Giorni contati per l’Ordine: FNSI erede naturale (ma senza soldi)

Romano Bartoloni
Roma 19 settembre 2018

Autunno caldo per un  giornalismo da tempo alle corde sotto i duri colpi di una crisi occupazionale senza sbocchi dietro l’angolo, con un precariato dilagante, sfruttato e umiliato, con un’editoria alla ricerca di identità e di improbabili sostegni dallo Stato, con un digitale dominante e che non fa sconti a nessuno. Peraltro, la rivoluzione elettronica ha stravolto la distinzione e i confini fra informazione e comunicazione. Oggi i poteri, a cominciare dallo stesso Papa e dal presidente americano Trump, con il contorno delle cosiddette fonti di informazione, hanno scoperto come aggirare la mediazione giornalistica con il fai da te della notizia preconfezionata e in presa diretta con il pubblico tramite i social, Twitter, you tube ecc.

Secondo un recente rapporto dell’INPGI, l’istituto di previdenza dei giornalisti, il sistema Paese ha retto malgrado tutto, viceversa al giornalismo è andata peggio con la perdita del 15,14% degli occupati. Nel quadro fornito sia dall’ente sia, di recente dalla Corte dei conti, la situazione della categoria fa drizzare i capelli. Sono scesi a 15.156 i rapporti di lavoro dipendente con una riduzione di 3mila posti in 5 anni (900 solo nell’ultimo). Mentre lo stato di disoccupazione è diventato irrecuperabile, di contro è scoppiato il boom delle pensioni erogate dall’Inpgi, 9.398 quasi raddoppiate nell’arco degli stessi anni.

Se questa è la situazione, il giornalismo così come è cresciuto per decenni, è abbandonato sull’ultima spiaggia. A peggiorare il clima di tempesta, incombe la spada di Damocle del governo da subito ai ferri corti con la stampa e che ha sferrato il suo ultimatum alla categoria con in testa i tagli dei finanziamenti pubblici e, innanzitutto, l’eliminazione dell’Ordine professionale. Un’intimazione perentoria ad autoriformarsi in extremis oppure a scomparire. Giorni contati per un Odg già azzoppato da quando ha perso la ragione principale della sua ultracinquantennale esistenza, il controllo della disciplina deontologica, che mal governa la formazione mal rispettata e poco fatta rispettare, e che ha subito un drastico ridimensionamento della governance (il Consiglio nazionale ridotto da 150 componenti a 60) con i pubblicisti messi all’angolo nonostante rappresentino la stragrande maggioranza degli iscritti all’albo professionale.

Quale credibile aggiustamento potrebbe comportare l’autoriforma alla quale stanno lavorando con buona volontà i vertici dell’Odg? Sarà in grado di frenare i pregiudizi e la determinazione abolizionista del governo Lega-M5S? Quale alternativa è possibile offrire? Rinserrare i ranghi intorno agli ultimi dinosauri della specie (i professionisti ex art. 1 del contratto si sono ridotti a 11mila!), eventualità più probabile, o scendere dagli ormai inutili piedistalli corporativi e  aprire porte e finestre al nuovo mondo dei comunicatori, ai freelance sottopagati e sfruttati, insomma a quanti si sacrificano sulla loro pelle nelle trincee del duro lavoro senza garanzie e tutele. Fra le ipotesi al vaglio, la soluzione francese che tessera giornalisti soltanto coloro che esercitano il mestiere in base a un contratto di azienda editoriale, e che perdono le credenziali quando finiscono a spasso.

Nella maggioranza dei Paesi europei, come Spagna, Germania, Olanda, Grecia, non esiste un ordine professionale come da noi. Dal febbraio 2013 la novità che può cambiare le carte in tavola. È in vigore pure nel nostro Paese una legge di stampo europeo che disciplina le libere professioni. Anche senza più l’Ordine nato nel 1963 e retaggio del fascismo, i giornalisti resterebbero professionisti a tutto tondo con la possibilità di aderire alle associazioni professionali previste dall’art. 2 della legge 4/2013, come potrebbe essere la FNSI.

La Federazione Nazionale della Stampa Italiana, già oggi primo attore nella difesa delle ragioni economiche, contrattuali e sindacali del giornalista, ne diverrebbe l’erede naturale ed assumerebbe una posizione preminente dal punto di vista deontologico, della formazione e della tenuta dell’albo degli iscritti. Nessun rischio correrebbero INPGI e Casagit che continuerebbero la loro funzione con un semplice ritocco statutario. La professione, il ruolo sociale del giornalista, e, soprattutto, la libertà di informazione non subirebbero alcuna manomissione come ci vorrebbero far credere le cassandre. Proprio in questi giorni, il Capo dello Stato Mattarella ha ricordato come la stampa credibile e libera tuteli la democrazia.

Nell’epoca della comunicazione senza frontiere, dove tutto viene portato da tutti nella pubblica piazza digitale, non sarà certo un Ordine in affanno, anche se dovessero venire i marziani a riformarlo, a tutelare la professionalità del giornalista, a promuovere l’accesso senza assalti alla diligenza, a garantire il diritto/dovere di cronaca, a salvaguardare la qualità dell’informazione, a combattere con successo  contro le leggi liberticide, a salvare la categoria dalle decimazioni, a scongiurare la sconfitta del giornalismo libero e indipendente.

Romano Bartoloni

Nota:
La FNSI ormai è senza soldi, le iscrizioni dimuiscono vertiginosamente, INPGI e Casagit che la finanziano (grazie proprio ai conratti firmati negli anni scorsi dalla FNSI, non navigano in buone acque. Non è semplice affrontare e risolvere il problema. Se l’Ordine non si assottiglia da sè verrà condannato a morte dalla storia.

s.b.

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