Beppe Lopez e la vessazione in agguato: quando la giustizia diventa ingiusta

da www.infodem.it
Pino Nicotri

Milano, 10 maggio 2021

Dopo oltre 20 anni di attesa il giornalista e scrittore di lungo corso Beppe Lopez, cronista di politica interna dell’esordio di Repubblica e man mano detentore di un curriculum di tutto rispetto, s’è visto negare dal tribunale di Potenza tutti i suoi diritti economico professionali nonostante risultassero nero su bianco da regolari contratti di lavoro. Come se non bastasse, di recente è stato condannato non solo a pagare 30 mila euro di spese processuali e parcelle alla controparte, ma anche a cominciare a pagarle subito senza aspettare l’esito dei sui ricorsi in appello. Insomma, come si suol dire, cornuto e mazziato.

Il tutto in un tribunale il cui bar, dal 2017 ufficialmente gestito dalla società “Bar del Tribunale Srl”, secondo la Direzione Distrettuale Antimafia sarebbe in realtà gestito da prestanomi e affiliati di un’organizzazione mafiosa colpita il 27 aprile da 17 mandati di cattura. Ma torniamo a Beppe Lopez.

Dal 1989 al 1997 il collega è ancora a Roma a dirigere la Quotidiani Associati, la più importante agenzia italiana di servizi giornalistici, forniti a una 30ina di testate locali. Poi nel 1998 Lopez cede alle sirene dell’editore lucano, cioè della Basilicata, Donato Macchia, titolare della tv privata Teleregione, desideroso di varare con la sua società Alice Idea Multimediale anche un quotidiano che vada in edicola, visto che la sua è l’unica regione che ne è ancora sprovvista. Contratto da direttore garantito dall’azienda editrice per dieci anni e per tre anni dall’editore in persona.

Beppe Lopez

E così Lopez lascia Roma per andare a progettare e realizzare a Potenza il quotidiano regionale La Nuova Basilicata, rifornita di pubblicità dalla Manzoni e di articoli e inchieste nazionali dell’Agenzia dei Giornali Locali (AGL), entrambe del Gruppo L’Espresso. Successo oltre le previsioni. Ed entusiasmo del manipolo di pionieri raccolti da Lopez. Due cose che però non piacciono a tutti, specie a chi era abituato a condurre affari e politica senza avere ficcanaso tra i piedi, specie in un periodo in cui vengono scoperti il settore eolico e i ricchi contributi pubblici. Sta di fatto che Macchia, in seguito imprenditore anche del settore eolico, dopo meno di un anno dal varo del giornale licenzia quattro redattori. E poiché Lopez si oppone e protesta, Macchia licenzia anche lui.

E i dieci anni di contratto garantito dall’azienda? E i tre anni garantiti dall’editore in persona? Svaporati. Alice Idea Multimediale dichiara fallimento, la Nuova Basilicata chiude i battenti e il suo posto viene preso da La Nuova del Sud. Il magistrato nega a Lopez anche la possibilità di inserirsi nel fallimento nonostante fosse un “creditore privilegiato” in quanto ex dipendente della società fallita.

Dopo un palleggio tra Federazione Nazionale della Stampa Italiana (FNSI, sindacato nazionale dei giornalisti) e l’Associazione Regionale della Stampa (ARS, sindacato regionale dei giornalisti) su chi dovesse prendere l’iniziativa, nel 2019, cioè a 20 anni dai fatti e dopo una decina di rinvii delle udienze, la FNSI s’è decisa a denunciare entrambe le vicende al Consiglio Superiore della Magistratura (CSM). Che ha chiesto chiarimenti al Tribunale di Potenza.

Risultati? Nel giugno 2020 i magistrati di Potenza hanno rigettato come inammissibili ambedue le vertenze intentate da Lopez. E lo hanno condannato al pagamento delle spese processuali, per un totale di 30 mila euro. Da cominciare a prelevare subito a rate dalla sua pensione: Lopez ha infatti sì chiesto i processi d’appello, ma i magistrati hanno respinto anche la sua domanda di sospensione della riscossione in attesa delle nuove sentenze. E sì, cornuto e mazziato.

Nelle loro sentenze vengono negati a Lopez in particolare i seguenti diritti:
– la partecipazione al fallimento,
– il riconoscimento del contratto garantito per dieci anni,
– il riconoscimento dei contratto garantito di persona dall’editore,
– il pagamento delle mensilità dei nove anni “saltati”,
– il pagamento della liquidazione (detta anche TFR, Trattamento di Fine Rapporto),
– i risarcimenti per demansionamento,
– il risarcimento da mancato preavviso del licenziamento,
– il credito per spese connesse ai procedimenti penali.

Sarebbe utile pubblicare la sentenza per renderla di pubblico dominio, e poter così leggere le motivazioni addotte dai magistrati.

Il botto del bar del tribunale a quanto pare gestito per interposta persona da malavitosi, sfacciato trofeo del loro asserito avere le mani in pasta ovunque, ha dato la stura a una serie di voci che è meglio non raccogliere.

Pino Nicotri
pinonicotri@gmail.com

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