Cari colleghi,
Il Direttivo del Sindacato Giornalisti del Veneto si è espresso a favore della bozza di ipotesi di rinnovo del Contratto nazionale, che dovrebbe essere siglata oggi, come da comunicato diffuso ai colleghi.
Due i voti contrari, il sottoscritto, Maurizio Paglialunga e il collega Elisio Trevisan.
Sono quindi a spiegarvi le ragioni del mio voto contrario.
Premetto che ad oggi, giorno dell’ipotetica sigla, non è dato conoscere una bozza di questo nuovo contratto. Ho vissuto tanti rinnovi di contratti, ma sono sempre state fatte circolare le ipotesi, poi oggetto di ampia discussione. Qui si vota un mandato a chiudere o meno il contratto sulla base di scarne relazioni verbali, in base un “prendere o lasciare” da oggi per domani.
Ma già queste poche informazioni verbali sono ampiamente sufficienti per formulare da parte mia un giudizio complessivamente negativo, sia per la parte economica che per quella normativa.
PARTE ECONOMICA – In base a quanto riferito, lo stravolgimento del meccanismo degli scatti, finora baluardo del potere d’acquisto e della dignità professionale, incide in maniera pesantissima sulle buste paga attraverso il combinato disposto della triennalità degli scatti e del congelamento di tutti gli scatti finora maturati e di quelli futuri, che saranno sì calcolati sul 6% del minimo, ma saranno immediatamente congelati e non più rivalutati. Tanto per essere chiari: uno scatto di un redattore ordinario nel 1986 valeva 55,41 euro, oggi anche quello – come tutti i successivi – è stato rivalutato a 144,16. Quindi con l’attuale contratto tutti gli scatti valgono 144,16 e vengono tutti rivalutati ad ogni aumento di minimo (anche per passaggio a categoria superiore). Col nuovo ipotetico contratto l’odierno scatto di 144,16 euro sarà di 144,16 anche tra 35 anni, a fine carriera. Un effetto esponenziale e devastante su una carriera. Tenete presente che gli scatti sono in parte alta della busta paga, e quindi incidono su tutto: domeniche, festivi, straordinari, tredicesima, tfr… e anche sulla pensione. Inoltre gli scatti diventano da biennali a triennali, salvo i primi 3. Si è detto: lo facciamo per i giovani. Ma anche i giovani pagheranno un prezzo molto alto, proprio perchè ogni scatto acquisito viene subito congelato: il giovane di oggi e anziano del futuro avrà bloccato il valore dello scatto al momento dell’acquisizione ed inoltre faticherà molto, per la triennalità, a superare i 10 scatti in carriera. Ribadisco che in 23 anni (dal 1986 ad oggi) il valore di ogni singolo scatto è passato, come detto, da 55,41 euro a 144,16. Rivalutazione che non avverrà più per tutti gli scatti in busta paga: ogni scatto avrà un “suo” valore e non sarà mai più rivalutato. Sia chiaro, a scanso di equivoci, e lo ripeto: gli scatti triennali (e anche i primi 3 biennali) che andremo a maturare in futuro sono calcolati come ora (6% del minimo+contingenza), ma non saranno più rivalutati, la cifra resterà tale anche dopo trent’anni o più. Una mazzata. Inoltre nell’immediato, con il nuovo contratto, su un aumento di 250 euro dei minimi contrattuali, un redattore ordinario con 10 scatti perde in un anno di mancata rivalutazione degli scatti 1239,36 euro, più 119,17 di tredicesima, più tutte le incidenze (domeniche ecc.) che derivano da una cifra in parte alta che non c’è più.
Mi si dice, ma dove vivi, non vedi la situazione economica mondiale? Certo che la vedo e per questo che dopo quattro anni di assenza del contratto nulla ho da dire su un aumento di 260 euro in due tranche, da cui vanno detratti i 77,88 euro di indennità di vacanza contrattuale. Bravi comunque gli editori a portarci alla firma dopo 4 anni nel peggior periodo dell’economia.
Ma c’è un altro aspetto da sottolineare, altrettanto importante: l’attuale meccanismo degli scatti dà forza a quei giornalisti che non vogliono piegare la schiena, in redazioni dove vengono sempre più richiesti yes-men disposti a tutto, anche sul piano deontologico, peraltro lautamente retribuiti in barba alla crisi economica.
PARTE NORMATIVA – Non ho ovviamente letto il dettato contrattuale, ma sono state illustrate ipotesi che fanno paura. Mi limito a due casi.
1) E’ previsto il distacco ad altra azienda del gruppo, fino a un massimo di 2 anni, senza limite territoriale “per comprovate esigenze aziendali”. Così, ad esempio, nel gruppo Caltagirone, con un preavviso pare di un paio di mesi, puoi finire a Roma, Napoli, Ancona, Pesaro, Macerata, Fermo, Ascoli Piceno, San Benedetto, Lecce, Brindisi, Taranto o in qualsivoglia sede di “Leggo”. O magari, in futuro, in una nuova testata chissà dove. Un meccanismo oltretutto reiterabile, salvo un periodo sabbatico non meglio individuato dopo il rientro nella testata madre.
2) I trasferimenti di sede all’interno della stessa testata non sono più considerati trasferimenti entro i 40 km: oggi il contratto parla di trasferimento da comune a comune, con un’indennità di una mensilità e mezza, 4 giorni di permesso retribuito e le spese di trasloco. Entro i 40 km non c’è più trasferimento, nè indennità alcuna. Ma pare anche di capire che il trasferimento entro i 40 km è reiterabile all’infinito: di 40 km in 40 km dove finirebbe un giornalista del Gazzettino?
Aggiungo che non mi è chiara l’ipotesi del cosiddetto “multitestata”, che non so se ci siano i cosiddetti “services interni” alle redazioni, che l'”ineluttabile” multimedialità (lavorare su più piattaforme, carta stampata, internet, radio, tv…) dipenderà molto da come viene scritto l’articolo contrattuale.
Queste le ragioni del mio no, sulla base di quello che finora è stato portato alla conoscenza della categoria. Poi leggerò il testo contrattuale, quando ci sarà fornito. Non voglio in coscienza sottoscrivere in alcun modo quella che considero una sorta di “resa” agli editori. Infine: il referendum sarà meramente consultivo e non vincolante.
Cordiali saluti
Maurizio Paglialunga
Cdr Il Gazzettino
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