L’ipotesi di rinnovo contrattuale firmata dalla Fnsi con la Federazione degli editori (sulla quale non pare in vista finora un referendum, quindi potrebbe essere un “pacchetto” chiuso) rappresenta una sconfitta per il sindacato dei giornalisti e un arretramento per l’intera categoria. Accantonata ogni ambizione di adeguare alla realtà della professione di oggi il contratto nazionale, dimenticati i colleghi delle televisioni, il web, le nuove figure professionali sempre più escluse dal perimetro del contratto giornalistico, la Fnsi ha trattato con gli editori senza partire da alcuna piattaforma o linea guida condivisa e riconoscibile. Il riserbo più plumbeo è calato non, come sarebbe logico, sul tavolo di trattativa ma sugli obiettivi della nostra delegazione sindacale.
Il risultato è oggi sotto gli occhi di tutti: l’accordo non realizza nessuno degli impegni congressuali assunti alla dirigenza della Fnsi, peggiora le condizioni di lavoro e retribuzione della categoria e minaccia l’equilibrio finanziario dell’Inpgi.
L’unico pretesto per giustificare l’intesa sta nella contemporanea definizione degli impegni del Governo per il comparto dell’editoria. Finanziamenti diretti, ammortizzatori sociali, incentivi per le assunzioni, equo compenso: materie che palazzo Chigi aveva comunque la responsabilità di affrontare e che potevano ben essere discusse con il sottosegretario Lotti indipendentemente dalla precipitosa firma su un contratto che rischia di aggravare la crisi occupazionale e professionale dei giornalisti italiani.
Nel merito:
– cancellando per il futuro la “ex fissa” la contrattazione ha inseguito i desideri degli editori, per di più creando una inaccettabile discriminazione generazionale a danno di una larghissima parte di giornalisti contrattualizzati, non solo i più giovani, che non la avranno o ne incasseranno una quota risibile;
– per quanto riguarda l’occupazione, non c’è nessun tipo di meccanismo per garantire l’efficacia dell’adozione di agevolazioni e sgravi contributivi. La solita “verifica sull’andamento del mercato del lavoro” rischia di risolversi in una beffa annunciata;
– sul mercato del lavoro, l’ingiustificabile introduzione del sistema dell’apprendistato professionale, mette un “giovane” giornalista, che spesso è già passato per università, master, stage ecc. di fronte a 66 mesi (sì, sessantasei, ovvero cinque anni e mezzo) di stipendio depotenziato. Un nuovo incentivo alla espulsione dalle redazioni dei colleghi cosiddetti “garantiti”;
– salario d’ingresso e “sconti” contributivi estesi ai contratti a tempo determinato rappresentano una inspiegabile rinuncia a legare almeno alla creazione di occupazione stabile i nuovi aiuti agli editori e i nuovi sacrifici imposti ai giornalisti: in questo modo la categoria e l’Inpgi si avviano a una crisi irreversibile;
– in questo quadro, il dato che gli editori, che hanno qualche problema di contenzioso giudiziario in essere e potenziale, avessero bisogno di una sorta di “sanatoria” di una parte dei Co.co.co., poteva aiutare, e molto: poteva rappresentare un obiettivo da scambiare con l’evidente necessità dei giornalisti di cancellare dall’orizzonte della categoria, o di limitare a casi eccezionali e rigidamente regolati, questa forma di lavoro parasubordinato, della quale gli editori hanno ampiamente abusato. Invece anche questo obiettivo pare mancato, ed è difficile sfuggire alla sensazione che non sia stato neppure perseguito;
– Per il lavoro autonomo, l’obiettivo di limitare gli abusi diffusi degli editori introducendo norme a difesa della dignità e dell’autonomia professionale di migliaia di colleghi si è tradotto nella legittimazione dello sfruttamento selvaggio. Uno sfruttamento che rappresenta un’arma nelle mani degli editori per indebolire ulteriormente la posizione dei giornalisti collocati nelle redazioni e in prospettiva ridurne ulteriormente gli organici.
Tutto questo non accade per caso: è frutto di una gestione della Federazione ostinatamente separata dalla realtà della categoria: anni nei quali il gruppo dirigente ristretto del sindacato, forse anche perché troppo impegnato nella gestione di una infinita sequela di ristrutturazioni e crisi aziendali, non è stato in grado di elaborare una piattaforma adeguata all’era digitale. Anni in cui si è deliberatemente evitato di proporre alla Commissione nazionale contratto della Fnsi, convocata saltuariamente per sottoporla a inutili sedute di autocoscienza catastrofistica, una qualunque traccia di lavoro per la scrittura di un possibile nuovo contratto. Anni di Consulte nazionali dei Cdr dedicate alla convegnistica, alle conferenze degli “esperti” e a una sorta di induzione dei colleghi alla depressione forzata. Anni di pervicace rifiuto dell’ascolto anche del contributo delle Associazioni regionali, alcune delle quali hanno prodotto proposte, critiche, stimoli a un dibattito che invece è stato chiuso, povero, lontano dai problemi reali dei giornalisti dentro e fuori dalle redazioni.
Tutti sappiamo che l’economia è in crisi e il nostro settore sta subendo grandi cambiamenti e il drammatico ridimensionamento di ogni realtà produttiva: dalle grandi testate quotidiane, alle tv locali, alle radio, al web sempre più terra di nessuno e dello sfruttamento senza regole. Nessuno sogna il ritorno di una improbabile “età dell’oro” né vagheggia un impossibile “autunno caldo” della categoria.
Ma oggi, semplicemente, i giornalisti hanno bisogno di un sindacato che sia fatto dai giornalisti: quelli che lavorano nelle redazioni, che hanno ancora un contatto con la realtà produttiva dell’industria editoriale, che conoscono l’inadeguatezza del vecchio Cnlg a governare l’era delle tv, del digitale, del precariato diffuso.
Un sindacato che va liberato il più possibile dalle dinamiche paralizzanti e immutabili delle componenti, che rischiano di ridursi a poltronifici che fossilizzano la categoria e impediscono lo sviluppo di una nuova solidarietà fra tutti i giornalisti, necessaria perché la Fnsi torni ad avere un suo punto di vista, una sua piattaforma per il futuro. Qualcuno se la sente di negare che la dinamica delle componenti abbia contribuito a creare carriere parallele interminabili nel sindacato, nell’Ordine e nelle istituzioni della categoria? C’è qualcuno che non veda il distacco, il disinteresse, la sfiducia di tanti colleghi nei confronti del sindacato? C’è qualcuno che se la sente di respingere la protesta dei cosiddetti “freelance”, che in Italia freelance davvero non lo sono mai, se non per una ristretta minoranza, e che vengono sfruttati oltre ogni limite dagli editori anche per rendere progressivamente superfluo il lavoro dei giornalisti regolarmente contrattualizzati?
Oggi è a rischio il futuro del sindacato dei giornalisti, e spetta ai giornalisti riprendere in mano la prospettiva:
l senza dare regole più stringenti sui precari e il lavoro autonomo, il lavoro dipendente è destinato a una progressiva, incessante riduzione, indipendentemente dall’andamento economico delle aziende. E’ quindi un interesse di tutti, “garantiti” e non, creare un sistema di regole e di strumenti sindacali di controllo sull’abuso del lavoro autonomo;
l senza ricondurre all’interno del contratto giornalistico le diverse professionalità, vecchie e nuove, che nelle tv (Rai in testa) e nel maremagno dell’informazione digitale gli editori escludono dai trattamenti contrattuali regolari, non esiste salvezza possibile per l’Inpgi: di manovra in manovra, di ritocco in ritocco delle aliquote contributive (per non approfondire qui le vicende ancora da chiarire che riguardano alcune scelte gestionali forse imprudenti), intere generazioni di giornalisti continueranno ad essere spremute solo per garantire una stabilità a breve termine dei conti dell’Istituto, destinata a tranquillizzare soprattutto chi alla pensione è già arrivato o è vicino a raggiungerla;
l senza tornare ad ascoltare la voce dei colleghi, senza ricostruire un rapporto democratico, inclusivo, partecipato con la categoria, la Fnsi rischia di ridursi ad essere il curatore fallimentare dell’editoria italiana, una sorta di consulente per la riduzione del danno prodotto dalla incapacità degli editori di progettare un rilancio del settore che passi attraverso l’innovazione e la tutela della qualità e del valore dell’informazione;
Per dire NO al pessimo contratto firmato dai vertici Fnsi e SI’ alla ricostruzione di un sindacato di tutti i giornalisti liberato dalla gabbia delle vecchie componenti, per la ricostruzione di una piattaforma agile per un contratto che difenda il presente e prepari un futuro non fallimentare della categoria, organizziamo una assemblea nazionale aperta: a Roma il 5 luglio, presso l’Opera romana pellegrinaggi, in via della Pigna 13/a.
Per aderire: perunanuovafnsi@yahoo.it
Facebook: Per un sindacato dei giornalisti https://www.facebook.com/groups/1443973525855373/
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