Giovanni La Torre
Roma, 6 maggio 2018
In questi giorni è stato pubblicato il Fiscal Monitor del Fondo Monetario Internazionale che riporta la situazione al 2017. Circa l’indebitamento complessivo del mondo intero il dato disponibile si ferma al 2016. A quella data la somma del debito pubblico e quello privato non finanziario (e non solo quello pubblico come ha erroneamente scritto Petrini su Repubblica del 19) è pari a 164 trilioni di dollari (un trilione = mille miliardi), e corrisponde al 225% del Pil mondiale. Nel 2007, anno della deflagrazione della crisi, il debito complessivo, pari a 115,9 trilioni, era meno del 200% del Pil; questo significa che l’indebitamento è cresciuto più del Pil.
Il 63% è costituito dal debito privato e il 37% dal debito pubblico, ripartizione più o meno costante dal 2007. Il 72,5% è di pertinenza dei paesi avanzati contro l’86,2% riscontrabile nel 2007, con un calo di circa 14 punti. Questo vuol dire che l’indebitamento delle economie emergenti è aumentato di più. In particolare è la Cina che ha incrementato l’indebitamento in modo sostenuto passando dal 4,2% del 2007 al 15,5% del 2016 del debito mondiale. In particolare mentre nei paesi sviluppati si è assistito a un aumento del debito nel periodo del 19% contro un aumento del Pil del 10,3%, in Cina il debito è aumentato del 419% contro un aumento del Pil del 89,5%.
In valore assoluto il debito cinese è aumentato di 20,6 trilioni, il che vuol dire che ha provocato da solo il 42,5% dell’incremento globale. In valore assoluto i paesi con maggior debito sono Usa (48,1 trilioni), Cina (25,5) e Giappone (18,2).
Passando al solo debito pubblico, esso è pari nel 2017 all’82,4% del Pil mondiale, e al 105,4% per i soli paesi avanzati (78,8% nel 2007). A livello di singolo paese è il Giappone quello più indebitato rispetto al Pil: 236,4%, l’Italia è al 131,5% (è al terzo posto se consideriamo anche la Grecia che però non è citata singolarmente nel report). Restando al debito pubblico l’Fmi ci fornisce un dato che sorprende positivamente noi italiani. È stato aggiunto al debito pubblico evidente il valore attuale degli impegni di spesa per le pensioni e per la sanità. Ebbene emerge che per l’Italia il debito pubblico aumenta di un altro 30% circa dovuto totalmente, e questo è il dato sorprendente, alla sola sanità, il valore attuale della gestione pensionistica è NULLO. Quindi non si capiscono le ramanzine che provengono dall’Ue sul tema pensioni, e gli echi domestici di Confindustria et similia, perché per esempio la Germania ha un saldo negativo. Gli Usa sono molto sbilanciati soprattutto sul comparto sanitario, mentre è da segnalare che per la Francia la gestione pensionistica attualizzata dà addirittura un saldo positivo.
Un dato invece molto negativo per l’Italia è quello relativo agli investimenti pubblici non finanziari i quali nel 2016 sono stati inferiori agli ammortamenti, dal che si deduce che non recuperiamo neanche l’usura e l’obsolescenza del capitale in essere cioè, in parole più povere: ci stiamo “mangiando” il capitale (pubblico).
Riprenderemo il discorso nel prossimo “gessetto”, anche con i dati dell’outlook con il sorpasso della Spagna ( clamoroso ma prevedibile).
Giovanni La Torre
(giovlatorre@gmail.com)
Leave a Comment