Abbiamo detto diverse volte che in Italia (l’ho ha scritto anche l’Ue nel rapporto sulla corruzione) i costi delle cosiddette grandi opere sono un multiplo di quelli delle corrispondenti opere realizzate all’estero. L’ultimo scandalo emerso, quello di Venezia, ci fornisce indirettamente la prova di questa constatazione se solo si contano il numero degli arrestati (35) e degli indagati (100). Ci risparmiamo i commenti su quest’altro scandalo vergognoso emerso il giorno dopo che l’Istat ha comunicato che quasi il 50% dei giovani non trova lavoro, anche perché a furia di volta stomaco ci sta venendo l’ulcera; segnaliamo all’attenzione dei lettori solo la dichiarazione di Fassino secondo il quale il Sindaco di Venezia è “persona per bene”. In uno sfascio simile l’unica cosa che un politico di rango nazionale ritiene di dover dichiarare riguarda la difesa di un arrestato, lo schifo dei fatti in sé non suscita alcuna riflessione. La distanza dalla gente di questi politicanti è ormai siderale. Anche in questo caso vale quanto dicemmo a proposito della dichiarazione del presidente dell’Abi in merito all’arresto di Berneschi: non si sa se prevalga la malafede o l’idiozia.
Vogliamo invece spendere qualche rigo in più per cercare di capire attraverso quali meccanismi, in una situazione ipotetica ideale, i costi delle grandi opere potrebbero “moltiplicarsi”. Allora cominciamo con i responsabili politici. Normalmente in una grande opera vengono coinvolti
– Ministero (ne ipotizziamo solo uno. In media 3 quote: il ministro più due sottosegretari)
– Regione (in media 5 quote: presidente giunta, due assessori, capo gruppo maggioranza, capo gruppo opposizione)
– Provincia (in media 5 quote come regione)
– Comune (in media 5 quote come regione, sostituendo il sindaco al presidente)
In totale siamo già arrivati a 18 quote. Va però rilevato che in Italia il processo per approvare e realizzare una grande opera è molto lungo e nel frattempo le persone che ricoprono quelle cariche cambiano. In particolare se dividiamo in tre fasi la realizzazione dell’opera, approvazione del progetto, stipula dei contratti di appalto, pagamento delle fatture, e ipotizziamo che per ogni fase abbiamo dei responsabili diversi dobbiamo moltiplicare 18 x 3 e quindi arriviamo a 54 quote. Veniamo ora ai partiti:
– Partiti (in media 16 quote: 2 partiti di maggioranza e 2 di opposizione per 4 livelli, comunale, provinciale, regionale, nazionale. In questo caso l’eventuale cambio di maggioranza incide solo sulla % di competenza di ognuno, maggiore per chi governa e minore per l’opposizione)
– Segretari di partito (in media 4 quote, 2 di maggioranza e 2 di opposizione, ipotizzando che le segreterie siano più “stabili” dei governi nazionali e locali e che riguardino solo la dimensione “locale”).
In totale i partiti fanno altre 20 quote che sommate alle 54 precedenti fanno 74 quote.
Poi ci sono i vari funzionari che a diversi livelli e in diversi enti “vedono” quello che sta accadendo e quindi devono essere tacitati: vogliamo pensare che siano almeno altre 10 quote? E così giungiamo a 84 quote.
Ma dopo tangentopoli si è ritenuto opportuno cercare di non sporcarsi direttamente le mani e così si fa largo uso di faccendieri, e infatti si sente spesso dire che “questa volta è diverso perché sono i singoli che si arricchiscono”, sarà pure vero, ma i soldi alla fine arrivano sempre ai politici. Vogliamo mettere che siano almeno altri 10 questi faccendieri? E così arriviamo a un totale di 94 quote.
Ora, ipotizziamo che la media (c’è chi prende di più e chi di meno) delle mazzette sia il 3%, arriviamo a una percentuale del 282% (94 x 3): ecco che il costo della grande opera si è già quasi quadruplicato. A questo punto bisogna aggiungere che l’impresa che paga, sia per il rischio che corre di essere scoperta, sia perché vede che ormai li ha tutti in mano, aumenta almeno di un altro 30% il costo reale delle opere, ricarico che distribuisce anche ai propri dirigenti e funzionari che “hanno visto” e devono tacere. E quindi siamo arrivati a + 312%, e il costo si è quadruplicato. Segnalo che il 3% non deve essere considerato alto perché noi l’abbiamo rapportato al costo reale che a questo punto è un quarto del fatturato. Se rapportiamo il 3% al fatturato effettivo vediamo che diventa lo 0,75%. Forse per questo un arrestato di un recente scandalo diceva al telefono “noi prendiamo solo lo 0,80%”.
Abbiamo dimostrato come il costo di una “grande opera” potrebbe quadruplicare, come attestato da ricerche internazionali.
Leave a Comment