Ordine: la dittatura di Verna blocca la democrazia e impone una finta riforma. Abolizione alle porte

Senza Bavaglio
Roma, 16 ottobre 2018

Varate le linee guida per la riforma dell’Ordine. Modificati solo due punti: si cambia il nome e si introduce la laurea per i pubbicisti. In realtà è una finta riforma che non basterà a placare la volontà di abolirlo.

Ieri, 15 ottobre 2018, si è aperto il Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti per discutere le linee guida della riforma dell’Ordine da sottoporre al governo, ovvero al delegato all’editoria Vito Crimi. E’ prevista una riunine del consiglio anche oggi 16 e domani 17 ottobre.

A grande sorpresa, invece di essere presentato a consiglieri e presidenti e vicepresidenti regionali la bozza che era uscita nei giorni scorsi (documento A), il presidente Verna ha consegnato a tutti un nuovo documento (che chiamiamo B).

Le differenze non sono da poco: prima di tutto B inizia con una farraginosa premessa in cui si parla di notizie prodotte da Bot, di “pensiamo a un Ordine che non sia una casta privilegiata né una banca di diritti degli iscritti” oppure “è giornalista chi svela e dichiara se un contenuto è prodotto da essere umano o realizzato da una macchina”.

Ma quello che ci ha maggioramente stupito è che in B rimangono due elenchi (professionisti e pubblicisti) mentre A proponeva un elenco unico con pubblicisti che transitano in elenco professionisti, previo esame di stato (o in sede universitaria a cura degli atenei come pensa qualcuno) e comunque permarrebbe l’elenco “vecchio” dei pubblicisti a morire, nel senso che non si iscriveranno dei nuovi ma rimarranno i vecchi che non vogliono diventare professionisti. Insomma mentre in A c’era qualche parvenza di riforma, in B la riforma viene rimandata a tempi successivi: in “Disciplina transitoria per l’accesso al professionismo”  leggiamo “fino a quando i nuovi percorsi dell’accesso all’Albo professionale non saranno concretamente praticabili si potrà altresì chiedere l’iscrizione all’elenco pubblicisti”. Quindi, in pratica, pensano che bisogna attendere nuove leggi per decidere che fare. E allora che riforma è?

Infatti il documento è stato accolto da:

1 mormorii e commenti contro dei presidenti e vicepresidenti regionali che si sono espressi per un elenco unico pubblicisti/professionisti;

2 commenti contro anche di appartenenti alla commissione riforma tra cui Serdoz appartenenti alla maggioranza

3 per lo più commenti contro su vari punti da parte di diversi consiglieri al di là dell’appartenenza politica o meno.

In particolare Tamara Ferrari (Senza Bavaglio) ha cercato di spiegare che bisogna includere nuove figure professionali: ad esempio il blogger 16enne che gestisce un sito di cronaca nera che magari ha 1 milione di follower ed è più seguito del cronista del giornale locale, una vlta maggiorenne e diplomato potrebbe avere accesso al riconoscimento d’ufficio della professione. Per inglobare queste figure come quella del data manager o figure legate al web che nasceranno in futuro Tamara ha auspicato la fine dell’esclusiva (perché molti fanno altri lavori non riuscendo a vivere di solo giornalismo) e il fatto che bisognerebbeo inglobare anche gli uffici stampa. Il tutto resta legato a un esame di Stato come abbiamo detto.

Alessandra Fava, altra eletta con la coalizione con Senza Bavaglio, ha chiesto esplicitamente al presidente Verna e al tesoriere Marini (sembrano loro ispiratori del documento B) esattamente da chi è dettato e se è scritto su pressioni dei pubblicisti che vogliono restare nel consiglio nazionale e in altri organismi. Alle domande Verna non ha risposto niente. Marini ha detto che “il documento B va incontro alle nuove professioni”. Verna poi ha ripreso la parola e ha continuato a parlare dell’esigenza di condividere il documento, di arrivare a una posizione condivisa etc etc. Dopo di che vedendo che comunque dagli interventi che si susseguivano c’erano più voci contro che a favore, ha proposto di limitare gli interventi ed andare al voto per appello naminale. Dopo di che ieri il consiglio è finito.

Ce ne siamo andate col sospetto che il documento B piovuto dal nulla sulla testa di presidenti, commissione e consiglieri, sia di ispirazione della dirigenza Fnsi, magari interessata alla morte dell’Ordine con l’ilusione di cuccarsi i fondi che invece, per legge, dovrebbero andare al Ministero del tesoro (almeno l’ex presidente regionale lombardo Franco Abruzzo si ricorda che sarebbe andata così ai tempi del referendum dei radicali).

Tra l’altro curiosamente gran parte dei pubblicisti presenti si è detta ben contenti di transitare nell’elenco dei professionisti anche dando esame di stato, pur di prevedere la fine dell’esclusiva del lavoro di giornalista (che resta uno degli scogli sia legale che di scelta democratica).

Oggi 16 ottobre i lavori sono iniziati alle 11,30 passate. A fronte dell’ipotesi di votare pezzo per pezzo e per appello nominale (evidente intenzione di controllare meglio il voto), sono state raccolte dieci firme di altrettanti consiglieri per chiedere “la votazione segreta sia che si voti per parti, sia che si voti globalmente”. Quando dopo le 13, Verna ha parlato di votare la definizione di Ordine dei giornalisti e Ordine del giornalismo (questo secondo è una sua proposta), Tamara Ferrari ha portato al tavolo dell’esecutivo la richiesta scritta di voto segreto. Come forse non tutti sanno, per nuovo regolamento non basta chiedere a voce il voto segreto, ma occorre presentare una richiesta scritta e firmata dal 10 per cento dei consiglieri. Verna si è inalberato immediatamente, come un maestro davanti ad allievi discoli, e ha detto che “spacchiamo il massimo punto di condivisione” e ha detto “allora io interrompo la discussione sulla riforma e metto ai voti”. Dopo di che ci ha mandati a pranzo.

Nella pausa pranzo alla quale è seguita la seconda riunione di maggioranza in meno di 24 ore, Verna è riuscito pure a convincere una parte dei firmatari della richiesta di voto segreto a firmare una seconda proposta in cui veniva chiesto di utilizzare il voto segreto solo per il documento finale o per il voto punto per punto solo su richiesta a voce. Cosa che non è prevista dal regolamento.

Ore 16,30: Il presidente Verna molto più rasserenato e sorridente, annuncia che sarà consegnata una terza bozza di riforma (documento C) e che per presentare gli emantadementi c’è solo una mezz’ora. Comprimere il dibattito e fare appositamente tutto in fretta, è prassi normale di chi gestisce in modo autoritario le regole.

Leggono il documento C che praticamente, a parte la premessa, è uguale al documento B e prevede la permanenza dell’elenco pubblicisti in forma temporanea e demanda di fatto al legislatore la scelta di passare all’elenco unico o meno, sottolineando che nel caso “entro due anni dall’entrata in vigore della legge di valutare l’opportunità di proseguire o meno con le iscrizioni all’elenco pubblicisti”.

Paradossalmente però nella voce “Superamento del carattere dell’esclusività  professionale” hanno scritto “qualora il Cnog dovesse optare per l’elenco unico sarebbe necessario, fin da ora, prevedere il superamento dell’esclusività professionale” e che si procederà agli “opportuni adeguamenti al Testo unico dei doveri del giornalista”. In pratica un pastrocchio totale.

Morale: la terza bozza ricopia quasi interamente la seconda (B), con un’aggiunta che negli uffici stampa pubblici e privati devono operare solo giornaisti regolamente iscritti all’Albo”. Quindi hanno sospeso per un’ora concedendo di fare emendamenti (grazie, prego).

C’è stata quindi una riunione della minoranza per apportare emendamenti al documento. Abbiamo discusso di togliere alcune parole, di stringere, ma di fatto resta che demandiamo al legislatore il passaggio o meno all’Albo unico.

Per concludere il documento non è una vera riforma. Non parla di:

– apertura reale a nuove professioni e come accedono, tranne “stare a vedere quanti blogger si iscrivono all’albo pubblicisti nei prossimi mesi” come ci ha spiegato un membro dell’esecutivo;

– non si parla del voto elettronico che era la proposta di alcuni.

– non si parla del controllo deontologico che molti vorrebbero più rapido, tempestivo e con sanzioni definite, sia rispetto a deviazioni fatte in rete che rispetto alla non ottemperanza degli obblighi di formazione.

Alle 18,34 Verna – ignorando la richiesta di voto segreto – mette in votazione la scelta tra Ordine del giornalismo e Ordine dei giornalisti con voto palese. 16 votano per Ordine giornalisti. La maggioranza di Verna (30) vota a favore della definizione “Ordine del giornalismo” e 7 si astengono.

Quindi respingono a botta di maggioranza e a voto palese (sempre igborando la richiesta di voto segreto) gran parte degli emendamenti che presentati dalla minoranza dopo aver lavorato per un’ora in una quindicina di persone. Viva la democrazia!

Senza Bavaglio valuterà nelle prossime ore se inoltrare un esposto al ministro di Grazia e Giustizia perchè valuti il comportamento dei dirigenti dell’Ordine, bravi ad accusare tutti di comportamenti antidemocratici ma poi professionisti nell’utilizzare mezzi e sistemi autoritari. Non ci dovremo meravigliare che questa finta riforma accelererà l’abolizione dell’Ordine. Grazie Verna!

Senza Bavaglio
@sbavaglio

Condividi questo articolo