Prestigio, autorevolezza, correttezza per salvare giornalisti e giornalismo

Senza Bavaglio
19 maggio 2021

Non possiamo non essere d’accordo con la perentoria e sacrosanta affermazione di Stampa Romana (il cui comunicato si può leggere qui): “È il lavoro il cuore dell’azione del sindacato dei giornalisti”. E’ per questo che Senza Bavaglio aderisce alla manifestazione di domani in piazza Montecitorio. La libertà di informazione va difesa perché difendendola si protegge la democrazia.

Il giornalismo e i giornalisti sono pesantemente sotto attacco: lo si vede dalle marchette, cioè la pubblicità nascosta, che vengono propinate ogni giorno sui quotidiani e sui periodici. I media hanno abdicato alla loro funzione di organi d’informazione di massa per assumere quella di strumenti di lotta politica. Perdendo prestigio, indipendenza e quindi di conseguenza lettori. Piangere sul disastro di un pubblico che si allontana sempre più non risolve il problema. Occorre invece riflettere sulla perdita di credibilità e di professionalità da parte degli editori, che solo mirano al profitto immediato senza badare alla qualità.

E’ come se una fabbrica di merendine immettesse sul mercato prodotti avariati. Il consumatore se ne accorgerebbe e subito smetterebbe di acquistarle. Nel mondo dell’informazione sta diffondendosi questo meccanismo, perché non esiste il controllo qualità, quello di cui invece sono dotate le aziende alimentari e non solo.

La Rai è un esempio di quanto di peggio sta accadendo nel mondo editoriale. Nonostante la gran massa di giornalisti sia a un livello professionale più che eccellente, il prodotto è francamente sotto la sufficienza. Tutti se ne rendono conto e tutti protestano. Solo a parole, però. Nessuna azione concreta. Continuare a definire la Rai “Servizio pubblico” è francamente fuorviante. Finché resta così la Rai non è al servizio del pubblico, ma al servizio della politica.

In questo quadro piuttosto drammatico, le condizioni tragiche in cui versano i giornalisti liberi professionisti meritano un’attenzione particolare: pagati una miseria è comprensibile che non possano fornire prestazioni professionali d’alto livello. A loro viene negato qualunque welfare: non hanno assistenza sanitaria, in prospettiva pensioni da fame e nessun ammortizzatore sociale. Niente tutele legali in caso di querele temerarie. Occorre al più presto varare una legge seria sull’quo compenso prevedendo tutte le tutele che rendono un lavoro dignitoso.

Infine, ma non sarà tutto, l’Ente di previdenza dei giornalisti è in uno stato comatoso. Continuare in questo modo, in questa direzione, con questa dirigenza responsabile del disastro, non ha senso: è come dirigersi a 200 all’ora contro un muro. Per risollevarne le sorti occorre un coraggioso gesto di discontinuità con il passato fallimentare. La garanzia pubblica che abbiamo chiesto può essere il modo indolore per salvare l’Istituto e le pensioni dei giornalisti. E’ bene non dimenticare, tra l’altro, che gli editori hanno privato i giornalisti della ex fissa un istituto contrattuale il cui denaro è svanito nel nulla. Un impegno che si rifiutano di assolvere.

Senza Bavaglio

Questo il comunicato di Stampa Romana

È il lavoro il cuore dell’azione del sindacato dei giornalisti Questo lavoro, indispensabile per informare i cittadini e per definire l’orizzonte democratico del nostro paese, da anni è sotto attacco.

Oggi è precario, sottopagato, irregolare, espulso ai margini delle redazioni in violazione dei contratti, contestato e discusso nelle redazioni (la cassa a zero ore a Qn per articoli 2 e 12 sono solo un esempio).

Abbiamo perso così migliaia di posti di lavoro che pesano sui conti dell’istituto di previdenza tra stati di crisi e prepensionamenti.

Esistono colleghe esodate, gli anelli più deboli della catena, che non hanno né reddito ne’ pensione.

Gli editori italiani di fronte al cambiamento digitale hanno percorso solo la via della riduzione dei costi, scaricando sui lavoratori la conseguenza di mancate scelte industriali. È stata creata una bolla di lavoro autonomo senza applicare l’equo compenso, creando così le condizioni per una frattura di reddito e generazionale all’interno della categoria.

Nonostante i ripetuti e fortissimi segnali in arrivo dal mercato del
lavoro il sindacato unitario non è stato in grado di proporre credibili riforme di sistema e una seria e costante mobilitazione nelle redazioni, invitando i colleghi ad agire e lottare.

Oggi siamo di fronte al baratro se non ci sarà uno scatto di reni che tenga conto dei bisogni concreti di giornaliste e giornalisti.

Alla corretta richiesta di interventi del legislatore si arriva solo se quei bisogni sono espressi nella diversità e pluralità delle opinioni senza steccati, senza settarismi e senza soluzioni precostituite ma affrontando con coraggio e determinazione il merito dei problemi.

Con questo spirito Stampa Romana e la commissione del lavoro autonomo dell’Associazione aderiscono alla manifestazione Fnsi di giovedì 20 a piazza Montecitorio.

Segreteria Associazione Stampa Romana

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