CONVEGNO INPGI AL CIRCOLO DELLA STAMPA

Senza Bavaglio
Milano, 2 novembre 2014

Il futuro delle pensioni in Europa, legato al nuovo modo di svolgere la professione nell’ UE, nonché il punto sulla fase di rinnovo del contratto nazionale di lavoro giornalistico, sono stati i temi dibattuti al centro del convegno promosso dall’Inpgi su:  “Non c’è previdenza senza lavoro. Per un nuovo welfare dei giornalisti italiani: protezione sociale, microcredito e formazione”,  tenuto al Circolo della Stampa di Milano, cui sono intervenuti il presidente Andrea Camporese e il segretario della Fnsi Franco Siddi.

Potezione sociale, microcredito e formazione sono – secondo Camporese –  i nuovi punti di arrivo per una professione moderna, improntata verso uno sviluppo dinamico e una maggiore mobilità nel campo del lavoro, poichè in Europa solamente il 9 per cento dei lavoratori svolge attività nei Paesi europei fuori da quelli di origine.

Reduce da Bruxelles dove ha rappresentato le 19 Casse di assistenza e previdenza private italiane, Camporese ha tracciato le linee-guida tra luci e ombre per i prossimi anni.

Al di fuori della Germania – ha detto –  lepensioni rappresentano un problema per tutti. Soprattutto per l’Italia che ha una passività pensionistica di 300 miliardi di euro, una cronica mancanza di lavoro e una prospettiva di vita molto lunga per i suoi abitanti. Tutto ciò non sta in piedi, ha affermato, per cui hanno buon gioco le assicurazioni private mentre quelle pubbliche languono. L’unica cosa certa è che in Italia , fortunatamente, l’obbligatorietà dei contributi ancora tiene.

A peggiorare la situazione esiste poi un perdurante stato di crisi economica che non lascia margini a prospettive rassicuranti, almeno in tempi brevi.

Nel 2014 non si uscirà dalla crisi e neanche nel 2015. Lo scorso anno nel solo settore dell’editoria si sono perse 2400 unità lavorative che sarebbero salite a 2800 se l’Inpgi non fosse intervenuta. “Se non c’è lavoro crollano i sistemi – ha sottolineato Camporese – e questa lunga crisi congiunturale è legata alla mutazione industriale dell’editoria. L’Inpgi ha riserve per 2 miliardi, ma lo scorso anno le Casse autonome professionali hanno speso 250 milioni in più senza chiedere interventi statali. E quest’anno  per il nostro Istituto, purtroppo, si andrà verso una passività di 70-80 milioni di euro. Solo per gli ammortizzatori sociali si prevedono 30 milioni in più ogni anno che vanno ad incidere sui costi. Questo stato di cose non può durare: o si taglia oppure si falcidiano le prestazioni. Serve più compartecipazione sia da parte degli editori che dello Stato”.

Sul piano degli incentivi a favore dell’innovazione professionale, Camporese a Bruxelles ha proposto che il commissario Antonio Tajani inserisca i piccoli e medi professionisti all’interno del flusso dei finanziamenti che l’UE indirizzerà sul fronte dello sviluppo delle libere professioni. In Italia dovrebbe arrivare una trance di 100 milioni per aiutare il mercato delle imprese che dovrebbero costituirsi, per avere più forza, in studi professionali associati, cooperative, gruppi professionali. La formazione professionale, poi, deve essere transnazionale (una sorta di Erasmus delle professioni) per far crescere le nuove imprese, dando vita ad una sorta di “mercato unico dei servizi”.

A sua volta il segretario della Fnsi, Franco Siddi, ha delineato un quadro sindacale irto di difficoltà. Partendo dalla attuale fase di stallo delle trattative contrattuali con la Fieg, Siddi ha detto molto chiaramente che si è arrivati ad un punto di svolta e che  “ci sono alcuni protagonisti che lavorano allo sfascio” alludendo a quegli editori che minacciano di uscire dalla Fieg perchè non vorrebbero un nuovo contratto collettivo per i lavoratori del settore ma contratti aziendali per avere mani libere sia per i licenziamenti che per il costo del lavoro. Anche la mancanza di delega all’editoria al nuovo sottosegretario alla Presidenza del consiglio Luca Lotti non aiuta a superare le diffidenze e le divergenze. Comunque, mettere in movimento il contratto, è obiettivo primario della Fnsi e alle trattative “non si può andare sempre al ribasso” avverte Siddi.

Gli editori, ha detto, non possono dire che a causa della crisi non ci sono risorse per incrementare la parte economica, quando, come la Rcs, darebbero dei bonus ai loro dirigenti solo perchè sono stati bravi nel tagliare i costi, sacrificando testate e posti di lavoro. I 600 prepensionamenti in 4 anni avvenuti in Italia ne sono una conferma. Due – per la Fnsi – i punti qualificanti su cui puntare in fase di negoziato: la giusta qualificazione del lavoro autonomo e la modifica dell’istituto della ex fissa che gli editori vorrebbero abolire.

Le condizioni per entrare nella fase finale del contratto, secondo Siddi, sono una intesa sul lavoro autonomo, seguendo le tracce dello studio del professor Treu, e il superamento della ex fissa che vede attualmente 1100 colleghi in lista di attesa a causa del debito maturato di oltre 100 milioni di euro che fa sì che chi la deve percepire debba aspettare fino a 10 anni. “Per questo istituto il tempo è scaduto – dice Siddi agli editori – cerchiamo di trovare soluzioni non traumatiche garantendo a chi ha già maturato i 15 anni il diritto a percepirla e per gli altri studiare forme diverse garantendo comunque a fine carriera un reddito dignitoso per tutti. Se serve occorrerà ricorre anche a forme di solidarietà, togliendo a chi percepirà cifre altissime per dare a chi avrà di meno”.
 
Infine, sulle retribuzioni, Siddi è stato molto fermo: “Senza accordo non c’è contratto e i Cococo che guadagnano come i redattori devono rientrare anch’essi nel contratto generale”.
Senza Bavaglio
twitter @sbavaglio

 

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