Licenziato l’ex direttore del personale: autunno bollente alla Mondadori

Speciale per Senza Bavaglio
Valerio Boni
Segrate, 2 ottobre 2020

In una partita a scacchi capita di dover sacrificare uno o più pedoni; talvolta può essere necessario immolare anche la regina per cercare di mettere in scacco matto l’avversario. Così anche Mondadori la scorsa settimana ha rinunciato a uno di quelli che erano stati gli uomini chiave nella partita contro i giornalisti iniziata nella primavera 2013. La prima mossa, per dirla con le parole dell’AD Ernesto Mauri, può essere identificata con «l’ingresso in azienda un team di persone di una società specializzata con il compito di analizzare il funzionamento del nostro Gruppo e dei suoi flussi organizzativi, al fine di ridurre tutte le linee di costo per liberare risorse da destinare al sostegno delle attività core e agli investimenti necessari per lo sviluppo».

Andrea Camera, licenziato senza troppi complimenti rispettando lo stile consolidato di questa azienda, non era la regina, ma nemmeno un semplice pedone. Come direttore del personale, o Director of Human Resources (Digital, Magazines, Advertising, Operations & International Activities), posizione che ha occupato dal 2011, ha contribuito a sfoltire molte redazioni e a generare a ripetizione lunghe liste di esuberi che ancora oggi rappresentano un tesoretto per l’azienda, che li fa fruttare con i ricchi proventi degli stati di crisi. In questo ruolo ha retto fino in fondo il gioco (talvolta non propriamente limpido) dell’azienda, partecipando in prima persona alle udienze in tribunale, testimoniando contro i giornalisti.

Dal 2018 il suo incarico è stato trasformato in Director of Human Capital & Innovation di Mondadori Group, ha perso il contatto diretto con le redazioni, ma mantenuto la gestione del capitale umano. Un termine che esprime il reale valore di un personale in costante calo, spesso considerato allo stesso livello di rifiuto solido urbano, che tuttavia continua a portare indirettamente importanti flussi di capitali, non ultimo quello del contributo di 200 milioni in piena emergenza Covid, condizionato dall’accettazione di una cassa integrazione con benefici a senso unico. Naturalmente nella direzione della società.

Non bisogna tuttavia cadere nel tranello di pensare che l’uscita di scena di chi ha di fatto “giustiziato” più di un collega possa rallegrare o essere interpretato come il segno della giustizia divina. Si tratta, al contrario, di un segnale che testimonia come con il cambio di stagione sia ufficialmente iniziato quello che già da qualche mese si annunciava come un autunno torrido per i lavoratori di Segrate. Le quarantene hanno solo rallentato il piano di riduzione incondizionata dei costi, che procede inesorabilmente. Non hanno impedito la chiusura di Spy e Il mio Papa, i rami secchi che non hanno trovato editori disposti a rilevarli, nemmeno a condizioni estremamente favorevoli, e nemmeno fermato il licenziamento di un collega sfruttando l’unica finestra lasciata libera tra i due decreti che li congelavano.

La risoluzione del rapporto con Andrea Camera inaugura una nuova fase, che porterà nuovi tagli. Difficile dire da dove si partirà, perché i filoni sono diversi. Quel che è certo è che il primo obiettivo sarà quello di consolidare i livelli retributivi raggiunti con la cassa integrazione. In fondo se le testate sono uscite regolarmente durante l’emergenza, vuol dire che bastano meno ore (o a scelta meno persone) per chiudere un numero, di conseguenza il taglio prossimo al 40 per cento degli stipendi può diventare la nuova base. Con buona pace per chi ha lavorato da casa ben oltre gli orari stabiliti, senza rispettare i giorni di riposo imposti dal regime di cassa, e le festività.

C’è anche un altro argomento che sta prepotentemente diventando attuale: il problema dei grafici. Mondadori è stata una delle prime aziende a riconoscere il contratto giornalistico a chi impagina, ma ora quel costo è considerato insostenibile, quindi si lavora a piani che mirano a scorporarli, trovando soluzioni alternative. L’obiettivo è chiaramente quello arrivare ad affidare l’impaginazione a service esterni, che garantirebbero pacchetti chiavi in mano a costi sensibilmente inferiori. Oltre a poter garantire a qualcuno vantaggi economici “non contrattualizzati”.

Un altro possibile terreno fertile è quello dei cambi di periodicità. Gli esperimenti delle uscite quindicinali di Grazia durante l’emergenza non possono essere considerati casuali, ma veri e propri test. Senza preoccuparsi più di tanto di quelli che potrebbero essere gli effetti sulle vendite, il dimezzamento delle uscite in un anno porterebbe in primo luogo in dote il 50 per cento in meno di spese di carta, stampa e distribuzione. E la redazione? Le possibilità sono due: metà persone, oppure lo stesso organico con uno stipendio dimezzato. A questo punto si aprirebbe una nuova campagna di esodi incentivati, la politica che Mondadori e altri editori hanno scoperto essere un nuovo business, grazie a un espediente messo in atto con la tacita approvazione dell’Inpgi. Ma di questo torneremo a parlare molto presto

Valerio Boni
valeboni2302@gmail.com

 

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