Il derby per via XX settembre

Pare che in finale per il posto di Ministro dell’Economia ci siano due professori: Pier Carlo Padoan e Guido Tabellini. Si tratta quindi di un derby accademico. Diciamo subito che tra i due preferiremmo il primo e questo sia per il curriculum che per gli orientamenti scientifici e di politica economica. Padoan infatti ha ricoperto incarichi importanti e, soprattutto, operativi a livello internazionale, come capo economista e direttore generale dell’Ocse e delegato italiano nel Fondo Monetario Internazionale. Vogliamo ricordare che l’Ocse è un organismo che si occupa di sviluppo economico (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) e alcune dichiarazioni fatte nei mesi scorsi da Padoan ce lo mostrano infatti più sensibile a promuovere la crescita che non il rigore assoluto e acritico. Addirittura si è spinto a dire che le imposte sulla proprietà non sono recessive come quelle invece sui redditi da lavoro, lasciando intendere che sull’Imu si poteva evitare tutta quella pantomima per regalare qualche centinaio di euro ai proprietari di case e che una patrimoniale per ridurre il debito non sarebbe una catastrofe.

Tabellini invece è un liberista, come la maggioranza dei bocconiani, di quelli per intenderci che di fronte alla crisi hanno fatto gli equilibristi per stornare da sé ogni responsabilità. Egli infatti da un lato ha sostenuto che la crisi globale non costituisce una cesura grave nello sviluppo dell’attuale sistema economico, lasciando intendere che si può proseguire tranquillamente sulla strada inaugurata da Reagan e da Thatcher, dall’altro, visto che non si poteva negare del tutto l’evidenza, ha ammesso che il mercato ha fatto qualche “banale errore di valutazione”, che ha poi determinato la crisi. Questa posizione “salomonica” è comune a diversi liberisti, i quali però non si rendono conto che esprimono una contraddizione con le loro teorie di fondo. Perché se per loro il “mercato” è un’entità razionale da preferire quindi al “pubblico”, come mai poi ammettono che possa compiere “banali errori di valutazione” tali da provocare disastri come quelli della crisi del 2007, e che ancora scontiamo? Allora vuol dire che il mercato stesso non è più razionale del pubblico, anzi forse è “meno” razionale. Ma per i liberisti queste contraddizioni sono quisquilie, l’importante è affermare sempre che il mercato è più razionale del pubblico, “a prescindere”. Questo atteggiamento conferma quanto sosteneva Benedetto Croce, e cioè che il liberismo economico (che è cosa diversa dal “liberalismo”) è un’utopia e un’ideologia, alla stessa stregua del comunismo.

Abbiamo pure letto sui giornali che Napolitano sta dando “consigli” al Presidente Incaricato sulla politica economica che dovrà seguire il governo. Non sappiamo fino a che punto sia vero, ci permettiamo solo di ricordare che che l’art. 95 della Costituzione stabilisce al primo comma “Il Presidente del Consiglio dei ministri dirige la politica generale del governo e ne è responsabile”.

21/2/14

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