Ex fissa: uno dei creditori lancia una proposta per il rimborso

Riceviamo e volentieri pubblichiamo
Saverio Tierri
Milano, 20 settembre 2022

Sono in pensione dal 2015 e come altri 2.400 giornalisti con il problema della ex fissa, di cui ho ricevuto finora le rate annuali da 3.000 euro lordi.

Vivo all’estero da 10 anni e quindi, essendomi rimasti pochi contatti, ho chiesto una mano a Senza Bavaglio. Lo scopo è quello di diffondere il più possibile fra i tantissimi interessati questo progetto e verificare se sia possibile realizzarlo.

Non so a voi, ma a me ciò che mi fa più imbestialire è non sapere nemmeno dove siano finiti i soldi miei, vostri che mi leggete e di tutti gli altri rimasti fregati.

Perché i versamenti avrebbero dovuto essere accantonati a titolo nominale, invece chi è arrivato prima, anche se non aveva copertura totale, ha arraffato quanto non gli spettava. Tutti dicono che noi creditori abbiamo ragione, ma non ci sono I quattrini.

Due fatti

Due i fatti conosciuti e certi: 1) i soldi non ci sono per circa 2.400 giornalisti, anche se ne abbiamo diritto 2) I soldi che c’erano li ha distribuiti Inpgi.

Altro di sicuro non c’è. La soluzione si potrà forse cominciare a trovare seguendo una strada analoga ma diversa da quella intrapresa da tanti colleghi che hanno citato l’Inpgi davanti al tribunale civile per farsi pagare e sono rimasti gabbati da una miriade di sentenze-fotocopia.

Tutti i giudici (tranne uno) hanno considerato l’Inpgi semplice gestore del Fondo ex-fissa e quindi senza responsabilità.
Il primo passo da compiere è perciò quello di visionare I bilanci e gli elenchi contabili, non a caso tenuti finora segreti.

Di denunce penali si è forse già parlato, ma senza concrete iniziative. L’Inpgi è stato considerato mero gestore sempre e soltanto nelle varie cause civili: ma ipotesi di reato, oltre che contro l’Istituto, possono esserci anche nei confronti della FNSI, degli editori e di coloro che hanno agito personalmente per conto di tali enti. La fattispecie criminosa da individuare in appropriazione indebita, abuso e/o omissione in atti di ufficio, magari distrazione.

Investimenti

E ancora. L’inpgi, come gestore, non poteva investire i soldi del Fondo perchè ci sarebbe stata la possibilità di perderli. Ma se non li ha investiti, avrebbe dovuto metterli in bilancio anno dopo anno come accantonamento. Se sono spariti , o inseriti in altre voci, potrebbe esserci stato un falso in bilancio.

La strada potrebbe essere quella di una denuncia “aperta”, cioè senza individuare chiaramente le ipotesi di reato e i responsabili, come spesso si fa, delegando all’autorità giudiziaria le relative indagini che, in ogni caso, una volta ricevuta una denuncia-querela, la Procura sarebbe tenuta a svolgere d’ufficio.

L’ideale sarebbe coinvolgere un nutrito numero di giornalisti: avrebbe più forza e potrebbe essere disattesa più difficilmente dall’autorità giudiziaria.

Il punto è capire esattamente come hanno utilizzato i soldi: bisognerebbe quindi avere i bilanci, cosa quasi impossibile per un privato, ma la Procura, sollecitata da una denuncia, può farlo, anche in sede civile.

Criteri non chiari

L’INPGI si è mossa nella logica che fosse un Fondo “a ripartizione”, da dividere cioè tra tutti, cosa che peraltro è stata fatta
secondo criteri non sempre chiari, forse illegittimi, mentre pare assodato che erano accantonamenti individuali che andavano
restituiti ai singoli. Si tratta di un sacrosanto diritto ed è gravissimo quanto accaduto.

Il Fondo non è a ripartizione volto a soddisfare indistintamente tutti gli aventi diritto a seconda dell’anzianità di iscrizione, ma doveva essere un accantonamento individuale che a ciascuno avrebbe dovuto essere restituito. Evidentemente, poiché la contribuzione dell’1,5% incideva indistintamente su tutte le retribuzioni, Inpgi ha ritenuto di erogarlo a ripartizione, ma la cosa sarebbe senz’altro contestabile di fronte all’autorità giudiziaria.

Non è mai stato denunciato espressamente l’uso distorto del Fondo.

I costi legali potrebbero essere molto contenuti per ognuno se si decidesse di avviare un’azione collettiva anziché individuale. I soldi si potrebbero richiedere a chi ha sbagliato a gestire il Fondo e anche a chi li ha percepiti indebitamente.

L’opzione

C’è infine un altro aspetto, quello dell’opzione che molti giornalisti sono stati chiamati a esercitare entro la data del 20 gennaio 2018, aderendo alla quale si sarebbe potuto ricevere, ratealmente, una somma decurtata del 40-50% sul totale della ex fissa. Alcuni, pur di salvare il salvabile, hanno ritenuto di accettare questa opzione (io no) e stanno ricevendo ratealmente una somma minore. Da una parte, anche questo è un criterio illegittimo, dall’altra è pure illegittimo che, scaduto quel termine, chi in ipotesi volesse ancora aderire oppure non ha fatto in tempo (magari per aver ricevuto in ritardo la comunicazione dell’Istituto) sia considerato irrimediabilmente decaduto dall’opzione.

La possibilità legale di rendere la vita difficile a Inpgi, Fnsi, editori quindi esiste, magari cumulando, a sostegno, azione penale e, in un secondo tempo, quella civile, magari sotto forma di azione collettiva.

Contatti

Quanto sopra è emerso dai contatti che ho avuto con un avvocato disponibile a intraprendere l’azione legale, meglio se sottoscritta da un nutrito numero di giornalistI. Ma se decideremo di partire, sceglieremo il legale che a maggioranza riterremo più adatto.

Più numerosi saremo e piùforti diventeremo, oltre a ridurre la quota individuale di parcella da pagare all’avvocato.
Invito tutti a comunicarmi chi è disponibile a questo tentativo, a mio parere privo di rischi e tanto meno costoso per ciascuno in base al numero di aderenti.

Chiedo anche a ognuno di far conoscere l’iniziativa ai colleghi che si trovano nella medesima situazione e non ricevono Senzabavaglio.

Chi è interessato, scrIva il più celermente possibile una mail a patie@tiscali.it

Saverio Tierri
patie@tiscali.it

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