Precari senza diritti: AAA, aziende serie cercasi

Speciale per Senza Bavaglio
Francesca Canino
Bologna, 29 luglio 2019

Beppe Boni è stato per anni il vicedirettore de “Il Resto del Carlino”. Ora è condirettore della testata. I giornalisti che hanno lavorato con lui da precari lamentano i comportamenti ‘bizzarri’ che hanno dovuto sopportato, sia dal punto di vista sindacale, sia da quello della umana comprensione nei riguardi dei lavoratori. In seguito alle considerazioni pubblicate sul profilo facebook di Margherita Giacchi, ex precaria della suddetta testata, abbiamo raccolto le testimonianze di altri colleghi, i quali ci hanno raccontato che spesso Boni telefonava loro solo qualche giorno prima per comunicare il trasferimento da una città ad altre sedi, sottolineando che la non accettazione avrebbe comportato seri rischi per una eventuale assunzione. In molti casi, si trattava di contratti di breve durata, uno o due mesi, e ciò rendeva più difficile e dispendioso trovare una sistemazione (a spese del giornalista precario).

Da una città all’altra, annullando tante volte le ferie maturate col precedente contratto e “quando invece collaboravo a pezzo – dichiara un ex collaboratore – era Boni stesso che mi chiamava al fisso della redazione, dunque ben sapendo che ero lì dentro da abusivo. Molte volte, inoltre, mi passava gli articoli che io scrivevo direttamente in pagina. Ovviamente notti e domenica non riconosciute, visto il contratto a pezzo. Talvolta provavo a dire qualcosa, ma mi assicurava che sarei stato assunto e che avrei dovuto portare pazienza. Ma quando è arrivata l’ora dell’assunzione è sparito, non si è fatto vivo e non ho nemmeno ricevuto la mail del Cdr che annunciava la lista da cui ero stato tagliato fuori”.

Le dichiarazioni di alcuni precari scaturiscono dalla risposta di Boni a un giovane di Bologna, che vi riportiamo a seguire:

“Bologna, 23 luglio 2019 – Finmeccanica ha lanciato un allarme per la mancanza di operai specializzati da assumere a 1600 euro mensili. Ma i nostri giovani vogliono fare lavori non impegnativi e senza responsabilità, come ad esempio quello di rider. Purtroppo lo Stato non aiuta nella formazione professionale dei giovani. Un tempo esistevano gli istituti di avviamento professionale nei quali, appena un ragazzo finiva gli studi, poteva imparare un mestiere.
Marco Larici, Pesaro

Risponde il condirettore de ‘il Resto del Carlino’, Beppe Boni

E’ un mistero che nessuno riesce a sciogliere. L’Italia si lamenta per la mancanza di posti di lavoro e contemporaneamente le aziende di alcuni distretti lanciano un grido d’allarme perché c’è carenza di carpentieri, ingegneri, saldatori, sarte, elettricisti, addetti al calzaturiero. In agricoltura si fatica perfino a trovare gli stagionali per raccogliere la frutta. Incredibile ma vero. Giuseppe Bono, ad di Fincantieri, ha affermato che nei prossimi anni il gruppo avrà bisogno di 5-6mila addetti con un compenso medio di 1600 euro al mese ma ci sono difficoltà a reperire il personale. Così il Sud è senza imprese e il Nord senza lavoratori. I giovani a volte prediligono impieghi precari (il rider) rispetto ad altri più specialistici anche se con ferie pagate e assistenza. Forse la società deve attrezzarsi meglio per formare operai specializzati e giovani che escono dagli istituti tecnici. Confindustria e altre associazioni stanno già lavorando su questo terreno con scuola e università. Non lamentiamoci se poi qualche azienda cerca (e trova) lavoratori all’estero”. (https://www.ilrestodelcarlino.it/bologna/commento/lavoro-1.4706244?fbclid=IwAR2ZvKJ1e-2Ly-UFSTbM5zqIQvM24YPPG3gcnodeNlYlWX8vHwPmAJ3zbX8).

In riferimento a questa risposta, Margherita Giacchi ha scritto sul suo profilo facebook le seguenti considerazioni indirizzate a Boni:

“Caro Beppe Boni,

mi sembra strano che per lei il fatto che ci sia lavoro, ma non ci siano lavoratori è “un mistero che non riesce a sciogliere”. Perché, vede, è stato proprio lei negli anni a fare le liste delle persone da assumere al Carlino, il giornale di cui è condirettore. Mi sembra strano che lei creda che i giovani prediligano fare i riders e non lavori specializzati con ferie e assistenza. Perché, non so se si ricorda, ma io sono stata precaria otto anni per il suo giornale. Non avevo ferie, non avevo malattia, ero pagata a pezzo, lavoravo in redazione fino alle dieci di sera da collaboratrice e disegnavo le pagine che lei il giorno dopo sfogliava. Quando mi faceva la grazia di un contratto (precario, ma regolarizzato, questo glielo riconosco), era sempre dalla parte opposta di dove vivevo in quel momento. Ma io prendevo la mia piccola Ford Ka e partivo felice. Per poi tornare precaria e pagata a pezzo. Per otto anni. Poi, caro Beppe Boni, si ricorda che quando era ora di assumere, non mi ha nemmeno avvisata che ero stata tagliata fuori dalla lista e non mi ha nemmeno detto il motivo? Dunque, caro Beppe Boni, non credo che i giovani non vogliano ferie pagate e assistenza. Vogliono aziende serie”.

Invitiamo tutti i colleghi che hanno vissuto e vivono situazioni analoghe, che subiscono le vessazioni di editori e direttori nel silenzio di Ordine e sindacato, di inviarci le loro testimonianze. Il silenzio non aiuta e peggiora la già tragica condizione del giornalismo italiano. Denunciamo per cambiare, per avere diritti, per poter essere ancora e sempre i cani da guardia della democrazia. Aspettiamo le vostre lettere che pubblicheremo, se richiesto perché si temono ritorsioni, omettendo la firma e gli altri elementi dai quali si può risalire all’identità del giornalista.

Francesca Canino
Senza Bavaglio
francescacanino7@gmail.com

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