L’Eco di Bergamo vuol chiudere redazioni e prepensionare giornalisti

La Curia, proprietaria del giornale, vuole una stagione di lacrime e sangue, ma tagli e sacrifici non risolvono le crisi dei media

Senza Bavaglio
Milano, 5 settembre 2021

Si preannuncia un’altra stagione di lacrime e sangue per L’Eco Di Bergamo, il giornale della Curia, che a partire dall’8 settembre perderà un pezzo storico della redazione, il settore Interni ed esteri.

La chiusura, decisa dall’amministrazione, è stata annunciata ieri al Cdr: il confezionamento delle pagine in questione, attualmente affidato a due colleghi, sarà appaltato all’Ansa e i due giornalisti trasferiti in altri settori.

Solidarietà e Cassa Covid

Ma i tagli non sono finiti qui: l’azienda prevede di chiedere un altro stato di crisi, con prepensionamenti e solidarietà. Nelle intenzioni si dovrebbe partire in ottobre. E’ bene notare che l’ultima solidarietà all’Eco di Bergamo si è chiusa soltanto il 17 luglio scorso. Era stata fissata al 14 per cento ed è stata intervallata da mesi di Cassa Covid.

La redazione è stata chiamata in assemblea straordinaria il 7 settembre dopo che il Cdr avrà incontrato azienda e direzione. In quella sede sarà deciso cosa rispondere di fronte alla nuova stretta, che è grave sotto svariati profili.

Da un lato l’amministrazione esternalizza una parte di lavoro, quindi paga altri per fare il lavoro dei suoi giornalisti, e al contempo è intenzionata a tagliare gli stipendi degli stessi e a procedere con dei prepensionamenti.

Buoni introiti

Inoltre, questa nuova sforbiciata della proprietà al corpo redazionale e alle buste paga dello stesso è particolarmente grave anche perché mostra come gli stati di crisi chiesti e ottenuti in precedenza non sono serviti a rimettere in piedi l’azienda e a risistemare i conti, che pur hanno goduto, per il 2020, di maggiori introiti (vendite e necrologi) dovuti all’eccezionalità della situazione legata al Covid, che si è abbattuta pesantemente su Bergamo.

I proprietari dei giornali devono capire che non si rilanciano i loro prodotti con tagli e sacrifici e depauperando le redazioni. Occorrono invece strategie di rilancio che si ottengono solo con investimenti precisi e mirati.

Per quel che riguarda L’Eco Di Bergamo che senso ha chiudere un settore, affidare all’esterno il lavoro che lì veniva svolto, tirando fuori quindi più soldi, e
contemporaneamente mettere sul piatto tagli agli stipendi e prepensionare colleghi di esperienza da rimpiazzare (se va bene) con praticanti con tanta voglia di imparare ma certamente non con quella competenza necessaria soprattutto nei momenti di crisi e difficoltà?

Il problema è però più profondo. Il sindacato dei giornalisti non si è reso conto (o non vuole rendersi conto) che gli editori non hanno interesse a produrre mezzi di informazione di prestigio e qualità. In questi anni hanno ampiamente dimostrato che, nonostante i tagli degli organici e quelli degli stipendi, non c’è stato alcun rilancio.

Lettori in fuga

I lettori scappano, non hanno più interesse a comprare giornali che non rispondono alle loro aspettative, con un venduto in edicola di poco, oltretutto molto spesso ridotti a cataloghi con giornalisti che vedono umiliato il loro lavoro e sono costretti a un mortificante copia-incolla.

Paolo Perucchini, che è presidente dell’Associazione Lombarda dei Giornalisti e giornalista dell’Eco di Bergamo, dovrebbe conoscere a fondo queste dinamiche. Invece sembra che non le prenda in considerazione, almeno a giudicare dalla mancanza di una doverosa e forte denuncia sindacale di quanto sta avvenendo.

Un vecchio comunicato

L’Eco Di Bergamo, infatti, non è la prima volta che inciampa in questi ostacoli. In un comunicato del Cdr pubblicato sul giornale due anni fa, veniva annunciato che, a partire dal primo gennaio 2019, i giornalisti avrebbero dovuto sobbarcarsi una solidarietà che comportava una riduzione dello stipendio del 21 per cento, poi ridotta al 14.

Riprendiamo qui sotto quel comunicato al quale ci pare, comunque, non sia seguita alcuna strategia di rilancio da parte dell’editore: infatti si è tornati al punto di partenza, limitandosi a ripercorrere la stessa strada dei prepensionamenti e della solidarietà, con in più l’obiettivo, stavolta raggiunto, di esternalizzare parte del lavoro redazionale.

Un documento che ripropone dirompente una domanda da tempo in attesa di risposta: “Cosa fa oggi il sindacato per bloccare questa drammatica deriva?”

Senza Bavaglio
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