Mi ha lasciato basito e sorpreso l’opposizione alla candidatura di Beppe Giulietti avanzata da settori di quella che pomposamente si autodefinisce la maggioranza del sindacato. Una maggioranza spaccata e sbriciolata non sulle idee, sulle valutazioni o sugli ideali. Ma frantumata nella corsa alle poltrone. Sono in tanti a sgomitare per sedersi sullo scranno più alto della Federazione. E sono quei tanti a essere contro la candidatura di Beppe Giulietti.
Scusate, ma io rivendico la primogenitura nell’aver indicato in Giulietti, il miglior presidente possibile in questa fase. Non solo per il suo passato di sindacalista (la sua accoppiata con Giorgio Santerini ha dato al giornalismo italiano l’ultimo contratto serio) ma soprattutto per la sua conclamata indipendenza e libertà di giudizio.
Forse non è chiaro a tutti, ma il presidente della Federazione non deve essere un collega schierato con questa o quella corrente, non deve rappresentare interessi particolari e/o di parte. E forse non sarebbe male se avesse alle spalle (come Beppe) una storia di difesa delle libertà fondamentali di un sistema democratico come il nostro (sistema che sta precipitando sempre più verso il regime).
Alcuni di coloro che si oppongono alla candidatura di Giulietti sostengono che non è eticamente corretto che si esca dal giornalismo per entrare in politica (lui è stato deputato al parlamento) e poi si rientri nel giornalismo.
Sono gli stessi che non hanno battuto ciglio sul fatto che l’ex segretario generale del nostro sindacato abbia cambiato casacca e ora sieda nel consiglio d’amministrazione della Rai e potremmo paradossalmente ritrovarcelo dall’altra parte del tavolo durante trattative e incontri. Comportamenti sgradevoli che vanno censurati perché screditano il giornalismo e i giornalisti.
Quello che serve in questo momento al sindacato è una ventata di moralità ed etica. Il presidente non deve garantire le correnti, ma deve garantire le idee, tutte con lo stesso diritto di cittadinanza. Non ci devono più esserci figli e figliastri, non si devono riservare posti a colleghi fedeli anche se incompetenti. Ora si privilegia la fedeltà di parte alla caratura morale, alla preparazione e alle capacità.
Nelle ultime legislature abbiamo assistito alla nomina a presidente della FNSI di colleghi che hanno autorizzato il massacro delle regole nel nome degli interessi di gruppo o di corrente. E’ venuto il momento di dire basta, pena la disintegrazione totale di un sindacato cui teniamo tutti.
Occorre un presidente che dia prestigio a un sindacato asfittico dilaniato dai giochi di potere che nulla hanno a che fare con gli interessi del giornalismo e dei giornalisti. Un presidente che non permetta referendum farsa come quello organizzato poco più di un anno fa per avallare un contratto che nessun giornalista voleva. Un presidente che ridia alla commissione contratto un ruolo che gli è stato scippato. Un presidente che imponga l’omogeneità del corpo elettorale ora violata in nome di un federalismo di comodo che diventa così antitetico alla democrazia. Un presidente che capisca che un contratto di lavoro non può abbandonare i freelance, i precari, i disoccupati a se stessi riservando loro solo le briciole. Un presidente che si renda conto che l’unanimismo è una iattura perché, per dirla con Walter Lippmann, ”quando tutti pensano allo stesso modo, nessuno pensa molto”.
Il nome di un presidente del genere non può uscire da una riunione di corrente e neppure da incontri riservati tra pochi eletti, capi e capetti di nulla. Deve essere condiviso da quanti più colleghi possibile. Giulietti rappresenta la persona adatta ad assicurare che la gestione del sindacato sia imparziale, che le violazioni delle regole non siano più tollerate, che il ritorno a comportamenti morali necessari a impedire lo sfascio e il conseguente crollo del sindacato sia garantito.
Massimo A. Alberizzi
Senza Bavaglio
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