Speciale Per Senza Bavaglio
Eugenio Gallavotti
Milano 20 febbraio 2021
Il direttivo dell’Associazione Lombarda dei Giornalisti, convocato via Zoom, ha approvato il bilancio 2020 con i voti contrari di Senza Bavaglio, di Senza Bavaglio-Indipendenti e di Unità sindacale (Carlo Gariboldi).
Perché abbiamo detto no? In linea generale, gli insuccessi sono evidenti. Considerazione che, a ben guardare, potrebbe valere anche per la Fnsi: il prossimo 31 marzo “festeggeremo” il primo lustro senza accordo con la Fieg. E senza vacanza contrattuale.
Dopo circa quindici anni di gestione a senso unico, forse è necessaria un’alternanza di idee e di energie: una pausa di riflessione che certamente gioverebbe agli attuali dirigenti per riordinare esperienze e ispirazioni. Quindici anni sono tanti anche per chi ritiene che “il potere logori chi non ce l’ha”.
In Lombardia si contano circa 24 mila giornalisti. Ormai soltanto un sesto è rappresentato dall’Associazione, una pattuglia che si assottiglia anno dopo anno. Di questa esigua minoranza, meno della metà partecipa con il voto ogni quattro anni (che poi sarebbero tre secondo lo Statuto) e solo qualche decina interviene alle assemblee dei soci.
Persino il progetto solidale Covid-19, che prevedeva donazioni di 250 euro a fondo perduto, ha registrato appena 31 beneficiari rispetto agli 80 previsti, segno ulteriore che l’Associazione – così com’è – è assai poco attrattiva. Urgente invertire la tendenza, se si vuole scongiurare una condizione di nicchia. Un confronto impietoso con altre gestioni, anche senza risalire a Tobagi e Santerini.
Già, il mestiere è totalmente cambiato da quegli anni, ma la Lombarda fatica a prenderne atto. La proposta di un Organismo di base autonomo dei freelance e dei precari, sostenuta da Senza Bavaglio, è stata più volte respinta. Eppure potrebbe essere uno strumento efficace anche per allargare la platea degli iscritti.
Peraltro una mozione approvata all’ultima assemblea dei soci impegnava l’Associazione a studiare e ad avviare in tempi molto brevi una campagna di iscrizioni rivolta in particolare ai colleghi più giovani e più in difficoltà. Tra le altre iniziative possibili, un’Associazione più aperta a incontri e dibattiti con i famosi 24 mila giornalisti là fuori. Un’iniziativa che il proliferare delle videoconferenze avrebbe paradossalmente reso più semplice. Non se n’è fatto nulla. Così, alla fine, la volontà dell’assemblea è stata disattesa.
Un tema centrale per rilanciare la professione è la battaglia contro le grandi piattaforme online che da anni ripubblicano migliaia di articoli a costo zero, con il risultato di danneggiare profondamente l’immagine del giornalista (“se posso fruire gratis del tuo lavoro, vuol dire che tu non vali niente”), di ridurre le concessionarie di pubblicità al lumicino, di alimentare il fenomeno dei disoccupati e/o dei sottoccupati, dei sottopagati, dei licenziati, dei cassintegrati, delle “solidarietà” e così via. Con ricadute inesorabili anche sulla qualità dell’informazione. Ma questo sindacato fa poco o nulla su questo fronte, “delegando” pericolosamente agli editori il piano – già allo studio – in vista dell’applicazione anche in Italia della direttiva europea sul copyright.
L’Associazione stenta a seguire con buoni risultati le decine di vertenze che si accavallano tumultuose, sempre di più a causa della crisi e della veemente espansione dei colossi digitali, anche perché affida a soli 6 consiglieri (su 30) il compito di occuparsene.
L’Associazione non è stata nemmeno in grado di aggiornare il suo Statuto, che si avvia a compiere il ventiduesimo anno di età. L’ultima riforma è stata gestita con inspiegabile improvvisazione, non discussa durante l’assemblea dei soci come si sarebbe dovuto, affidata alla ratifica degli iscritti attraverso un voto elettronico non previsto dalle norme. A questo si aggiunge il flop di una commissione recentemente convocata ad hoc che, più che entrare nel merito di una revisione, si proponeva – come scritto nella relazione di bilancio – “il superamento della causa civile ancora pendente”, ovvero il processo nato proprio in ragione delle inadempienze ravvisate durante l’iter di modifica. Insomma, si sono mescolati due tavoli, sindacale e giudiziario, favorendo il caos che inevitabilmente ha portato al naufragio della commissione.
Ma altre sono state le osservazioni rivolte alla maggioranza durante il direttivo della Lombarda: la gestione fallimentare dell’immobiliare Venezia 48 srl, i vaccini antinfluenzali non pervenuti in Poliambulatorio, la comunicazione – sul sito ufficiale dell’Alg – del finanziamento di Casagit alla Fnsi omettendo però che l’assemblea si era espressa diversamente…
Per fortuna, verso le 13.50, c’è stato lo Zoombombing: una consigliera ha declamato ai presenti la ricetta del sugo alle cime di rapa.
Eugenio Gallavotti
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