Querele temerarie: chi denuncia versi preventivamente la cifra richiesta

Speciale per Senza Bavaglio
Gianluigi Valsecchi
Roma, 12 marzo 2019

Spesso se ne parla, ma i discorsi approdano puntualmente al classico nulla di fatto e le intimidazioni sono all’ordine del giorno. Parliamo delle cause per il risarcimento dei danni intentate contro giornalisti la cui unica colpa è quella di avere scritto la verità e poco importa se la maggioranza delle azioni finisce nel nulla: basta paventare il pericolo di una causa milionaria (ma per i normali giornalisti sono sufficienti anche diecimila euro) per tappare la bocca a chiunque.

Forse, se solo lo si volesse, ci sarebbe una via di uscita da una situazione che, unita ad altre, per quanto riguarda la libertà di stampa pone l’Italia – alla faccia del suo essere culla del diritto – al pari di nazioni in cui la libertà, di stampa e non solo, è ancora oggi un desiderio irrealizzato.

Una via di uscita, si diceva: oggi, basta denunciare un giornalista (che, magari, ha davvero sbagliato, oppure no) ed avanzare una richiesta risarcitoria che, in assenza di un “tariffario delle diffamazioni”, viene lasciata alla libera determinazione del denunciante, con il risultato che si viene chiamati in giudizio per decine o centinaia di migliaia di euro e se, come (dicevamo) spesso si viene assolti, niente altro si ha in cambio se non una semplice soddisfazione morale.

A questo punto, per far cessare il malcostume delle cause intimidatorie, basterebbe obbligare l’attore (ossia il denunciante) a versare preventivamente, su un fondo speciale all’uopo istituito in ogni tribunale, la somma richiesta. Insomma: ti chiedo un milione di euro di danni? Per far partire la causa, contestualmente alla denuncia dovrò versare al fondo speciale la medesima cifra di un milione, in mancanza della quale l’iter giudiziario non potrà partire.

Conclusa la causa con la sentenza definitiva pronunciata dai giudici, se si riconoscerà l’avvenuta diffamazione, l’attore potrà riprendere il suo milione di euro (o mille, diecimila, centomila…) e otterrà come risarcimento del danno uguale cifra che il giornalista dovrà corrispondergli; se invece i giudici respingeranno la richiesta, il milione depositato presso il fondo finirà nelle tasche del giornalista, che così verrà a sua volta risarcito. Forse, a quel punto, nessuno avrà più voglia di rischiare i propri quattrini proponendo una denuncia temeraria…

Si potrebbe obiettare: troppo macchinoso. Per niente: basterebbe aggiungere qualche riga in coda al capo del codice penale che cita la diffamazione; per quanto riguarda il fondo di cui sopra, basterebbe a istituirlo una legge di pochi articoli. Già: ma i politici se la sentiranno di dare vita ad una rivoluzione copernicana che potrebbe colpire i loro stessi interessi? Se non ci proveremo, non lo sapremo…..  tanto varrebbe provarci.

Perché non lanciare, allora, la metaforica palla alla FNSI?
Gianluigi Valsecchi
gianluigi_valsecchi@virgilio.it

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