Senza Bavaglio
Milano, 12 ottobre 2018
La prova è stata fatta qualche mese fa a Tu Style e Confidenze. Ora – come peraltro avevamo pronosticato noi di Senza Bavaglio – è venuto il momento di Panorama. I redattori saranno chiamati a implorare la Mondadori di ridurre loro lo stipendio in media del 45 per cento (ciò vuol dire che ci saranno punte di oltre il 50) per essere venduti a Belpietro. E’ già previsto un facsimile della lettera che sarà sottoposta ai redattori perché la sottoscrivano.
Tutti – tranne la redazione – hanno fretta di chiudere, soprattutto azienda e sindacato perché se l’attuale dirigenza della Lombarda dovesse perdere le elezioni di fine novembre le cose potrebbero non andare così lisce e il patto non scritto tra Mondadori e Lombarda salterebbe, con il risultato di allontanare la vendita di Panorama a Belpietro. Panorama resterebbe così in mano a Mondadori con stipendi inalterati e nessun azzeramento delle qualifiche. Ricordiamo che se Panorama perde (ma il solo taglio dell’esercito di collaboratori esterni basterebbe a ripianare la perdita), la Mondadori è in attivo e stima di chiudere l’anno con un discreto utile: quindi, non si capisce bene perché è stato avallato uno stato di crisi sui circa 200 giornalisti dei periodici (contratto di solidarietà) in un’impresa tutto sommato solida. (Sono i risultati del nefasto contratto che il sindacato difende a spada tratta).
L’intimidazione verso la redazione dello storico settimanale della Mondadori si sta concretizzando – come già sperimentato a TuStyle e Confidenze – e si può riassumere nell’adagio: “O mangi questa minestra o salti dalla finestra”. Ovviamente non è così.
Una sorta di ribellione ai diktat dell’azienda si evince dal comunicato del CdR nel passo in cui scrive: “Le clausole imposte dalla società acquirente non sono previste dalle norme per la cessione del ramo d’azienda e non sono mai state applicate ad alcuna vendita di testata della Mondadori”. Mentre la presa di posizione del sindacato nazionale è più cauta o meglio, meno esplicita: “FNSI, Lombarda e Romana pronte a sostenere redazione e Cdr in ogni sede”. In ogni sede cosa significa: anche in tribunale?
Speriamo di sì, visto che quando si trattò di sostenere i colleghi di Tu Style e Confidenze il sindacato si rifiutò di rivolgersi ai giudici e anzi minacciò di abbandonare a se stessi i colleghi che intendevano seguire i consigli degli avvocati di Senza Bavaglio. I legali avevano preparato un dossier sulle violazioni che sarebbero state commesse se le due testate fossero state vendute a un fantomatico acquirente croato. I colleghi che non volevano firmare la lettera di riduzione del proprio stipendio e di azzeramento delle qualifiche furono intimiditi perché una delle clausole poste dall’azienda prevedeva che la vendita sarebbe stata sospesa soltanto se tutti i redattori avessero firmato la lettera di autoriduzione dei compensi. Trionfante il sindacato tuonò: “Abbiamo salvato i posti di lavoro”. (“La prossima volta salveremo i posti di lavoro pagando l’editore per lavorare”, sottolineò un collega non scostandosi eccessivamente dalla realtà).
E rimane senza risposta una domanda: quali sono le clausole imposte dalla Mondadori? Sì, sono state lette nelle riunioni dei fiduciari, ma non sono state ancora messe nero su bianco dall’azienda. Se dovessero essere concretizzate in una lettera, non vorremmo che rimanesse segreta. Questa era stata una richiesta dal management della Mondadori accettata supinamente dal sindacato che rifiutarono di consegnarla ai colleghi, che così non furono in grado di approfondirla, discuterla e se è il caso di inoltrarla ai propri avvocati per un parere. La richiesta di tenere riservata una lettera di questo genere, secondo gli avvocati di Senza Bavaglio, è inopportuna oltre che illegale.
Un sindacato da rispettare non tiene nascosti ai propri iscritti dettagli così importanti che coinvolgano pesantemente la vita dei colleghi. E’ un imperdonabile errore informarli solo a voce.
L’arrendevolezza del sindacato dei giornalisti si è testata ieri quando a Panorama è stato proclamato uno sciopero immediato.
Perché è stato proclamato solo a Panorama e non in tutta l’azienda? Si è dato per scontato che il resto della Mondadori non avrebbe sospeso il lavoro per solidarizzare con una redazione percepita privilegiata rispetto alle altre?
Forse è così. Anche se Senza Bavaglio ha raccolto sollecitazioni da giornalisti di altre testate rimasti delusi per la mancata proclamazione di uno sciopero totale. Inoltre in quel momento erano presenti nel palazzo della Mondadori due dirigenti nazionali del sindacato, Anna Del Freo e Guido Besana, e il segretario della Lombarda, Paolo Perucchini. Non sono capaci di andare redazione per redazione, scrivania per scrivania e ordinare ai colleghi di alzarsi e tornare a casa? Sarebbe stato un modo per ridare dignità ai colleghi e un senso al sindacato stesso.
La proposta di ridurre gli stipendi del 45 per cento è ignobile. Ma ancora più ignobile è il ricatto di rinunciare in modo definitivo alle voci di busta paga collettive (integrativo/aziendale) e individuali (ad personam o forfettizzazione di straordinari) in barba a ciò che prevedono le norme per la cessione di un ramo d’azienda.
In che mondo viviamo? Il tema è serio e riguarda l’intera categoria. Il mercato è cambiato, è in crisi da 10 anni e tanti gruppi editoriali sono in stato di crisi, solidarietà e/o cassa integrazione. In alcuni casi, anche a percentuali elevate (30 per cento e oltre). E magari, come la Mondadori, con i bilanci in attivo. Perché, poi, gli editori non fanno la guerra a quanti “rubano” i contenuti senza pagarne i diritti invece che ai giornalisti che li producono? E perché il mantra del taglio vale solo per il costo del lavoro giornalistico e mai per i bonus dei manager?
Stavolta però è diverso: si tratta della compravendita di una testata che per anni è stata il vessillo politico di Mondadori, utilizzata per la campagna elettorale di Silvio Berlusconi. E ora è arrivata l’offerta di un ex direttore di Panorama che si è trasformato in editore, lanciando il quotidiano La Verità con una formula intelligente e vantaggiosa (per lui): pochi redattori assunti e molti collaboratori miseramente pagati. Costi fissi al minimo, costi variabili elevati ma appunto variabili.
Ora Belpietro vuole comprare Panorama (che vanta ancora più di centomila lettori fra copie vendute in edicola, abbonamenti e accessi digitali) forse per dare un brand più forte alla sua offerta commerciale. Ma la redazione di Panorama lavora con il contratto nazionale: è composta da 24 giornalisti regolarmente assunti. Una sproporzione enorme rispetto alla ristretta redazione de La Verità.
Una sfida industriale di non poco conto, visto che La Verità ha chiuso con un utile di poche migliaia di euro, mentre Panorama perde 2,5 milioni. Quindi è difficilmente sostenibile, nel breve e nel medio-lungo periodo, come investimento. Certo nei bilanci di Panorama la voce collaboratori è altissima perché comprende compensi che non hanno odore di giornalismo ma piuttosto di favori politici o di altro genere. Ma di questi non si parla mai.
Da qua il desiderio di Belpietro di tagliare il costo – elevato – della redazione. Solo che arrivare al 45 per cento in meno, significa poi spaccare il mercato e avviare un vortice nel quale poi tutti gli editori vorranno entrare tagliando gli stipendi di pari livello.
Ecco, diciamo che il “virus” di questa operazione potrebbe espandersi a tutto il mercato. Con la constatazione che gli editori tagliano – ricordate i 5 giorni di sciopero annunciati a Repubblica e i 10 a L’Espresso – senza investire, in personale, formazione, innovazione, tecnologia e quant’altro.
Il danno di questa eventuale cessione a prezzo di saldo è questo: avviare un circolo vizioso che finirà per penalizzare solo la forza lavoro.
Senza Bavaglio
@sbavaglio
P.S. Forse sarebbe bene anche cercare di capire perché da un lato la Mondadori spende milioni di euro per ripianare gli oltre 8,4 milioni di euro di perdite de Il Giornale (di cui possiede il 39 per cento), dall’altro prova a potenziare, con la vendita di Panorama, un quotidiano rivale e con una linea editoriale “salviniana” come La Verità. Piuttosto curioso, non è vero?
Leggiamo sulla pagna Facebook di Beppe Ceccato (quindi vicepresidente della Associazione Lombarda dei giornalisti (ormai siamo a Bisanzio, tutti generali) la risposta del CdR della Mondadori. La riportiamo per intero, come si deve a un giornale che pubblica i diversi pareri. Lasciamo ai nostri lettori la valutazione di quello che scrivono i sindacalisti della casa editrice di Segrate.
Ecco il testo della loro risposta:
Va bene fare opposizione e dimostrarsi gli #untidelsignore… il cinquestellismo fa proseliti e paga a stretto giro, ma a tutto c’è un limite ed è giusto che il sindacato risponda a continue, inutili provocazioni…
BASTA FANGO SUI GIORNALISTI DELLA MONDADORI!
Abbiamo letto sul sito di Senza Bavaglio l’ennesimo attacco ignobile contro il CdR e i giornalisti della Mondadori. Una valanga di fango e falsità che, se personalmente ci desta solo pietà e ribrezzo, rappresenta comunque un attacco intollerabile. È disgustoso che si fondi una campagna elettorale sulla pelle di colleghi che stanno cercando esclusivamente, attraverso il loro sindacato, di difendere il posto di lavoro e il loro salario.
Per questo motivo, subito prima di rituffarci nel nostro lavoro sindacale, che da mesi ci costringe a una vita d’inferno, assediati da un’azienda mai così ostile e – a quanto pare – da colleghi esterni ancor più in malafede degli editori, comunichiamo che ci riserviamo la possibilità di agire in ogni sede nei confronti del collega Massimo Alberizzi, non escluso il ricorso agli organi disciplinari di categoria, a tutela della nostra reputazione personale e sindacale e a tutela degli interessi di tutti i colleghi Mondadori.
Il CdR Mondadori
Segrate, 19 ottobre 2018