoce del sindaco, Beppe Sala, si erano addirittura espressi a favore del deferimento del nostro collega al consiglio di disciplina dell’Ordine. Per punire il suo giornalismo d’inchiesta? O per difendere il loro referente politico in barba alla deontologia?

Il fantasma di Umberto Eco

Questa immagine del fantasma di Umberto Eco che interloquisce con Carlo, mostra efficacemente il livello di ignoranza colpevole in cui versa la classe politica italiana: “Il vero male del mondo” disse Carlo al fantasma di Umberto Eco “è uno e uno soltanto: l’ignoranza!”. “In realtà è la semi-ignoranza”, chiosò il professore.

“Che intendi dire?” “Intendo dire che una sana e completa ignoranza non crea danni.

Ad esempio, quando ero in vita e vivevo nella mia casa di Milano, non ne sapevo nulla di impianti elettrici ed ero completamente privo di nozioni sull’argomento. Perciò, consapevole della cosa, mi affidavo completamente al mio elettricista. Questo perché l’ignoranza totale è accompagnata anche dal timoroso rispetto dell’argomento ignorato, e di conseguenza dall’umiltà. Se invece avessi letto al tempo due o tre manuali e, convinto di aver assimilato il sapere, mi fossi messo in testa di farmi l’impianto elettrico da solo, probabilmente avrei dato fuoco alla mia biblioteca di inestimabile valore.”

“Quindi mi stai dicendo che una conoscenza approssimativa è più dannosa rispetto a una totale ignoranza?” “Esattamente, soprattutto se associata a un’altra caratteristica molto comune.”

“Sarebbe?” “La coglionaggine.”

Giornalismo libero

La difesa del giornalismo libero dovrebbe essere un obbiettivo comune della destra e della sinistra perbene. Chiunque abbia a cuore la democrazia, il suo bene e il suo sviluppo, dovrebbe difendere l’informazione, perché l’informazione giusta è una parte essenziale della democrazia. Sono in troppi a definirsi “sinceri democratici” e poi sono pronti ad attaccare giornalisti scomodi e giornalismo, definito da loro, “ficcanaso”.

Non esiste l’informazione rubata o non esistono domande irritanti o fastidiose. Esistono informazioni raccolte di nascosto ed esistono domande che stizziscono o risultano sgradevoli a chi le riceve. Bravissimi quei giornalisti che svelano segreti e fanno domande che imbarazzano l’interlocutore. All’estero riceverebbero il premio Pulitzer. Da noi vengono additati come malviventi. Qualcosa non funziona.

Massimo A. Alberizzi
reportersenzabavaglio@gmail.com
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