I freelance rischiano di perdere tutto se l’INPGI 2 non va subito all’INPS

I giornalisti autonomi non sanno che per avere una pensione decente dovrebbero guadagnare 200 mila euro l’anno

Speciale per Senza Bavaglio
Danilo Lenzo
Milano, 16 luglio 2022

L’INPGI 2, la Gestione Separata dell’Istituto Nazionale di Previdenza dei Giornalisti Italiani, di fatto non garantisce nessuna tutela previdenziale ai giornalisti autonomi. Non serve a nulla. Eppure, tutti gli iscritti all’Ordine dei giornalisti che producano reddito, anche da lavoro autonomo o parasubordinato, sono obbligati per legge ad iscriversi a questa Cassa previdenziale.

Con l’attuale sistema del calcolo contributivo, coloro che non sono inquadrati nel contratto collettivo nazionale, nella migliore delle ipotesi, una volta raggiunta l’età pensionale avranno una “paghetta” mensile di qualche centinaio di euro.

E, come se non bastasse, dopo il passaggio all’INPS della sola INPGI 1 (quella dei giornalisti dipendenti che è andata in default), cresce il timore di vedere nell’arco di pochi anni anche le casse dell’INPGI 2 andare in rosso perché prosciugate dal mantenimento di strutture e apparati elefantiaci e costosi, con un numero di dirigenti (non più giustificato dopo il passaggio all’INPS) che continuano a godere di stipendi che si aggirano tra i 250 mila euro e i 140 mila euro lordi l’anno.

I giornalisti freelance rischiano di arrivare alla vecchiaia poverisimi

È molto probabile che, nella pratica, il mancato e ingiustificato passaggio all’INPS anche dell’INPGI 2, abbia proprio questo obiettivo: spolpare fino all’osso tutto quello che può essere spolpato sulla pelle dei giornalisti autonomi, la componente senza tutele della categoria.

Il punto è che, con l’attuale sistema del calcolo contributivo, raggiunta l’età pensionabile i giornalisti autonomi non avranno indietro neanche l’intero capitale versato, piccolo, medio o grande che sia. Ogni anno ne verrà restituita soltanto una minima parte.

Un giornalista autonomo che, per esempio, ha mediamente un reddito netto mensile di 2 mila euro e che versa regolarmente i relativi contributi all’INPGI 2, riceverà una pensione di circa 100 euro al mese.

Pertanto, semplificando al massimo, per avere almeno 1000 euro di pensione al mese dovrebbe avere invece un reddito netto mensile di circa 20 mila euro, circa 240 mila euro l’anno; lo stesso importo dello stipendio che oggi si portano a casa i dirigenti che sono rimasti a gestire l’INPGI 2.

E per recuperare, paghetta dopo paghetta, tutto il capitale versato nel corso della vita lavorativa, il giornalista autonomo dovrebbe vivere a lungo, tantissimo, insomma diventare un centenario.

È ovvio che a queste condizioni versare obbligatoriamente i contributi a INPGI 2, equivale a buttare via i soldi dalla finestra, a sprecare i sacrifici di una vita lavorativa. Una qualsiasi società assicurativa darebbe più sicurezze al giornalista autonomo che potrebbe concordare tempi e modi di restituzione del capitale versato nel corso degli anni, come per esempio avere subito buona parte del tesoretto accumulato.

La categoria dei giornalisti autonomi è molto eterogena. Ne fanno parte professionisti e pubblicisti, partite Iva, collaboratori o freelance. Il denominatore comune tra queste figure è non avere alcuna forma di tutela (malattia, ferie, tredicesima, Tfr). Nessuno li obbliga a svolgere il mestiere di giornalista. Da qualche decennio, però si parla di tramonto del “posto fisso”, di “flessibilità”, di “capacità di mettersi in proprio”.

La situazione grottesca è che, anche quando i giornalisti autonomi riescono ad avere un reddito annuale dignitoso e magari anche a garantirsi più tutele ricorrendo a diverse polizze assicurative, riceveranno lo stesso da INPGI 2 una pensione “da fame”.

Non c’è speranza. Unica salvezza sarebbe avere un reddito annuale da attività giornalistica autonoma tanto stratosferico quanto impossibile nella realtà e in particolare in questo momento storico segnato dalla pandemia e dalla guerra. Quanti sono oggi i giornalisti dipendenti e autonomi che possono vantare un reddito annuo di oltre 200 mila euro?

Nel 2021, secondo i dati del Bilancio consuntivo 2021 della Gestione separata dell’INPGI, 20.579 giornalisti libero-professionisti hanno percepito un reddito medio di 15.641 euro lordi l’anno. Altri 6.917 giornalisti con contratto di Collaborazione coordinata e continuativa (Cococo) hanno guadagnato in media 9.509 lordi l’anno, cioè meno di 800 euro lordi al mese, pur lavorando come, e a volte più, dei loro colleghi dipendenti.

Sempre nel 2021, la pensione media erogata da INPGI 2 è stata di 2.514 euro lordi l’anno, 179,57 euro lordi al mese (per 14 mensilità). Oggi sono circa 1.400 i pensionati “autonomi” a fronte di 21.591 mila contribuenti attivi nel 2021 e circa 46 mila iscritti.

Il mondo è cambiato. I giornalisti “dipendenti” saranno sempre di meno. I gruppi editoriali, anche quelli economicamente più solidi, hanno deciso da tempo di fare i giornali senza giornalisti o meglio di ridurre all’osso le redazioni e ricorrere quando necessario a collaboratori esterni, magari pescando tra gli stessi giornalisti che hanno licenziato o incentivato a lasciare l’azienda.

La professione giornalistica è in caduta libera. Il tempo farà giustizia permettendo di individuare i responsabili e di consegnarli come “ignobili” alla storia del giornalismo italiano. Riparare ai danni fatti alla categoria sarà un lavoro lungo e difficile ma non impossibile.

L’unica cosa certa è che il giornalismo non morirà mai, le notizie continueranno a circolare, cambiano solo gli strumenti e il contesto, passando dai geroglifici a Internet.

Gli autonomi sono destinati a crescere. Anche se in Italia autonomo è spesso sinonimo di precario. Mentre in altre parti del mondo occidentale l’autonomo è il vero e unico giornalista.

Occorre rivedere quel che resta dell’INPGI, partendo dall’immediato ridimensionamento di strutture e apparati e introducendo dei meccanismi che diano ai giornalisti autonomi più garanzie raggiunta l’età pensionabile.

Ma vista la tendenza allo spolpamento delle risorse oggi in cassa e, come invocato già dal GAP (Giornalisti Autonomi Previdenti, un gruppo organizzato che difende i freelance), sarebbe meglio, più logico, sicuro ed equo il passaggio immediato all’INPS anche di INPGI 2. L’obiettivo è di garantire anche ai giornalisti autonomi una pensione dignitosa.

Per raggiungere questo obiettivo e assicurare una vecchiaia serena agli attuali iscritti alla Gestione separata INPGI 2, dovrebbero per primi darsi una mossa proprio gli autonomi, fare sentire di più la loro voce, fare rete, sensibilizzare Parlamento e Governo. Contattare gli Uffici dell’INPGI per avere (possibilmente in forma scritta) un quadro reale, preciso e dettagliato della propria situazione contributiva.

In molti intuiscono che è davvero molto elevato il rischio di non avere alla fine del percorso lavorativo una pensione dignitosa o di non averla affatto.

Qualcuno interpellato credeva che avrebbe ricevuto tutto il capitale versato non appena raggiunta l’età pensionabile; altri sostengono che è inutile parlarne perché a prescindere nessuno avrà la pensione. E poi ci sono quelli che con amarezza dicono di vedersi già da vecchi fare la fila alla Caritas e presso i centri del Terzo Settore per avere un pasto giornaliero, vestiti e un minimo di assistenza.

Restare oggi con la testa sotto la sabbia non serve a cambiare le cose e soprattutto non permetterà di avere domani una vecchiaia tutelata. Occorre agire e lottare, subito senza se e senza ma.

Danilo Lenzo
danilolenzo@gmail.com
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