Mondadori vuol completare l’autoriduzione degli stipendi. Il sindacato dica “NO!”

Speciale per Senza Bavaglio
Valerio Boni
Segrate (Milano), 24 gennaio 2019

La notizia che Mondadori abbia dimostrato l’intenzione di passare a un drastico taglio degli stipendi dei (pochi) giornalisti rimasti in carico, proseguendo quella strategia messa in atto negli ultimi mesi, è arrivata come un fulmine a ciel sereno. Ma non si tratta di una notizia corretta.

Tutto bene quindi? Assolutamente no, e se il cielo sopra Segrate non è assolutamente sereno da almeno cinque anni, bisogna precisare che nessuno ha parlato di ridurre del 30 per cento le retribuzioni. La proprietà si è semplicemente limitata a sondare, convocando il CdR, quale potesse essere la disponibilità dei giornalisti a ”un’azione orizzontale” dell’azienda. Una nuova proposta indecente che per il momento si è fermata qui, senza un’ulteriore precisazione dei termini, che l’immaginazione ha immediatamente ricollegato alle precedenti e recenti incursioni orizzontali effettuate sulle redazioni di TuStyle, Confidenze e Panorama.

La sede della Mondadori a Segrate

Sulla carta i tagli hanno avuto obiettivi differenti, salvaguardare la sopravvivenza in Mondadori nei primi due casi, e preparare una dote meno dispendiosa dei lavoratori destinati a migrare verso la redazione di Belpietro con quella che un tempo era considerata la corazzata dell’editoria italiana. In realtà il target è esattamente lo stesso, perché è ormai noto che non c’è l’interesse a mantenere nessuna delle redazioni; tutte sono in vendita, quelle in perdita, come quelle che ancora funzionano e portano utili.

Quindi con un’ulteriore riduzione di quelle che sono le spese per il personale si preparerebbe un terreno ideale per ogni tipo di soluzione. Risulterebbe ridotto l’esborso per le testate da donare con due anni di stipendi garantiti da una parte, e la possibilità di far crescere le quotazioni di quelle che possono essere realmente vendute.

Ora che la possibilità di lucrare con gli esuberi si è praticamente esaurita, quella della dei tagli “volontari” degli stipendi è stata identificata come la soluzione più immediata per assicurare il mantenimento di quegli utili che proprio i vari stati di crisi hanno garantito. Si tratterebbe semplicemente di continuare a pagare all’incirca quanto pagato in precedenza, senza che ai giornalisti sia riconosciuta l’integrazione da parte dell’INPGI. Quel che conta è chiudere un nuovo esercizio con un nuovo “segno più” da mostrare come trofeo agli azionisti, pur in presenza di un’area di business sempre meno estesa.

I dipendenti rimangono la voce più immediatamente raggiungibile per questo disegno, almeno perché i precedenti dimostrano che non è stato molto difficile convincerli, anche se nel caso di Panorama l’operazione è riuscita solo a metà. Altri interventi per contenere le spese ci sarebbero, però sono applicati con estrema parsimonia, perché evidentemente non tutto è esposto in modo del tutto trasparente.

Una delle uscite che più pesano sui bilanci di chi pubblica riviste è quella relativa alla stampa, e la nuova gestione di Panorama dimostra che risparmiare è possibile aprendo una gara tra i possibili fornitori. In Mondadori, invece, le spese di tipografia restano alte (all’incirca 60 milioni di euro ogni anno) e la volontà di ridurne l’incidenza è stata dimostrata solo con le redazioni più in crisi, quelle che erano pronte per essere vendute nel 2018. E il maquillage per renderle più attraenti a un possibile “acquirente” potrebbe rivelarsi utile già in questo esercizio.

I prossimi giorni saranno cruciali, perché la Mondadori ha dimostrato che quando pianifica un’operazione di taglio dei costi arriva rapidamente al risultato. Agli incontri più approfonditi tra proprietà e CdR seguirà martedì un’assemblea per definire le strategie dei giornalisti di fronte a questa nuova dimostrazione di forza e di assoluta mancanza di rispetto della dignità dei lavoratori che fa ormai parte del DNA dei manager di Segrate.

La situazione è delicata, ed è certo che non può assolutamente bastare il raggiungimento di un accordo verbale o scritto con l’azienda. E d’altra parte il pacchetto di scioperi che probabilmente uscirà dall’assemblea si trasformerà in un ulteriore risparmio per l’editore, soprattutto se fosse decisa la soluzione più dura, quella mirata al salto del numero per i settimanali.

Il CdR dovrà ora cercare di convincere i giornalisti di essere dalla loro parte, dopo che le esperienze degli ultimi 10 anni hanno lasciato molti dubbi. Tutti gli stati di crisi avrebbero dovuto essere accompagnati da piani industriali che non sono stati verificati e tantomeno applicati, mentre è del tutto mancata la vigilanza del sindacato sull’utilizzo dei collaboratori stanziali.

La lotta all’abusivismo doveva essere alla base della gestione delle crisi, anche perché tutti sapevano che gli esuberi non sono mai stati strutturali, invece c’è stata solo una timida denuncia dell’uso improprio di personale esterno nelle redazioni nel mese di febbraio 2018, in occasione dell’annuncio dell’imminente vendita di Confidenze e TuStyle. Invece alla denuncia non ha fatto seguito alcuna azione precisa, e tantomeno decisa. I collaboratori c’erano e ci sono ancora, integrati negli organici scrivono e impaginano, alcuni sono anche in posizioni di vertice, ma tutto appartiene ormai alla normalità.

Rispetto al passato, l’uscita in blocco di Panorama ha in parte assottigliato la lista degli abusivi, perché molti e molto ben pagati erano parcheggiati proprio qui, nella redazione più rappresentativa di Segrate. C’erano nomi illustri, pensionati che continuavano a occupare indisturbati mansione e postazione, oltre a semplici amici lasciati in eredità con una sorta di vitalizio dai direttori che si sono avvicendati al primo piano di palazzo Niemeyer.

Ciò non significa che la situazione sia del tutto risolta, ci sono ancora abusivi a tutti i livelli praticamente in tutte le redazioni, compreso qualche pensionato eccellente (caporedattore o vicedirettore) prontamente trasferito ad altre testate prima che si arrivasse al game over di quel giochino chiamato Panorama. Il CdR ha bene presente la mappa dell’abusivismo del quale ha a fasi alterne nascosto e tollerato la presenza, ma forse è arrivato di “cambiare passo”, ma con i fatti, non urlando in silenzio, esattamente come ha fatto la Mondadori dal 2013 a oggi. Ma bisogna agire, presto e con decisione. In fondo non dovrebbe essere questo il ruolo di un sindacato?

Valerio Boni

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