DIFFAMAZIONE/Riforma sparita

Siamo da mesi e mesi in piena trattativa con gli editori e il governo per il rinnovo del contratto nazionale di lavoro. Eppure la Federazione Nazionale della Stampa, cioè la FNSI, si è ben guardata dall’affrontare l’importantissimo tema della riforma del reato di diffamazione. Tema finito in qualche buco nero, ma importantissimo per vari motivi. Vediamo quali.

E’ da 5 anni, cioè dal 2009, che la stampa italiana è considerata non libera, ma solo semilibera dall’ organismo che si occupa di valutare la salute della libertà di stampa nel mondo e ne stila la relativa classifica ( http://it.wikipedia.org/wiki/Libertà_di_stampa_(rapporto_Freedom_House). L’organismo si chiama Freedom House, ma nonostante l’assonanza con la berlusconiana Casa delle Libertà non via ha nulla a che spartire. In attesa della pagella per il 2014, l’anno scorso l’Italia era penultima tra i 25 Paesi dell’Europa Occidentale. Nel 2008 eravamo solo al 65° posto nel mondo, ma la nostra stampa veniva ancora definita libera.  Il peggioramente è dovuto anche alla progressiva scomparsa degli editori cosiddetti puri, che di mestiere fanno cioè solo gli editori e non anche i banchieri, gli industriali, i palazzinari, i finanzieri, ecc, che usano i propri giornali per fare meglio gli affari loro,

La situazione, già di per sé brutta, è destinata a peggiorare se non si pone mano a una legge sulla diffamazione a mezzo stampa che riformi decisamente la situazione attuale. Come? Evitando che il reato sia considerato di tipo penale, perseguibile cioè anche con condanne al carcere, ed eliminando la possibilità delle querele pretestuose. Le querele pretestuose sono quelle presentate al magistrato solo per intimidire l’autore di un articolo chiedendo mega risarcimenti anche quando in realtà le basi per la querela non ci sono. Sotto quest’ultimo profilo, basterebbe fare come in Inghilterra: chi sporge querela senza fondati motivi viene condannato a risarcire lui il querelato, e con cifre multiple di quelle pretese dal giornalista preso di mira.

Nel BelPaese però, dopo l’avvio con la fanfara lo scorso ottobre dell’esame sui progetti di riforma, su questo importante argomento  è calato il silenzio. Ed è un peccato che la  FNSI, sindacato nazionale dei giornalisti, nel corso delle lunghe trattative per il rinnovo del contratto nazionale di lavoro non abbia sollevato a gran voce (anche) questo problema. Poiché le trattative, non ancora concluse, hanno come interlocutori sia la federazione degli editori,, la famosa FIEG, che il governo, quale occasione migliore per far notare a questi interlocutori l’assenza di una legge non punitiva? E quale occasione migliore per sedersi a un tavolo con loro per mettere a punto insieme una buona proposta di riforma? In definitiva, si tratta di un argomento che riguarda direttamente anche gli editori e che, come tutte le proposte di leggi e di riforma, ha come interlocutore il governo.

Per esprimere le loro preoccupazioni per la perdurante mancanza della riforma della diffamazione a mezzo stampa, hanno scritto una lettera al direttore del Corriere della Sera personaggi di rilievo internazionale: Dunja Mijatović, rappresentante OSCE per la libertà dei mezzi d’informazione; Nils Muižnieks, commissario del Consiglio d’Europa per i diritti umani, e Frank La Rue, relatore speciale delle Nazioni Unite per la libertà di stampa.  Tutti e tre raccomandano la depenalizzazione e un argine contro la richiesta di risarcimenti di fatto solo intimidatori.

 

Pino Nicotri
(Direttivo della Lombarda Senza Bavaglio)

 

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