Il fronte del sì: 1) La contrattazione tra Fieg-Fnsi con il fondamentale apporto dell’Inpgi ha portato, in una fase di grave crisi strutturale del settore , alla ridefinizione ed estensione del sistema di protezione sociale dei giornalisti subordinati e autonomi, che viene ulteriormente rafforzato proprio dalle delibere emesse dall’Inpgi in questi giorni sui prepensionamenti (sono caduti gli abbattimenti). Elevato da 30 a 35 anni di contributi il requisito per l’applicazione dell’articolo 33 del contratto in caso di stato di crisi. Più cogenti le disposizioni concordate sugli stati di crisi.
Il fronte del no: Che siano più cogenti, le disposizioni sugli stati di crisi, è tutto da dimostrare. Invece, è già chiaro che aver accollato il costo degli esuberi allo Stato (invece che all’arcigno Inpgi) ha costituito una sorta di liberatoria per gli editori, che si sono affrettati – a trimestrali appena chiuse – a presentare piani di ristrutturazione da decine di licenziamenti e prepensionamenti. Il tutto per contenere i costi, senza minimamente porsi il problema della qualità dell’informazione, che dovrebbe invece crescere per fermare l’emorragia di copie dichiarata, ma spesso anche pilotata (alcuni gruppi hanno tagliato i costi della carta eliminando dal conto della diffusione di migliaia di copie gratuite, che in cassa non portavano nulla). Messaggero, Mattino di Napoli, Gazzettino, Gruppo Athesis, Corriere della Sera, Avvenire, Unità e molti altri giornali sono sottoposti a piani lacrime e sangue che la Fnsi ha deciso di lasciar combattere – avallando questo contratto – ai Cdr.
Il fronte del sì: 3) Tutti i giornalisti sotto lo stesso contratto: cancellato l’allegato N, che depotenziava il contratto per i giornalisti del web
Il fronte del no: Andatelo a dire ai 1.360 colleghi delle radio e tv private che hanno il contratto Aeranti-Corallo e ai freelance completamente dimenticati, che siamo tutti sotto lo stesso contratto. Quanto all’allegato N, che invece riguarda in tutta Italia circa 70 colleghi, ovvio che sia stato cancellato, altrimenti non sarebbe mai passata la multimedialità. Come si poteva pensare che un giornalista con contratto di serie A andasse a lavorare su piattaforma multimediale alle stesse condizioni dei colleghi con contratto di serie N? Ma non c’è solo questo: in realtà l’ inserimento nel “contratto quadro” era già previsto, semmai questo contratto sancisce un’ulteriore dilazione nell’equiparazione economica sul pagamento del lavoro domenicale e festivo (che sarà equiparato solo nel 2011). E poi, dall‘equiparazione dio questi colleghi, risulta esclusa dal computo dell’anzianità per gli scatti quella maturata fino ad ora!
Il fronte del sì: 4) La creazione del fondo di perequazione apre un ciclo virtuoso per la tutela delle pensioni rispetto all’inflazione.
Il fronte del no: Il fondo di perequazione pagato dai giornalisti in servizio con una trattenuta di 5 euro al mese dalle loro buste, che viene scalata dai 265 di aumento lordi, non copre neanche per un ventesimo le minori entrate previdenziali dell’Inpgi dovute alla riforma sugli scatti.
Il fronte del no. Precisione, per favore. Un disoccupato (se mai sarà assunto visto che nessuna norma del contratto obbliga gli editori e i direttori a pigliare disoccupati, a fronte della liberalizzazione quantitativa dei contratti a termine e della possibilità di arrivare addirittura a contratti di 48 mesi) sarà pagato come redattore +30 se avrà questa anzianità di iscrizione all’albo. Per quanto riguarda i contratti già stipulati, inoltre, non è stata prevista la retroattività della norma. Enrico ferri, vicesegretario della Fnsi, a Trento ha dichiarato: “Non è scontato che chi ha già un contratto a termine debba essere inquadrato come +30”.
Il fronte del sì 6) E’ stato elevato il parametro del minimo dei redattori di prima nomina dallo 0,71 allo 0,81 portando l’aumento da 190 a 214 euro mensili.
Il fronte del no. Bene, ma insufficiente. Intanto, non è un aumento strutturale, ma vale solo per i 30 mesi di qualifica. Coi nuovi minimi, si approfondirà invece il divario tra redattore – 30 mesi e redattore +30: al primo spetterà un aumento di 214,65 euro, al secondo di 265 euro. La differenza passerà da 495 a 546 euro. Lo 0,10 di parametro in più a 30 euro lordi in più di minimo contrattuale. E ci si è completamente dimenticati dei poveri praticanti, che coi nuovi minimi a regime da giugno 2010 percepiranno 723,80 euro (+95,06 euro), vedendo sempre più da lontano il redattore ordinario. Se col vecchio contratto la differenza retributiva tra le due qualifiche era di 1.150 euro, dal 2010 sarà di 1.294 euro. Bel patto generazionale!
Il fronte del no. L’aumento del 9,02% va spalmato su sei anni (quattro senza contratto, due con), non su due! Complimenti per la laurea in matematica. Inoltre, i 245 euro del 2001 incidevano anche sugli “scatti pregressi” per il 6% (e quindi quasi 15 euro a scatto; per chi aveva maturato 5 scatti erano 75 euro in più), mentre da ora in poi ciò non avviene.
Il fronte del no. E’ stato calcolato che, dalla ridefinizione degli scatti, in una carriera “in movimento”, un trentenne assunto oggi rispetto a un giornalista che va in pensione oggi (non prepensionato), la differenza con la riforma degli scatti può essere ragionevolmente indicata in 1 milione di euro. Non solo in stipendi decurtati, ma anche in pensione falcidiata.
Il fronte del sì 9) L’introduzione del distacco prevista dalla legge Biagi (art 30 dlg 10-7-2003, n. 276) è stata fortemente limitata, aumentando notevolmente le tutele per i giornalisti, e il Cdr potrà intervenire nella sua applicazione a livello aziendale come dispone l’art. 34 del contratto che non è stato modificato.
Il fronte del no: La Fnsi si è opposta per anni all’applicazione della legge Biagi alla nostra professione e ha fatto bene. Il distacco, nelle mani di questi editori-politici-finanzieri-industriali può diventare una pesantissima arma di ricatto nei confronti dei giornalisti che non si rassegnano a fare i cagnolini da compagnia. E i Cdr potranno fare ben poco, di fronte alla fabbricazione di motivazioni giuridicamente inappuntabili. La realtà è che questa opposizione doveva essere tenuta ferma. O almeno prevedere, come gli edili (sì, gli edili!), la volontarietà del distacco e un periodo massimo di sei mesi. Per inciso: in nessun contratto riguardante professioni intellettuali è previsto il distacco. Nel nostro invece si dice: “In considerazione della specificità del lavoro giornalistico”, come se la specificità non fossero l’indipendenza, l’autorevolezza e la qualità.
Il fronte del no: Accipicchia. Un mese per decidere se traslocare o licenziarsi. Ma sapete cosa avete firmato? Per il trasferimento sotto i 40 km non serve neppure un preavviso di due giorni. E non c’è alcuna spesa rimborsata.
Il fronte del no: Non è vero che i pubblicisti e i praticanti (che sono equiparati ai pubblicisti a tempo pieno) erano esclusi dall’assicurazione infortuni nel precedente contratto. Infatti il nuovo contratto abroga l’ultimo paragrafo dell’art. 38 precedente, che recitava: “Le aziende garantiranno la copertura assicurativa per infortuni professionali ed extraprofessionali ai pubblicisti a tempo pieno con polizza che preveda lo stesso trattamento” dei professionisti contrattualizzati. Venivano esclusi però i pubblicisti part-time. Il nuovo contratto estende la copertura agli art. 36 part-time. Ma non troviamo traccia nel contratto di un’estensione assicurativa ai collaboratori fissi (art. 2) e corrispondenti (art. 12) che semmai erano tutelati dall’obbligo di polizza dell’ultimo comma art.38, ora abrogato. Nel complesso, il nuovo art. 38 sembra peggiorativo. E non sono stati rivalutati i massimali, che restano quelli del 2001, nonostante un impegno nella nota a verbale precedente, che prevedeva una revisione.
Il fronte del no. L’autorevole membro della giunta Fnsi Enrico Ferri, ha spiegato a Trento che questa previsione è stata inserita perché gli editori avevano i problema delle cause di demansionamento relative ai capiservizio che non vogliono più usare come tali. E così intende queste carriere la Fieg: all’ingiù, non all’insù. Morale: le promozioni dei redattori ordinari a redattori esperti e senior non sono per nulla automatiche, né obbligatorie, ma dipendono dalla proposta di un direttore e dal sì dell’editore.
Il fronte del no. Verissimo, ma questo non dipende dal contratto, in quanto tale accordo era già stato siglato alla fine del 2008 ed entrato in vigore dal 1° gennaio scorso. E comunque, al solito, i freelance non vi rientrano. Serve un contratto da parasubordinato.
Il fronte del no: Si concede la possibilità ad editori impurissimi di avere ancor più di prima al loro servizio direttori, condirettori e vicedirettori fedeli ai loro interessi, invece che al dovere di informare i lettori-cittadini. Inoltre, l’indennità per il licenziamento dei vicedirettori è “fino a 12 mensilità” in più. “Fino” è un tetto massimo, non un obbligo del datore di lavoro a pagare. Il risultato: il vicedirettore, se licenziato, qualora non ottenesse il tetto massimo previsto dal contratto, dovrà andare in causa. La strada migliore sarà patteggiare sei mensilità in più, invece delle dodici…Non capisco invece cosa significa che si tratta di un’ulteriore ingiustizia verso chi può solo dimettersi in caso di trasferimento o distacco…Dire che bisogna votare sì perché i vicedirettori ricevono un’indennità se vengono licenziati, mentre prima non potevano essere licenziati, mi sembra folle….Questo documento dei dodici è una barzelletta!
C’E’ SOLO UN MODO PER DIFENDERSI: VOTARE NO AL REFERENDUM DEL 29 E 30 MAGGIO
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