INPGI: sacrifici ai giornalisti, salvagente agli editori

Carlo Parisi, Elena Polidori, Daniela Stigliano
Roma, 23 glugno 2021

Contributo straordinario per i giornalisti attivi e pensionati, tagli pesanti alle pensioni di anzianità, regole sul cumulo ancora più penalizzanti, stop ad assegni di superinvalidità, contributi per i ricoveri in casa di riposo e sussidi, e anche l’utilizzo del patrimonio dei colleghi lavoratori autonomi per fare cassa con gli immobili del Fondo Amendola altrimenti invendibili. Ma nessun peso sugli editori. E una limatura irrisoria ai contributi al sindacato.

La maggioranza che guida l’Inpgi (e la Fnsi) mette ancora una volta le mani in tasca ai giornalisti italiani con una nuova manovra, la terza in cinque anni, inutile come le precedenti a mettere in salvo le nostre pensioni. Tanto che, nonostante le misure approvate dal Cda (con 10 voti a favore e i nostri 3 contro), il nuovo bilancio attuariale anticipa di due anni il default dell’Istituto, con l’azzeramento del patrimonio a fine 2025 invece che a fine 2027.

La nuova manovra, cui la Fnsi ha dato l’assenso a maggioranza, riprende le misure varate nella delibera di intenti del 27 gennaio. Tutte inique, penalizzanti per i giornalisti e peggiorative rispetto all’Inps. Eccole:

1. Aumento dell’1% per 5 anni della contribuzione previdenziale versata dai giornalisti attivi (pari a un’entrata di 10 milioni l’anno), che porta la contribuzione complessiva sopra a quella che versano all’Inps tutti gli altri lavoratori dipendenti italiani. La possibilità di reiterare per altri 5 anni questo aumento, previsto nella delibera di gennaio, è per ora scomparsa.

2. Contributo straordinario sempre dell’1% per i pensionati, uguale per tutti (5,5 milioni l’anno), nonostante la diffida presentata da mille colleghi sia perché reitera un prelievo già applicato per 3 anni e che la Corte Costituzionale ha dichiarato non possibile, sia perché ignora una trentina di sentenze univoche della Cassazione che hanno bocciato analoghi prelievi forzosi da parte di altre Casse previdenziali privatizzate in quanto è necessaria una legge come prescrive l’art. 23 della Costituzione.

3. Abbassamento del limite di reddito cumulabile con la pensione di anzianità a 5 mila euro lordi l’anno rispetto agli attuali 22.524,13 euro (maggiori entrate per 1,5 milioni l’anno), con un nuovo e più penalizzante sistema di calcolo del taglio della pensione. Il tetto attuale rimarrà solo per chi ha una pensione non superiore alla retribuzione minima del redattore ordinario del contratto Fieg (circa 38 mila euro).

4. La sospensione immediata delle prestazioni facoltative: assegno di superinvalidità (tagli di circa 1 milione l’anno a regime); ricovero in case di riposo (circa 174 mila euro); sussidi (28 mila euro).

5. La reintroduzione degli abbattimenti per le pensioni di anzianità, ma con riferimento alla norma della legge Fornero che permette agli iscritti all’Inps di andare in pensione a qualsiasi età con 42 anni e 10 mesi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne: i giornalisti dovrebbero, invece, raggiungere comunque i 62 anni e 5 mesi e subirebbero una riduzione della pensione dello 0,25% per ogni mese mancante rispetto al requisito Inps. Per esempio, con 40 anni e 5 mesi di contributi, requisito oggi previsto dall’Inpgi, le donne subirebbero un taglio del 4,25% e gli uomini perderebbero il 7,25% dell’assegno (risparmio totale di 255 mila euro nel 2021).

Un’altra delibera ha varato il leggerissimo taglio del 5% dei soldi riconosciuti alla Fnsi e alle Associazioni regionali di stampa, che ricevono contributi per 2,471 milioni di euro: noi l’abbiamo approvata pur sottolineando che la riduzione dell’importo resta insoddisfacente e che ci aspettiamo il Sindacato partecipi maggiormente ai sacrifici imposti ai giornalisti con tagli più consistenti.

La riduzione del 10% dei compensi per gli Organi sociali (per noi comunque irrisoria), del valore di 120 mila euro l’anno, era invece già scattata da maggio. Mentre la maggioranza ha rinviato a un tempo non definito i tagli ai costi della struttura.

Ma soprattutto non pagheranno alcun prezzo gli editori, che pure per anni hanno versato contributi molto inferiori rispetto a quanto richiesto dall’Inps e che sono responsabili di aver attinto a piene mani dalle casse dell’Inpgi per rispondere alla crisi con un uso disinvolto e spesso ingiustificato degli ammortizzatori sociali e dei prepensionamenti.

A conti fatti, il risparmio sulla pelle dei soli giornalisti non arriva neppure a 19 milioni l’anno: una goccia nel mare rosso dei conti dell’Inpgi, che perde 663 mila euro al giorno e ha chiuso il bilancio 2020 a -242,2 milioni di euro. E che rischia di avere ancora pochi mesi di respiro senza iniezione di liquidità fresca.

Ed è evidentemente per questo che il Cda ha approvato, sempre a maggioranza con il nostro voto contrario, un’operazione di trasferimento di alcuni immobili del Fondo Amendola al fondo ex Hines, che diventerà una Sicaf controllata al 51% dall’Inpgi 2 e al 49% dall’Inpgi 1. Uno stratagemma per vendere a un prezzo superiore a quello che il mercato, secondo le affermazioni dei tecnici dell’Istituto, sarebbe disposto ad acquistare solo a valori ben inferiori alla valutazione dell’apporto. Il patrimonio dei giornalisti collaboratori e lavoratori autonomi, che la maggioranza voleva in un primo momento unire a quello della Gestione principale (con l’alto rischio di prosciugare), verrà in questo modo comunque usato per pagare le pensioni dell’Inpgi 1. Non solo: la Gestione separata dovrà anche provvedere alla ristrutturazione e riqualificazione degli immobili della Sicaf, per poi venderli (forse) a prezzi più elevati, con guadagni di cui beneficerebbe anche la Gestione principale. (giornalistitalia.it)

Carlo Parisi (Stampa Libera e Indipendente)
Elena Polidori (Sos Inpgi per il futuro)
Daniela Stigliano (Sos Inpgi per il futuro)
Consiglieri di amministrazione dell’Inpgi

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