Non è un buon segno che all’assemblea dei comitati di redazione, convocata dalla Lombarda per permettere al segretario generale della Fnsi, collega Franco Siddi, di fare il punto della situazione per quanto riguarda il rinnovo del contratto nazionale di lavoro, la partecipazione non sia stata numerosa neppure in una situazione occupazionale così drammatica e che abbiano parlato solo 6 membri di CdR.
Non è un buon segno neppure che non ci sia stato nessun membro di CdR del Corriere della Sera (né di altre importanti testate della RCS), del Gruppo Repubblica-L’Espresso e della Mondadori. Tutto ciò significa che l’appeal del sindacato e più basso che mai, e comunque non all’altezza della situazione.
Non potrebbe essere altrimenti, data la mancanza, nel bilancio del sindacato da anni a questa parte, di capacità di previsione e colpi d’ala, idee innovative e risultati concreti positivi per le tasche e per l’occupazione.
Certamente non ci si può illudere che in un’epoca di crisi prolungata come quella attuale, nella quale i diritti dei lavoratori sono sotto attacco ovunque, i giornalisti possano rimanere fuori dalla tempesta. Però desta sorpresa l’ottimismo mostrato da Siddi nel dichiarare che il prossimo contratto, in arrivo forse prima di luglio, “sarà un contratto di tenuta ma anche di avanzamento”.
Beh, per quanto riguarda la tenuta, dopo la serie di debacle che hanno visto un impressionante numero di colleghi perdere il lavoro la tenuta ha l’aspetto del prendere atto delle batoste prese.
Per quanto riguarda l’avanzamento, Siddi ha parlato di un contratto in grado di “salvaguardare i diritti fondamentali del lavoro giornalistico, della libertà e della dignità dell’informazione, unendoli alla possibilità di includere nel sistema nuove energie – gli irregolari, rendendoli regolari e visibili – nonché di fare “pulizia e di offrire opportunità alle imprese di fare i conti con un sistema che si può rimettere in moto piuttosto che stare a contemplare le bellezze o le brutture del passato”.
Parole che come è facile capire restano piuttosto sul generico, sull’enunciazione di bei princìpi. Per quanto riguarda il concreto, per fare accettare quelle che hanno tutta l’aria di altre forche caudine imposte dagli editori Siddi ha agitato lo spauracchio del rifiuto da parte della Fieg di continuare a fare esistere il contratto nazionale anziché puntare solo sulla contrattazione aziendale (e personale).
Spauracchio che deve basarsi su una realtà purtroppo esistente se è vero, come ha detto Siddi, che vari editori preferiscono uscire dalla Fieg.
Insomma, siamo al “O mangi questa minestra o ti butti dalla finestra”, oltre che al “chi ha avuto ha avuto, chi ha dato ha dato, scurdammoce ‘o passato, simm’e Napule, paisà!”.
Siddi conta molto sulla presidenza del consiglio che conceda finalmente i sospirati 120 milioni di euro di provvidenze alla stampa, spalmati, se ho capito bene, su tre anni.
Ecco qui, c’è da fare una prima osservazione. Le provvidenze pubbliche agli editori – cioè i soldi regalati dallo Stato agli editori – esistono da molto tempo, ma NON hanno evitato la catastrofe in atto. Cosa garantisce, quindi, che evitino altre catastrofi? A differenza che in Italia, in Germania lo Stato concede sì aiuti in danaro alle aziende di tutti i tipi, ma poi infila un suo uomo nei consigli d’amministrazione delle aziende beneficiate per controllare che uso si fa dei quattrini ricevuti, che non devo essere un regalo per le saccocce dei signori editori e annessi manager, ma investimenti produttivi.
Se l’Italia avesse fatto come la Germania, avrebbe tra l’altro evitato che gli Agnelli si sedessero sugli allori, o meglio sui nostri quattrini, anziché imparare a far fare alla Fiat auto migliori e intascare nei propri conti correnti all’estero parte del malloppo.
Idem per quanto riguarda gli editori: che uso fanno dei nostri soldi regalati loro dal governo, visti i pessimi risultati raggiunti? Investimento o speculazione? Investimento o lucro privato?
E’ dal convegno nazionale dei comitati di redazione tenuto a Roma all’hotel Ergife nel 2005 che vado proponendo che all’editore che riceve in dono soldi pubblici sia affiancato un controllore per vedere che uso venga fatto di tali quattrini. Ma il sindacato ha sempre fatto orecchie da mercante. Più sordo di un muro di marmo. Rinnovo la proposta oggi, purtroppo a macerie fumanti. Il controllore potrebbe essere nominato dal governo magari tra i giornalisti dei giornali beneficiati.
E a proposito di proposte inascoltate, vale la pena riproporne una che se non ricordo male feci addirittura al congresso della Fnsi di S. Vincent. Da quando abbiamo cominciato a cedere sulla figura dell’inviato, di fatto abolita sostituendola con quella dell’inviato a tempo, destinato cioè a rimettersi seduto in redazione, il sindacato è sempre arrivato DOPO. Dopo i cambiamenti man mano imposti dagli editori o, se si preferisce, dal progresso.
Ci siamo fatti sorprendere dalla flessibilità, a base di co. co. co. e collaboratori “a progetto” quasi sempre in assenza di un progetto che non sia il solo evitare di assumere a tempo indeterminato. E ci siamo fatti sorprendere da Internet e dalla multimedialità. Perché? Perché pur essendo composto da giornalisti il sindacato è stato, e continua a essere, incapace di capire come si evolve il mondo delle comunicazione, dell’informazione e del giornalismo.
Non sarebbe meglio istituire una commissione, magari mista con la Fieg, che tenga d’occhio le evoluzioni di questi settori in modo da poter capire in anticipo quali modifiche nella produzione dell’informazione? Studiare il settore, tenersi informati, non permetterebbe di intuire e capire in anticipo quali figure professionali nasceranno e quindi proporle per tempo nelle redazioni e nei contratti nazionali? Non sarebbe meglio dell’arrivare DOPO? Non sarebbe meglio cioè del vedersi imporre le novità col solito terrorismo dell'”o mangi questa minestra o ti butti dalla finestra”?
Altre domande. A cosa servono i vari viaggi all’estero, con annesse spese, che i vertici sindacali fanno anche fuori dall’Europa se non per tenersi aggiornati e informati? A cosa servono i non pochi convegni, incontri, riunioni et similia, con centinaia di partecipanti e annesse spese, degli istituti della nostra categoria se non si cerca di capire e prevedere il futuro mettendo a frutto le previsioni?
Ultima annotazione: per troppo tempo l’Inpgi è stato usato anche come mucca da mungere per i comodi degli editori, dai contributi ai disoccupati ciclici – trucco usato anche dalla Rai per evitare o ritardare al massimo l’assunzione in regola – alle defiscalizzazioni per tentare di favorire le assunzioni. La mucca ormai però non ha più latte superfluo. E continuando così le si consumeranno anche le mammelle. Dopodiché la catastrofe sarebbe completa.
Vogliamo arrivare a questo o vogliamo evitare di arrivarci?
Pino Nicotri
Senza Bavaglio
Consigliere della Lombarda
twitter @sbavaglio
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