Gazzetta, non si uccide così un grande giornale: e la FNSI sta a guardare

Cristiana Cimmino

Speciale per Senza Bavaglio
Cristiana Cimmino
Roma, 14 gennaio 2019

“Non ti chiedere per chi suona la campana. Suona anche per te”. Parafrasando Ernest Hemingway, si può dire che ogni volta che muore un giornale , quella campana a morte suona per tutto  il mondo dell’informazione. E di questi tempi la fine di un quotidiano sembra non stupire più nessuno. Eppure quando finisce un giornale è un danno per tutti i suoi lettori. E ora mi trovo a ripercorrere la storia della Gazzetta del Mezzogiorno, dove lavoro da circa 20 anni, passo dopo passo, verso il baratro che oggi si trova ad affrontare un quotidiano che da 130 anni è una delle voci più importanti del meridione d’Italia.

Oggi la Gazzetta si trova ad affrontare l’ora più buia della sua storia centenaria, colpita al cuore da una vicenda giudiziaria che poco gli appartiene e sulla quale non entrerò in dettagli. Ma una certezza è che ora, amministrata da commissari nominati dall’autorità giudiziaria, la Gazzetta rischia di vedere estinta la sua voce, che da tanto tempo accompagna la vita di Puglia e Basilicata e anche dell’intero Mezzogiorno.

Un organo di informazione non è un’azienda qualunque e non può essere trattata come un’azienda che produce occhiali da sole o guanti in pelle. Un giornale produce pluralità e democrazia. E’ una voce che non può essere spenta soltanto perché un editore viene indagato dalla magistratura.

I commissari che ora si trovano ad amministrare la Gazzetta sembrano non capire una cosa tanto semplice eppure tanto difficile. Un giornale non appartiene a nessuno se non ai suoi lettori. Sono loro che pagheranno il prezzo più alto, insieme ai miei colleghi, giornalisti, poligrafici, impiegati  Sono in gioco centinaia di posti di lavoro. Ma soprattutto è in gioco il diritto ad essere informati di milioni di uomini e donne del Sud. Un Sud mai come ora penalizzato da una politica cieca e sorda ai suoi reali bisogni.

Sono loro, i quattro lettori di manzoniana memoria, quell’esercito di persone anonime che spinge la grande ruota della storia, che perderanno ancora una voce, nel panorama nazionale di un’informazione sempre più imbavagliata. Gli editori puri, non esistono più da molto, molto tempo, sostituiti da imprenditori che poco hanno a che vedere con l’editoria. E la politica si fa sempre più aggressiva con i giornalisti. Come dimostra anche il recente taglio dei finanziamenti all’editoria, che mette in pericolo le piccole testate, preziose per la pluralità dell’informazione.

In questo contesto si inserisce ora la vicenda della Gazzetta del Mezzogiorno che non rischia di essere ridimensionata ma di scomparire del tutto. I giornalisti sarebbero pronti a sacrificare parte dei loro compensi per la sopravvivenza del giornale. Ma fino ad oggi non hanno ricevuto sostanziali rassicurazioni. E non possono rischiare senza la contropartita che è la salvezza della testata.

La storia della Gazzetta comincia a imboccare una strada in discesa circa 15 anni fa, quando viene chiusa, senza nessun motivo di natura economica, la redazione romana, situata a piazza San Silvestro, in quella sala stampa italiana, che ospitava le redazioni dei giornali che non avevano a Roma la sede centrale. Quella sala stampa oggi non esiste più, perché le redazioni romane dei giornali in questione, da Mattino al Resto del Carlino, dalla Nazione al Gazzettino di Venezia, hanno chiuso una dopo l’altra.

Dai giornalisti e da tutti i lavoratori della Gazzetta del Mezzogiorno arriva un grido di allarme che riguarda tutto il mondo dell’informazione, piegato dalla crisi dell’editoria e da norme sempre più sconsiderate dettate da politici che ormai comunicano via social, scavalcando i giornali, dando alla gente l’impressione di essere diretti e sinceri, mentre cavalcano l’onda lunga del populismo imperante.

Vorrei invitare tutti i colleghi sindacalisti, a cominciare da noi di Senza Bavaglio, a spezzare una lancia a favore della Gazzetta, prestando la propria voce alla campagna “salviamo la Gazzetta”, con proposte, idee, anche testimonianze di ognuno di noi. Tra breve ci sarà il congresso della Federazione Nazionale della Stampa. E deve risuonare anche lì questo grido di allarme che giunge dal più importante quotidiano del Mezzogiorno. Un pezzo della storia del nostro Sud.

Perché non si uccide così un grande giornale, che non è patrimonio di pochi burocrati e qualche giudice, che non è solo una proprietà editoriale, una qualsiasi azienda da salvaguardare.  Leviamo forte la voce di un sindacato che non vuole più essere auto-referenziale quanto cieco e sordo ai veri problemi della categoria.

La FNSI si sta occupando della vicenda Gazzetta, almeno dal punto di vista formale.  Qualche comunicato, convocazioni di tavoli mai aperti, solo parole vuote. E nemmeno tante come si può constatare andando sul sito del nostro sindacato “unico”. E dove era la Federazione della stampa in tutti gli anni che hanno portato alla rovina della Gazzetta?  La Federazione guidata da anni da un segretario che alla Gazzetta del Mezzogiorno è cresciuto professionalmente e la stessa Assostampa locale, hanno guardato dall’altra parte durante oltre un decennio di prepensionamenti a raffica, di depauperamento della foliazione di quello che è stato il più grande quotidiano del Mezzogiorno.

Ma la leadership di questo sindacato unico dei giornalisti ci ha abituato alle grandi assenze più che alle sostanziali presenze. Ma noi, esponenti di un sindacato che sia davvero dei giornalisti, leviamo alta la nostra voce contro questo omicidio.La morte di un giornale, che è patrimonio di tutti noi, operatori dell’informazione ma anche di chiunque abbia a cuore una democrazia sempre legata alla pluralità della comunicazione.

Cristiana Cimmino
Redattore in prepensionamento della Gazzetta del Mezzogiorno
Sindaco supplente dell’INPGI
Senza Bavaglio
twitter @sbavaglio

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