Ordine: interessi inconfessabili, antistorici e pressioni spingono verso il voto cartaceo

Speciale per Senza Bavaglio
Alessandra Fava e Tamara Ferrari
Milano, 9 febbraio 2021

Il 3 febbraio 2021 l’Esecutivo dell’Ordine ha comunicato ad alcuni consiglieri, riuniti per discutere le procedure del voto elettronico, che si voterà ad aprile solo in cartaceo. Il motivo è un decreto legge dell’anno scorso (n.137 del 28 ottobre 2020) che prevede 90 giorni per stilare il nuovo Regolamento sul voto online ed andare a elezioni. L’Esecutivo ha pure chiesto sull’argomento il parere di un primario studio legale,  che in sostanza ha consigliato di chiedere al Ministero di Giustizia di concedere altri 90 giorni prima di convocare le elezioni. Ma la crisi di governo ha consigliato al presidente Carlo Verna, pressato dal fatto che non ci sono i giorni tecnici per andare contro la legge, di fissare ora la data per le elezioni. I 90 giorni sono scaduti il 7 febbraio. Così mentre si forma (probabilmente) il governo Draghi, l’Ordine ha dovuto con urgenza convocare le votazioni: solo cartacee e per di più con il Covid ancora in agguato.

Per mesi ci siamo sentiti dire che eravamo noi quelli contro il voto online. Una BUGIA. Senza Bavaglio non è mai stato contro. Lo dimostrano diversi articoli e anche la nostra inchiesta sul voto elettronico delle ultime elezioni Inpgi (trovate le puntate sul nostro sito).

Quello che ci è chiarissimo è che senza regole certe su aspetti pratici e informatici si rischiano brogli e ricorsi. Infatti noi abbiamo caldeggiato: una piattaforma nazionale, lo spoglio nazionale, una task force con dei tecnici e dei notai in tutti i seggi. Insomma vogliamo regole chiare per un voto elettronico su una piattaforma nazionale, controllata e sicura. Invece, evidentemente qualcuno (guarda un po’) preferisce continuare con trucchetti e broglietti e siccome il nuovo Regolamento sul voto elettronico mette dei paletti e potrebbe richiamare alle urne più votanti di quelli solitamente frequentatori dei seggi fisici, questo qualcuno ha paura di perdere. Anzi ne è già sicuro. E quindi si richiama agli ordini di un ministero che non c’è più.

Senza Bavaglio è contro un voto manipolabile, in qualsiasi forma si voti. Senza Bavaglio vuole che vinca il migliore, che prenda più voti chi li ha veramente. Che non si possano taroccare i voti elettorali e che quindi l’autenticazione e l’identificazione del votante e lo spoglio avvengano in maniera trasparente e sicura. Peraltro questi sono principi democratici.

Il parere legale

Se si dovesse tenere veramente in aprile, il voto cartaceo avverrà a macchia di leopardo. Molte regioni e diversi comuni magari avranno focolai presenti. E ci saranno spese per sanificare i seggi.

Senza pressioni, l’Ordine avrebbe potuto benissimo rinviare la data delle elezioni miste (cartaceo e digitale). I tempi previsti da Invitalia (Agenzia nazionale per lo sviluppo del Ministero dell’Economia) prevedono infatti 90 giorni per fare la gara tra le piattaforme di voto elettronico, e scegliere il vincitore, e altri 45-60 giorni per Casagit Servizi (società, per altro senza alcuna competenza specifica nel settore, incaricata dall’Ordine) per allestire le procedure. Insomma si poteva andare al voto in modalità mista a giugno. Oppure accelerare il tutto dando l’appalto diretto a una piattaforma con il costo di 230 mila euro (il bilancio preventivo ne prevedeva 250 mila). Ma il tesoriere Marini ha fatto sapere che preferisce non firmare l’appalto diretto, anche a causa del clima di veleni che si è creato nella categoria riguardo a queste elezioni.

La decisione così improvvisa e l’accelerazione sul voto cartaceo deciso dall’Esecutivo dell’Ordine è una sconfitta. Sconfitta di chi ha lavorato per tre mesi per un voto elettronico e in modalità mista. Ma all’Ordine interpretano il comma 1 dell’art. 22 del Regolamento titolato “Norme transitorie” – “1.Il presente Regolamento si applica dalla data di disponibilità del sistema informatico” – come la possibilità di poter ancora utilizzare il voto cartaceo che invece non è più previsto. Infatti il Regolamento approvato dal Ministero è tutto impostato sul voto misto, cioè online e cartaceo insieme, oppure solo online, ma solo in casi straordinari (per esempio, se la pandemia rende assolutamente impossibile recarsi ai seggi). Qui, invece, puntando su un cavilletto, si fa passare la possibilità di ricorrere al solo voto cartaceo, quando proprio il decreto legge 2020 dei 90 giorni è nato per il voto elettronico negli Ordini professionali.

Senza Bavaglio, la Commissione giuridica della quale ha fatto parte Tamara Ferrari, l’Esecutivo allargato ad alcuni consiglieri, tra cui Alessandra Fava, e in generale molti consiglieri dell’Ordine Nazionale hanno lavorato per impostare un voto misto trasparente e democratico. Il Regolamento, approvato dal Ministero in tempi record, dice espressamente che il presidente regionale dell’Ordine dei giornalisti decide se procedere col voto misto (online e cartaceo) oppure ricorrere solo all’online. Il solo cartaceo non è più previsto da nessuna parte.

Qui sotto potete leggere il testo del  Regolamento steso e approvato dal Consiglio Nazionale dell’Ordine dei giornalisti lo scorso dicembre e approvato dal Ministero di Giustizia, che vigila sugli Ordini professionali, all’inizio di gennaio. La stesura del Regolamento è avvenuta con assemblee del Consiglio Nazionale interamente online e con 5 consiglieri che fanno riferimento a Controcorrente (gruppo sindacale che detiene la maggioranza in FNSI) dimessisi dal Comitato Esecutivo già a novembre. Vi lasciamo immaginare quindi le difficoltà di comunicazione.

Il testo finale ha un pregio: prevede paletti per l’identificazione e l’autenticazione del votante (codice fiscale, password su Pec e una terza password che si riceve sul telefonino al momento del voto). Quindi non si potrà votare per altri.

Questo è il testo del regolamento

Purtroppo, però, a causa delle prese di posizione dei rappresentanti della Consulta dei presidenti degli Ordini regionali e del doversi adeguare a una legge vecchia del 1963, senza poterla emendare, il Regolamento presenta parecchi difetti, che potrebbero anche generare storture e rischi di manipolazione del voto, mettendo quindi le stesse elezioni davanti alla possibilità di ricorsi. In sintesi:

1 – Manca una normativa sulla composizione di liste elettorali necessarie per permettere agli elettori di conoscere e individuare i candidati. E’ vero che, come previsto dalla legge del ’63, tutti gli iscritti sono elettori ed eleggibili: esiste solo un tempo minimo di iscrizione. Allo stato attuale, al momento del voto, ogni giornalista può votare il nome che preferisce nelle liste degli iscritti, a prescindere che sia candidato o meno. Tuttavia, oggi in regioni come la Lombardia gli iscritti sono 24 mila (8000 professionisti e 16 mila pubblicisti). Quando è stata varata la legge, nel 1963, i giornalisti in tutta Italia erano poche migliaia e bastava un volantinaggio davanti ai seggi per informare gli elettori. Con il voto online il seggio fisico verrebbe utilizzato solo da una minima parte degli aventi diritto al voto, e nelle regioni in cui la pandemia fosse ancora pesante si potrebbe votare solo online. Sarebbe quindi necessario avere delle liste di candidati, in modo che il votante sappia chi si propone, fermo restando il diritto di chiunque a candidarsi.

2 – Lo scrutinio: il voto online dovrebbe essere scrutinato nella sola sede nazionale, anche perché lo scrutinio è una questione di pochi minuti: si attiva inserendo delle password e praticamente esce dalla stampante un foglio PDF in cui risultano gli eletti in ordine decrescente. Noi perciò avevamo caldeggiato che lo spoglio si attivasse con una password data dai gestori della piattaforma a un ufficio centrale tecnico e una seconda in mano a un notaio. Solo mettendo in contemporanea, al momento dello spoglio, entrambe le password si sarebbe attivato il processo. Questo sarebbe servito a impedire qualsiasi spoglio intermedio e qualsiasi accesso al database dei voti espressi.

Purtroppo, il Regolamento ha invece introdotto delle storture. Lo spoglio avverrebbe con una password attivata dall’Ufficio centrale nazionale e una seconda che verrebbe inserita dal presidente del seggio regionale solo al momento dello spoglio. Ma chi conserverà in maniera sicura questa seconda password? Avrebbe dovuto farlo un notaio per ciascuna regione. Ma la legge vigente non prevede notai nei seggi elettorali e alcune regioni si rifiutano di utilizzarli (adducendo come motivazione anche i costi). Invece risulta che da anni regioni come la Toscana – ha addirittura un notaio per ogni seggio, compresi quelli secondari – e la Lombardia prevedano i notai.

Ma senza un notaio e un tecnico a vigilare sul corretto andamento delle operazioni, chi ci assicura che lo scrutinio non sia a rischio manipolazione? Chi ci assicura che, quando il sistema ha prodotto il PDF dei voti espressi, un presidente di seggio, se in cattiva fede, non possa procedere a modifiche a video, creando un secondo PDF?

A nostro avviso, per evitare questo inghippo servirebbe che, oltre agli spogli regionali, se ne facesse anche uno di controllo nell’Ufficio elettorale centrale, la cui sede sarà a Roma. Ciò permetterebbe di avere un doppio controllo sui voti presi dagli eletti e di verificare se lo spoglio nazionale e quelli regionali corrispondono. Si impedirebbe che chiunque abbia la possibilità di manipolare il documento dello spoglio online, che è un PDF modificabile. Ma questo nel Regolamento non c’è.

Noi di Senza Bavaglio, che siamo per un voto trasparente e non manipolabile, avevamo anche chiesto che ci fosse una sorta di Task Force centrale (per altro prevista da linee guida stese dal Consiglio d’Europa, che ha fatto uno studio approfondito sul voto online in diversi Paesi). Tale gruppo centrale sarebbe composto anche da un tecnico informatico giurato che controlla tutte le procedure prima, durante e dopo il voto e quindi è in grado di vedere che il voto online non sia stato manipolato. Le manipolazioni, infatti, avvengono sul sistema e lasciano traccia.

Controcorrente sta cavalcando il voto cartaceo semplicemente perchè teme il voto online. Forse ha paura che vadano a votare molte più persone di quelle “controllabili”? Certo, con un voto allargato e democratico, e, soprattutto, con regole sicure e trasparenti, potrebbero cambiare molte cose. Forse a votare non sarebbero più i “soliti” giornalisti, ma il numero degli elettori potrebbe salire parecchio e, di conseguenza, dalle urne potrebbero uscire risultati non preventivabili. Ma è il bello della democrazia. Noi di Senza Bavaglio saremmo ben felici se, per una volta, tanti colleghi approfittassero del fatto di poter votare da casa o dalle redazioni per partecipare in massa a queste elezioni. Ma, evidentemente, non tutti la pensano come noi e, invece, di riconoscerci la nostra apertura, approfittano delle nostre battaglie, a favore di un voto online sicuro e trasparente, per accusarci di essere contro il voto elettronico. Perché rigirare la frittata, si sa, è sempre più facile.

Alessandra Fava e Tamara Ferrari
Consigliere Ordine Nazionale

 

Riceviamo dalla Segreteria dell’Ordine Nazionale e pubblichiamo

GIORNALISTI, TEMPI TROPPO STRETTI PER IL VOTO TELEMATICO. ELEZIONI IN APRILE SOLO IN PRESENZA SE LA LEGGE NON CAMBIA

L’obiettivo del Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti resta il rinnovo degli organismi anche col voto telematico oltre che con quello in presenza ma la legge prevedeva la formale convocazione delle elezioni e così sono state indette nelle date a partire dal prossimo 11 aprile (a seguire 18 e 25 aprile per gli eventuali ballottaggi).
Abbiamo fatto il nostro dovere di gestori di ente pubblico rispettando una norma incongrua che consente di introdurre il voto telematico fissando però termini inosservabili, come è stato precisato in un autorevole parere dottrinale.
Ora ci aspettiamo che altrettanto faccia il legislatore correggendo le storture che ha determinato e consentendo – se vuole essere coerente con se stesso – di procrastinare il voto, come accaduto nel recente passato senza pandemia e senza una novità storica come il voto telematico.
Riteniamo che sia un diritto acquisito per i giornalisti di potersi esprimere nelle urne virtuali senza essere costretti a spostarsi da un capo all’altro della propria regione di appartenenza, visto che sempre la normativa vigente consente di allestire non più di tre seggi fisici.
Risolta, ci auguriamo presto, la crisi di governo, auspichiamo un’adeguata diretta interlocuzione col Ministro della Giustizia competente a proporre urgenti soluzioni legislative, dopo aver già preso contatti con i sempre disponibili Uffici di via Arenula.
L’aver indicato la data delle elezioni costituisce, nell’auspicio dell’Ordine, una soluzione-ponte per consentire l’intervento normativo senza violare la legge attualmente vigente, appena dopo aver appreso dalla società di committenza pubblica che i tempi per arrivare, tramite procedura negoziata, alla disponibilità della piattaforma unica avrebbero superato quelli in termini di diritto disponibili. E’ stata quindi per impossibilità giuridica, in attesa di una nuova normativa, sospesa anche la firma della convenzione con Invitalia, che l’Ordine ringrazia per la preziosa collaborazione istituzionale.
Il voto telematico va riconquistato per una seconda volta, ma come avrebbe detto il grande Massimo Troisi: “Ricomincio da tre” ovvero la legge che lo prevede, il regolamento costruito e votato in tempi record dal Cnog, lo stesso regolamento approvato dal Ministero vigilante e pubblicato sul Bollettino ufficiale. Si ricomincia naturalmente dal buon senso e dalla forza delle ragioni.

 

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