Quando il Twiga non c’era (e neppure i furti di giacche che screditano i giornalisti)

Speciale per Senza Bavaglio
Enzo Polverigiani
9 settembre 2023

Briatore e Garnero-Santanchè giocavano ancora coi cerchietti e le palline a Cuneo, e un posto come il Twiga con le giraffe finte avrebbe fatto orrore, quando Forte dei Marmi era semplicemente “il Forte”.

Alla Capannina di Nevio Franceschi i russi e gli arabi smandrappati di soldi i due mastini all’ingresso non li avrebbero fatti accostare soltanto con un’alzata di sopracciglio. Nei favolosi anni 70 solo l’Avvocato, il principe Corsini, Nicola Pietrangeli, i Moratti e pochi altri avevano il conto aperto.

E non c’erano giacche da fregare al principe sammarinese Kunz perché chi portava la giacca era il pellaio di Santa Croce.

ll furto della giacca al Twiga sputtana il giornalismo e i giornalisti

La divisa di rigore era la camicia di batista (di Battistoni) sciancrata in vita e un cachemirino buttato sulle spalle con distratta nonchalance. Morbidi mocassini di Arfango senza calzini, per carità.

Per un risotto alla Capannina e un filetto al sangue al Maito’ bisognava accendere un mutuo. Signori diafani per la settimana di lavoro milanese e signore abbronzate e soddisfatte della notte versiliese giocavano a bridge con i campioni del Blue Team mentre i rampolli ballavano o limonavano cullati da Bruno Martino e dal sussurro delle onde.

Il Twiga non era contemplato quando dominavano i bagni Piero e Annetta, dove i Moratti e consimili arrivavano dalle ville in ciabatte e in bicicletta. Qualche ora sotto le bianche tende, qualche cosuccia da piluccare e poi via tra le pinete o sui campi Rossi del Tennis Roma dove il sor Gino, insigne maestro e papà di Bertolucci, castigava di dritto e di rovescio i cumenda appena arrivati per il week end.

Più tardi, un saltino da Vale’ per le focaccine e un altro dallo zoccolaio di Vittoria Apuana per farsi fabbricare sotto gli occhi gli zoccoli su misura. Dopo l’Americano, ovviamente in Capannina, la augusta combriccola si disperdeva per la cena in villa o in qualche segreta trattoriuccia nell’entroterra scoperta per caso durante le chiacchiere al mercato del mercoledì. Abbiamo tralasciato niente? Forse il Principe, il bar Milano e il barbiere Lieto.

E per finire la serata? C’erano Mina o Aznavour alla Bussola di Bernardini coi lupi locali a caccia di ricche matrone. Prima che arrivassero l’autunno caldo, i cinesi e i russi coi pacchi di soldi e lo champagne Krug pagato come un’utilitaria.

Tutto questo, quando Forte dei Marmi era semplicemente “il Forte”, il Twiga con palme e giraffe finte sarebbe stata solo una battuta e la signora Santanchè magari si sognava di diventare ministra del Turismo. Dopo, ovviamente, aver ceduto la sua quota del Twiga al principe descamisado.

Enzo Polverigiani
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Le iconografie di Senza Bavaglio sono di Valerio Boni

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