Speciale per Senza Bavaglio
Andrea Di Quarto
Milano, 27 gennaio 2025
L’hanno ribattezzata “norma anti-Report” o addirittura “norma anti-Ranucci”, ma in Rai i dirigenti dell’azienda parlano semplicemente di «ritorno alla normalità». Al centro delle polemiche, la recente circolare emanata dall’amministratore delegato Giampaolo Rossi, che stabilisce che ogni programma debba avere un capostruttura dedicato e che questa funzione non possa essere assegnata al conduttore stesso.
Normale, per i programmi di intrattenimento, non certo per quelli d’informazione che saranno così supervisionati da una figura al di sopra dei direttori e vicedirettori. Un censore? Diciamo che gli assomiglia molto. Gaurda caso: tra i conduttori al momento privi di questa figura di supervisione figura anche l’autore di Report, attualmente vicedirettore.
Nel caso specifico, Ranucci, a differenza di altri conduttori, come Alberto Matano e Milo Infante, che pure sono vicedirettori, non ha oggi un capostruttura. Lo ha avuto dal 2012 al 2020, poi però Ranucci fu nominato vicedirettore e quella figura decadde. Il programma al momento viene supervisionato un giorno prima della messa in onda dal direttore degli Approfondimenti, Paolo Corsini.
Il sindacato Usigrai ha sollevato la questione in un comunicato molto critico che indica che «il controllo editoriale sui programmi non sarà più nelle mani dei direttori di genere o dei conduttori, ma sarà affidato a delle imprecisate “strutture editoriali”». Usigrai si chied quale sia il loro scopo e come mai tale figura faccia la sua comparsa proprio adessso: «Si tratta di un controllo richiesto da politici o, peggio, da emittenti concorrenti, sui pochi programmi che ancora offrono informazione?».
In sostanza, il sindacato considera questa decisione un «attacco alla professione giornalistica», un modo per esercitare un maggiore controllo sull’informazione del servizio pubblico. Su questo punto, si sono schierati con Usigrai anche Sandro Ruotolo, responsabile dell’informazione del Pd, Dolores Bevilacqua del M5S, e i leader di Avs, Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni, i quali chiedono chiarimenti a Rossi.
«Non c’è nulla di normale nel mettere un controllore su programmi di informazione come Report che hanno, da sempre, un giornalista come autore e conduttore e oggi un direttore giornalista che supervisiona le puntate prima della messa in onda», denuncia Usigrai. «I vertici Rai, ingessati dalla politica che impedisce loro anche di nominare i direttori di testata, eseguono le direttive di chi non gradisce le inchieste giornalistiche. Spacciano per normale il controllo editoriale sui programmi di informazione che vogliono affidare a un non meglio identificato dirigente che dovrebbe dunque decidere su un prodotto che ha figure giornalistiche di vertice con le qualifiche necessarie per realizzare e controllare ogni puntata. La verità è che stanno commissariando spazi di informazione che non riescono a bloccare in altro modo».
Il sindacato di base non risparmia attacchi neanche ai colleghi di Unirai, l’altro sindacato, costituitosi di recente: «Non se ne accorge Unirai che infatti loda le iniziative dei vertici dell’azienda anziché occuparsi di chi ci lavora: colleghi giornalisti che si vedrebbero togliere da un amministratore la gestione della scaletta, degli ospiti, dei contenuti e delle redazioni».
E i vertici Rai? Minimizzano: «Ci assumiamo la responsabilità di fare ciò che per anni è stato trascurato». Stavolta, però non si tratta del solito attacco a Report. La vicenda potrebbe portare la Rai a perdere la storica trasmissione, uno dei baluardi della libera inchiesta giornalistica, in favore di La7 che, non è un mistero, da tempo corteggia Ranucci, grazie al quale andrebbe ulteriormente a conquistare spazio come rete d’informazione d’opposizione. Da non sottovalutare anche il fatto che Report è fatta da freelance, quindi il trasloco, anche da un punto di vista strutturale, non sarebbe affatto complicato. L’ipotesi di un addio della trasmissione di Sigfrido Ranucci a Rai3 per approdare a La7, insomma, è una ipotesi più che concreta.
Se tale ipotesi si concretizzasse per la Rai sarebbe l’ennesima beffa: perderebbe un programma prestigioso, pluripremiato e di ottimi ascolti e non si libererebbe affatto del “problema Report”, che anzi, con maggiore libertà di movimento potrebbe continuare a cannoneggiare le malefatte dei politici.
Andrea Di Quarto
andrea.diquarto@fastwebnet.it
Direttivo dell’Associazione Lombarda dei Giornalisti
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Le iconografie che illustrano gli articoli di Senza Bavaglio sono di Valerio Boni.
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