Mi giunge ora un comunicato dalla mailing list del coordinamento delle scuole secondarie su un’aggressione fascista a Roma, vittime alcuni studenti che stavano volantinando. L’ennesimo comunicato delle scuole, mi stanno bombardando. Ed io non so più dove, per chi scrivere. O meglio lo faccio, gratis, perché voglio continuare ad essere un megafono di ogni denuncia, di ogni ingiustizia. Ma non credo che il mio mestiere sia solo questo, credo che sia anche ricerca, approfondimento, verifica.
Credo che sia un lavoro di scavo, anche. Non solo “stare sul pezzo”, e sfangare la giornata. Il tempo per tutto questo si traduce nella possibilità di lavoro. Non dovrei neanche dover scrivere “tutelato”. Dovrebbe essere un pleonasmo.
Invece io sono ferma a prima di “tutto questo”, mentre l’Ordine non mi guarda neanche in faccia, però è capace di aprire un “procedimento disciplinare” perché mi sono resa “responsabile di fatti che compromettono gravemente l’esistenza e il funzionamento dell’Ordine”. Cioè non ho ancora pagato la quota dell’anno corrente (un’assassina, praticamente).
Dunque mi trovo disoccupata, con una cig dell’inps (devo impugnare il licenziamento), e nel frattempo l’organismo che per primo dovrebbe fare i conti con la drammatica situazione in cui versano i suoi aderenti, si limita semplicemente ad autotutelarsi. Senza contare che è un organo di autogoverno, quindi dovremmo avere tutti voce in capitolo, cominciando con il far valere “da dentro” l’art.2 della legge 69/63.
Firenze invece mi ha dato la misura che anche qui siamo di fronte alla necessità di una trasformazione di fondo. Perché il vero cambiamento passa attraverso la capacità di rimettersi in discussione dai fondamenti, aprendo porte e finestre a chi reclama ascolto e perequazione dei diritti.
Mentre ho visto solo usci socchiusi, e con la catenella. Alcune proposte fatte, che avrebbero permesso l’avvio di una seria discussione nel merito, non sono state accolte. La prima riguarda la vigilanza e la possibilità di sedere ai tavoli anche da parte dell’Organismo di base di cui parla Alessandra, la seconda è la proposta della progressività delle quote, in ragione delle possibilità di ciascuno (mututata dall’articolo 53 della nostra Costituzione).
Aspetti che riguardano tanto l’Ordine quanto la Fnsi. Invece ho visto più disponibilità al confronto con la Fieg che non all’accoglienza di proteste, polemiche, rabbia, dei tanti di noi a buon diritto incazzati neri. La stessa liquidazione degli interventi correttivi della Carta ne è il segno, mentre contemporaneamente si ripeteva che “è solo il punto di partenza della discussione”.
Questo ha fatto sì che anche la terza delle proposte, che entrava nel merito del lavoro nero e sottopagato, sia stata ignorata. Riguardava la necessità di invertire le parole del punto dell’art 2 in cui si dice di “non impiegare quei colleghi le cui condizioni lavorative prevedano compensi inadeguati”.
Licenziamenti certi, insomma, a meno di non scrivere: “non impiegare compensi inadeguati per alcuna condizione lavorativa che riguardi colleghi”. In tutto questo ci azzecca davvero poco la discussione sul fatto che “siamo troppi”. E’ un’altra questione, ed è un’altra sede, e riguarda la formazione. In questo ambito sa di snobismo, sa di protezione della casta. Che si riduce appunto, all’autotutela dei dirigenti, e dei garantiti. Una riproduzione in scala di quanto il governo manda in scena ogni giorno.
Non è questo quello che vogliamo. Io pretendo un’autentica perequazione dei diritti, ed un’autentica presa in carico del problema da parte dei nostri organismi. Ma sono convinta che questa sia direttamente proporzionale alla nostra capacità di autorappresentarci con un nostro organismo, capace di costituire una forza in grado di inchiodarli alle loro responsabilità.
Anna Maria Bruni
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