Dal sindacato antagonista al sindacato protagonista (dal 2004 al 2005)

Senza Bavaglio
Milano, 31 dicembre 2004

Si è chiuso un anno che noi giudichiamo difficile per il giornalismo, in particolare quello italiano, anche se positivo per Senza Bavaglio. Difficile per quel che riguarda le televisioni sempre più ridotte alla cassa di risonanza del potere. La Rai non ha più nerbo, notizie e inchieste sono ridotte al minimo o confinate a notte fonda. Il Miculpop avanza e nessuno riesce a fermarlo. Il sindacato della Rai appare ridotto all’angolo. Non c’è più distinzione tra proprietà (lo Stato che è poi il governo) e direttori. Di Mediaset non parliamo. Entrambi i poli televisivi hanno in comune lo stesso obiettivo: sommergere il Paese di televisione spazzatura e di notiziari chiaramente orientati.

Il recente acquisto di Rete A da parte del gruppo L’espresso-la Repubblica accende speranze che sarà ben difficile esaudire. L’esperienza de La7, che pure ha puntato sulla qualità, dimostra infatti che tra il dire e il fare c’è di mezzo molto mare.

Infine, ultima ciliegina sulla torta, la nomina di Antonio Pilati all’Antitrust. Così l’ex commissario dell’Authority sulle comunicazioni, principale artefice della riforma Gasparri, legge che ha concepito, ispirato e impostato, ora vigilerà sulle concentrazioni editoriali. Radio Rai è stata pesantemente ridimensionata per il cambio di frequenze, innanzitutto, e per gli spazi di autonomia che vanno riducendosi di giorno in giorno.

Stefano Mensurati, conduttore di Radio Anch’io, programma radiofonico di punta, si vanta di essere lottizzato. “Qui tutti i politici si trovano a loro agio”, dice della sua trasmissione indicando il servilismo come metodo.

La stampa sembra un po’ più libera anche se non ci possiamo nascondere che il cambio ai vertici del Corriere della Sera ha una connotazione chiaramente politica. La Repubblica resta orientata a sinistra ma è una magra consolazione per chi, come noi, difende la libertà di stampa, di tutta la stampa, di qualsiasi tendenza. Quello che sta venendo a mancare in Italia è la vera stampa libera e indipendente, quella in grado di criticare il governo, ma anche l’opposizione, quella vicina ai cittadini con inchieste e reportage, quella che parla delle condizioni del lavoro e dei servizi sociali, quella che denuncia sperperi ed è pronta a inchiodare i potenti, chiunque essi siano.

Anche la situazione degli Uffici Stampa, negli Enti Pubblici, risulta preoccupante per le troppe violazioni della Legge 150/2000 e le forti resistenze alla sua applicazione: perché i potenti non gradiscono dei giornalisti liberi, al servizio esclusivo delle istituzioni, ma professionisti asserviti ai propri interessi elettorali e di cordata. La pubblicità sta assumendo un ruolo predominante, con interferenze inaccettabili sui contenuti dei giornali.. La Gasparri ha aggravato la situazione e la sua applicazione rischia di strangolare la carta stampata a tutto vantaggio delle televisioni.

Preoccupa poi la perdita di posti di lavoro, soprattutto nei piccoli giornali e nelle testate locali. Ora diventa sempre più preoccupante e minacciosa anche la situazione nei grandi gruppi editoriali. Le recenti chiusure di testate nel gruppo Hachette-Rusconi e la prevista vendita di altre della RCS si collocano in un panorama sempre più inquietante.

Allarma poi anche il numero di disoccupati in crescita e la manifesta incapacità del sindacato di affrontare il problema in modo costruttivo. Senza Bavaglio richiama l’attenzione della FNSI e di tutti i colleghi su due
questioni che porranno forti preoccupazioni per il futuro:

1 -La disoccupazione sarà probabilmente una fase di passaggio per moltissimi colleghi, in numero crescente;

2 – Il ricorso alla disoccupazione, specie a quella temporanea, è usato dagli editori con spregiudicatezza perché tanto c’è il sussidio INPGI. Così il nostro Istituto di previdenza viene ancor più colpito.

Sempre più critica la situazione dei freelance che rischiano di essere, nelle mani degli editori, uno strumento per contenere al massimo i costi e ridurre l’organico delle redazioni. Sempre più vessati sono spesso costretti a firmare lettere vergognose, in cui perdono ogni diritto e subiscono tutti gli oneri e ad accettare compensi spesso umilianti. Soggetti agli umori dei capiredattori e quasi sempre dimenticati dal sindacato quando si chiudono le testate per cui collaborano. Unica speranza per loro è che il sindacato decida di difenderli seriamente con quell’Organismo di Base dei Freelance richiesto a gran voce, da tempo, da Senza Bavaglio e la cui costituzione sembra ora in dirittura d’arrivo.

Senza Bavaglio segnala inoltre l’anomalia di quanti, pubblicisti di elenco ma professionisti di fatto, non sono ammessi a sostenere l’esame professionale. Una situazione singolare che va affrontata e risolta. Nuove iniziative spuntano per motivi politici e muoiono per gli stessi motivi. Leccesera ha chiuso e nessuno è riuscito a far nulla. A Telebari sono state tolte le frequenze senza che si potesse fare qualcosa. Solo per citare due casi.

E veniamo al sindacato. Senza Bavaglio ha avuto un buona affermazione alle elezioni di autunno. Nel direttivo della Lombarda possiamo contare su tre seggi (Simona Fossati e Olga Piscitelli, che sono anche in commissione contratto, e Nicoletta Morabito), due probiviri (Marilisa Verti e Vitantonio Cileo) e un sindaco (Sandro Neri). Nel direttivo della romana su un seggio (Anna Costantini). Abbiamo poi due Consiglieri Nazionali della FNSI (Massimo Alberizzi di Milano e Zenone Sovilla di Trento) e un proboviro (Lucia Parisi di Milano). Ad essi si aggiunge Pino Nicotri eletto nel Consiglio Generale dell’INPGI. Ci teniamo a ricordare una cosa: nessuno degli eletti di Senza Bavaglio occupa più di un posto (la commissione contratto è un gruppo di lavoro).

Il nostro vuole essere un impegno nazionale perché crediamo che gli enti di categoria (FNSI, Ordine, INPGI e Casagit) debbano cambiare i metodi di gestione. Per quel che riguarda la FNSI, in particolare, riteniamo sia opportuno cambiare registro e politica. Non ci riferiamo solo alla gestione interna, che deve essere più trasparente e leale con gli iscritti, ma anche alla filosofia che ispira la Federazione. In questi anni Senza Bavaglio ha cercato di supplire ad alcune lacune (mancanza di dibattito interno, di idee, di programmi di arruolamento).

Siamo l’unico gruppo sindacale ad aver presentato proposte, anche con mozioni ad hoc al Congresso: dal tariffario dei freelance, alla regolamentazione degli stage per favorire i disoccupati, all’Organismo di base per i freelance.

Noi lottiamo perché il sindacato cambi modi e metodi: occorre modificare il tradizionale atteggiamento che abbiamo finora tenuto davanti alla società dell’informazione in continua trasformazione: non dobbiamo più essere solo passivi (reagendo cioè alle periodiche storture del mondo del lavoro) ma dobbiamo trasformarci in soggetto propositivo, capace di iniziativa sindacale.

Per fare un esempio concreto, non si può solo inveire contro la Rai lottizzata e centro della disinformazione del Paese. Non ci si può fermare a definirla con grande enfasi “Servizio pubblico” se poi tutti sappiamo che “Servizio Pubblico” non solo non è ora, ma non lo è mai stato. Occorre studiare una riforma vera, che renda la televisione pubblica effettivamente libera e indipendente, facendoci carico di proporre nelle sedi appropriate la realizzazione di una riforma di questo tipo. Tutte le forze politiche a parole si sono sempre impegnate a realizzarla, nei fatti hanno sempre tradito le loro promesse.

Un altro esempio calzante riguarda la privatizzazione alla quale non ci si deve opporre ideologicamente. Occorre reagire e alla proposta di Gasparri contrapporre una nostra indicazione seria e percorribile. Crocifiggere Gasparri non basta più. Lo status quo è pessimo (e non solo da adesso) e a suo tempo il governo di centro sinistra ne approfittò esattamente come ne sta approfittando questo governo.

Occorre poi studiare nuove norme per la proprietà della carta stampata onde evitare che sia inghiottita dal conflitto di interessi che, attenzione, non riguarda solo Berlusconi, ma altri soggetti dell’economia e della politica.

Senza Bavaglio intende aprire nuovi orizzonti e lancia una sfida al sindacato. Come la rivoluzione francese sancì la distinzione tra potere esecutivo, legislativo e giudiziario (una separazione che allora era sembrata inammissibile, talmente era radicato il concetto che il re dovesse incarnare i tre poteri), così noi oggi dobbiamo lottare perché i tre poteri, politico, economico e dei media, siano radicalmente disgiunti. E a chi ci obbietta: “Non è nostro compito, non è un compito del sindacato”, risponderemo che tra i doveri di ogni organizzazione sindacale c’è quello di difendere i posti di lavoro, ma anche di sviluppare a tutti i costi la democrazia.

“Oggi per instaurare un regime, non c’è più bisogno di una marcia su Roma né di un incendio del Reichstag, né di un golpe sul palazzo d’Inverno. Bastano i cosiddetti mezzi di comunicazione di massa: e fra essi, sovrana e irresistibile, la televisione” (Indro Montanelli)

Buon 2005 a tutti!

Senza Bavaglio

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