CARTA DI FIRENZE/Un passo avanti e due indietro

Reduce dalla convention di Firenze, il 7 e l’8 ottobre, stanco e perplesso, penso al presidente Mao e alla sua convinzione rivoluzionaria che più grande è il disordine sotto il cielo più la situazione è eccellente.

Per fortuna, mi dico, Mao non c’era Firenze, altrimenti si sarebbe ricreduto. Perchè se è vero che a Firenze si sono celebrati gli Stati Generali del precariato nel giornalismo ed è stata un’ottima cosa –  ma è vero anche che i risultati di questa due giorni sono stati piuttosto miseri ed hanno ingenerato da un lato false illusione e dall’altro pericolose contrapposizioni.

Vado per ordine, sperando in tal modo di chiarirmi anche io le idee:

1) La tanto osannata Carta di Firenze, che l’Ordine dei Giornalisti dovrebbe a breve ratificare, rischia secondo me di restare carta straccia – come buona parte dei documenti approvati dalla nostra categoria per il semplice fatto che il suo oggetto, il precariato nella nostra professione, è materia che attiene poco alla deontologia professionale (cioè all’Ordine) e molto alle relazioni industriali (cioè alla FNSI).

2) Retorica a parte, l’unica vera novità inserita nella Carta di Firenze – come sottolineato più volte dal Presidente dell’Ordine, Enzo Iacopino – sono le sanzioni da comminare ai colleghi contrattualizzati che vengono meno all’obbligo morale di tutelare il precariato e la dignità di chi lo subisce. Un’assurdità , a mio avviso, che confonde la causa con gli effetti, rischiando di innescare una pericolosissima guerra interna alla categoria, quando invece servirebbe un nuovo Patto di Solidarietà fra giornalisti contrattualizzati e giornalisti indipendenti, per mettere con le spalle al muro gli editori, che il precariato lo incentivano e anzi ci costruiscono le loro fortune. Non è il capo-servizio che schiavizza il precario, tutt’al più chiude un occhio o si limita a fare il lecchino dei suoi capi . Ma gli ignavi vanno messi in Purgatorio e non all’Inferno.

3) Oltre che aberrante, questa via disciplinare al socialismo giornalistico è anche impraticabile. A mano di non voler premiare gli infami e le denuncie anonime, sarà infatti difficile stabilire precise responsabilità a livello individuale. E con la mafia che governa molti Ordini regionali, a pagare finiranno per essere i soliti sfigati, senza protezione. Accetto scommesse.

4) Il Sindacato intanto tace. Anche perchè il suo unico, vero obiettivo, in questa fase e l’ha ammesso, a denti stretti, anche Natale, intervenendo a Firenze –  è di evitare che la legittima incazzatura dei precari e dei freelance si esprima e si auto-organizzi al di fuori della FNSI. D’altronde loro, sono più della metà  di quanti praticano oggi la nostra professione. E perderli per il sindacato sarebbe un errore dalle conseguenze incalcolabili. Anche in termini di quote, cioè di poltrone e di stipendi. Meglio perciò rabbonirli e dar loro un osso, da masticare per un po’.

5) Restano per la Vandea dei precari tutta una serie di fantasmi, che a Firenze hanno fatto solo capolino e che finiranno per turbare il sonno di molti, finchè non verranno affrontati di petto. Ne elenco solo uno, che mi pare il più ingombrante. Il mercato editoriale italiano non sarà mai in grado di assorbire tutti quelli che aspirano a fare oggi questa professione. Questo è poco ma certo. Ed è inutile fare i massimalisti e alzare barricate. Vogliamo perciò adoperarci per stabilire criteri equi e regole certe in entrata, come si fa in tutte le altre nazioni, dove solo chi campa facendo il giornalista è considerato a tutti gli effetti un giornalista?

Ho esagerato un po’ ma è meglio provocare un dibattito sulle questioni vere che annegare nella retorica.

 

Amedeo Ricucci
Membro del direttivo di Stampa Romana
Senza Bavaglio

 

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