Massoneria e giornalismo: una relazione preoccupante che non giova a nessuno

Senza Bavaglio
Roma, 6 giugno 2019

In alcune regioni italiane la massoneria è pervasiva ed è penetrata in ogni campo della società, senza risparmiare l’universo chiesastico e quello del giornalismo. Due gravi episodi in questi giorni riportano d’attualità il ruolo della massoneria nel nostro Paese, dove respingere le richieste della società massonica è complicato. Anche per le autorità religiose e per quelle che guidano i giornalisti.

Riporta “Il Fatto Quotidiano” di domenica 26 maggio a firma Carlo Tecce: “Un arcivescovo al compleanno di una loggia massonica. Come i vegani alla sagra del prosciutto. E la Chiesa è sconcertata. È accaduto una settimana fa nel palazzo della Provincia di Arezzo, una città con una lunga storia di grembiulini, dal piduista Licio Gelli al sindaco Aldo Ducci, illustre libero muratore fino a Banca Etruria, schiantata da un’oscura vicenda di vendette massoniche. Monsignor Riccardo Fontana, l’arcivescovo del capoluogo toscano, era il gradito ospite del Grande Oriente d’Italia, in sigla Goi – l’obbedienza massonica con più iscritti – per una celebrazione importante: un convegno per i 150 anni della loggia Benedetto Cairoli”.

“Il gran maestro Stefano Bisi ha accolto con orgoglio il monsignore che ha presenziato al dibattito pubblico dal titolo “Il nostro lavoro per il perfezionamento dell’uomo”. Anziché citare, seppur in un educato Bignami, le differenze che rendono incompatibili la religione cattolica e l’esoterismo massonico, l’arcivescovo Fontana ha sottolineato ‘i valori condivisi, come il rispetto, il dialogo, la solidarietà’, riporta con fierezza il sito del Goi. Il caloroso saluto tra il gran maestro Bisi e monsignor Fontana, nell’iconica Arezzo, va oltre uno scambio di convenevoli: rappresenta un vanto per i massoni, un ponte nel vuoto di uno scontro che dura da sempre. La soddisfazione del gran maestro Bisi è logica, come logica è la reazione indignata che fa trapelare la Conferenza episcopale italiana con due parole: Stupore e sconcerto”.

Se la Cei si definisce sconcertata, il mondo del giornalismo dovrebbe esprimere quantomeno preoccupazione per ciò che si apprende dal sito del Grande Oriente d’Italia.

Lo svelamento del busto di Meoni, a sinistra il presidente della Fondazione Vittorio Roidi e a destra ila Gran Maestro Stefano Bisi

“Un busto in ricordo del giornalista e libero muratore Giuseppe Meoni, direttore del Messaggero negli anni della Prima guerra mondiale, Gran Maestro Aggiunto del Goi dal 1919 al 1925 e Presidente del Rito Simbolico Italiano, perseguitato dal regime di Mussolini, arrestato e condannato al confino – c’è scritto nel sito massonico –, è stato donato dal Grande Oriente d’Italia e dal Rito Simbolico Italiano alla Fondazione Paolo Murialdi, che conserva la memoria del giornalismo italiano, nel corso di una cerimonia che ha avuto luogo il 21 maggio a Roma nella sede della prestigiosa istituzione che ha collocato l’opera dell’artista Stefano Pierotti nell’atrio dell’ingresso principale”.

“All’evento hanno preso parte il Gran Maestro Stefano Bisi, il presidente del Rsi Marziano Pagella, il direttore della Fnsi Giancarlo Tartaglia, il segretario generale Raffaele Lorusso e il presidente della Fondazione Vittorio Roidi. Il Gran Maestro Stefano Bisi, anche lui giornalista, ha ricordato che Meoni fu protagonista di un periodo non facile della storia d’Italia, sia come libero muratore, perché la Massoneria venne perseguitata dal regime di Mussolini, sia come giornalista, perché il Fascismo mise il bavaglio alla stampa, prendendo d’assalto le redazioni ostili al regime e bruciando nelle pubbliche piazze i giornali”.

“Abbiamo accettato volentieri questo dono – ha detto il direttore della Fnsi Tartaglia – perché Meoni rappresenta due aspetti che in un certo senso hanno una loro attualità. Da una parte la battaglia per la libertà di stampa, anche noi oggi qualche problema –ha rimarcato – ce lo abbiamo. E l’altro, per la sua battaglia antifascista. Meoni, si oppose fermamente ai provvedimenti approvati dal governo di Mussolini nel ‘23 e resi operativi nel ’24 dopo l’uccisione del deputato socialista Matteotti fronteggiò con coraggio i reiterati tentativi del regime di conquistare le associazioni regionali di stampa e la stessa Federazione Nazionale, resistendo fino a quando nel 1925 non venne deferito ai probiviri e condannato al confino. Oggi la sua eredità – ha aggiunto- è sulla spalle di Raffaele Lorusso che ricopre lo stesso ruolo di Meoni, e si batte per la libertà di stampa e contro i fenomeni di autoritarismo che purtroppo sono tornati ad affacciarsi nel nostro paese”.

Il direttore della Fnsi Giancarlo Tartaglia e il segretario generale della Fnsi Raffaele Lorusso

“Oggi non c’è il confino – ha detto il segretario generale della Fnsi Raffaele Lorusso, prendendo la parola – ma sicuramente ci sono mezzi più raffinati, per quanto rozzi, per colpire la stampa. Basta tagliare i fondi all’editoria, basta ridurre i finanziamenti che comunque servono a tenere in piedi il settore e a penalizzare così l’intera categoria, che è quello che si sta cercando di fare”.

Il mondo del giornalismo si sente mancare il terreno sotto i piedi da quando si parla di ridurre o eliminare i finanziamenti pubblici ai giornali. E’ sbagliato però, secondo noi, cercare di parare i colpi abbracciando la massoneria.

La massoneria è incompatibile con il giornalismo soprattutto perché chiede un giuramento di fedeltà che un giornalista non può e non deve dare. Se chiedessero a un giornalista massone, “sei prima giornalista o sei prima massone”, la risposta dovrebbe essere “prima giornalista”, ma il voto di fedeltà gli imporrebbe di rispondere “prima massone”. Oppure di mentire. In ogni caso, verrebbe meno agli obblighi di etica, di deontologia e di indipendenza necessari a ogni operatore dell’informazione.

Senza Bavaglio

Un busto del giornalista, libero muratore e antifascista Meoni donato dal Goi e dal Rsi alla Fondazione Paolo Murialdi. Alla cerimonia il direttore della Fnsi Tartaglia, il segretario nazionale Lorusso e il presidente della Fondazione

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