Suonano beffarde le parole di uno dei dirigenti della FNSI captate dietro a una porta: “Dobbiamo organizzare il referendum in modo tale di vincerlo”. E così il 29 e il 30 maggio la consultazione “che chiamerà tutti i giornalisti ad esprimersi sull’ipotesi di accordo per il rinnovo del contratto firmata da Federazione Nazionale della Stampa e Federazione degli editori”, si svolgerà “per almeno 12 ore nell’arco dei due giorni e con le stesse modalità con i quali vengono eletti i delegati al congresso nazionale”.
Niente voto elettronico, quindi. Ci si dovrà recare al seggio e infilare la scheda nell’urna. Colleghi di Brescia, se volete esprimere il vostro no, per favore, preparatevi a venire a Milano, colleghi di Lecce e Foggia sappiate che dovete muovervi per raggiungere Bari e amici di Frosinone e Viterbo tenetevi pronti ad andare a Roma. Colleghi di tutte le redazioni preparatevi, anche se magari non lo avete mai fatto, ad andare a votare nella sede delle vostre associazioni regionali.
La dirigenza della FNSI invece di facilitare la partecipazione ha deciso di ostacolarla. Nel presentare le date del voto il segretario Franco Siddi, come riferisce l’ANSA, si è detto “convinto possa avere riflessi di merito. Occorrerà valutare le condizioni giuridiche. Sono anche convinto che un contratto clamorosamente bocciato non possa che avere come conseguenza l’assenza di un contratto collettivo”.
Mi permetto di contestare questa frase “un contratto clamorosamente bocciato non possa che avere come conseguenza l’assenza di un contratto collettivo”. Non è vero. Siddi sposa acriticamente la tesi degli editori. Intanto esiste il contratto del 1959 che ha forza e valore di legge e che quindi resta comunque in vigore.
Fabio Morabito, presidente dell’Associazione Romana dei Giornalisti, ha dimostrato essere ampiamente meglio dell’ipotesi attuale. Sulla scomparsa dei contratti successivi si deve poi discutere: non è né così chiaro né scontato che scompaiano senza lasciare traccia (come invece accadrà a questo sindacato, se i suoi dirigenti continueranno con i comportamenti autolesionisti e suicidi).
E infine – particolare non trascurabile – non vi sembra che se gli editori fossero così certi che si resta senza contratto – come sostiene Siddi – sarebbero loro stessi a non volerlo firmare? Sanno invece che quelle regole rovinose previste nella nuova ipotesi d’accordo non potrebbero essere utilizzate senza il sostegno politico del sindacato e senza un pezzo di carta (cioè il contratto) che possa loro consentire di applicarle senza problemi di sorta.
Mi sembra che sia poi assolutamente priva di qualsiasi senso l’affermazione secondo cui “il nuovo contratto bocciato potrebbe essere disdettato, ipotesi nella quale ciascun giornalista dovrebbe definire con il proprio editore le condizioni contrattuali”. La nuova bozza – e speriamo sia ancora solo un’ipotesi – infatti mira proprio a questo a lasciare nelle mani degli editori il bandolo della matassa. Il filo conduttore dei vari articoli è una sorta di ricatto continuo verso il giornalista che deve obbedire agli ordini – e scrivere quindi sotto dettatura del direttore – se non vuole essere penalizzato. Dunque sarà lui a decidere il suo destino: chi obbedisce sarà premiato, ai trasgressori non sarà assicurato neppure il mobbing!
Infine sorprende che Siddi, fine pensatore della politica sindacale, non abbia chiaro quale deve essere il valore del risultato di un referendum di questo tipo: in caso di bocciatura del testo di quella sciagurata ipotesi, la dirigenza della FNSI deve riaprire le trattative e risedersi al tavolo. Solo se ritiene di non essere in grado di portare a casa una diversa proposta, più decente, e solo in questo caso a suo insindacabile giudizio, deve presentare le dimissioni. Non è né un primo, né un secondo tempo congressuale. E’ solo una espressione di democrazia, un concetto – a quanto pare – difficile da comprendere tra i vertici della FNSI.
Massimo A. Alberizzi
Consigliere Nazionale FNSI
Senza Bavaglio
Consigliere Nazionale FNSI
Senza Bavaglio
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