I giornalisti al seguito di Monti cacciati dall’ambasciata italiana

Erano davvero altri tempi quando nella fastosa “Villa Firenze”, dal ’76 residenza dell’ambasciatore italiano a Washington, nel cuore di Rock Creek Park, dimoravano personalità come Gianni Castellaneta e Sergio Vento, per non parlare del mitico Ferdinando Salleo o del compianto Boris Biancheri.

Tutti diplomatici che, al talento naturale e alle capacità professionali nel trattare le relazioni con l’amministrazione americana, sapevano sfoggiare con classe un certo savoir faire e doti da impeccabili padroni di casa.

Qualità, soprattutto queste ultime, che si stanno perdendo con il tempo, segno forse di un certo imbarbarimento anche nella “casta” delle feluche.

Un esempio per tutti, il comportamento dell’attuale capomissione nella capitale americana Claudio Bisogniero durante l’ultimo viaggio americano del premier Mario Monti e del ministro degli Esteri Giulio Terzi (ex inquilino di “Villa Firenze”), impegnati a Camp David per il G8 e a Chicago per il vertice Nato.

In particolare, con i rappresentanti dei media italiani al seguito di Monti, il 18 maggio il Bisogniero dal bad ton, ha sfiorato l’incidente diplomatico. Regalando al premier Mario Monti e ai suoi più stretti collaboratori (trattati anche loro come ospiti di serie B) una gratuita brutta figura.

Ecco come sono andati i fatti.

I giornalisti italiani erano stati convocati quel giorno a “Villa Firenze”, sede dell’ambasciata a Washington, per un briefing ‘off the record’ del consigliere diplomatico di Monti, Pasquale Terracciano e dell’addetta stampa Amelia Torres. Tutto ciò a poche ore dall’avvio ufficiale del G8. Briefing che, fino a due anni fa, si svolgevano tranquillamente a Palazzo Chigi qualche giorno prima dei vertici. Ma a Rigor Montis forse non piacciano. O li trova un’inutile perdita di tempo.

Alla fine dell’incontro con i diplomatici al seguito del premier (erano già le 21 in Italia) i giornalisti convocati a “Villa Firenze”, hanno cominciato a scrivere sul posto i loro servizi. Mentre Monti e la delegazione italiana, in una sala adiacente, potevano apprezzare (e gustare) molti prodotti della cucina fatti preparare dalla sora Bisogniero. La moglie del felucone. Ai giornalisti, invece, veniva negata anche l’acqua del rubinetto.

Nel frattempo, al posto dell’acqua arrivava un imbarazzatissimo maresciallo dei carabinieri con l’invito, perentorio, ai rappresentanti della stampa di allontanarsi in fretta dalla residenza.

Dunque, erano “cacciati” senza alcun riguardo dall’ambasciatore Bisogniero.

In pratica, poiché privi di un mezzo di trasporto proprio, buttati in mezzo alla strada.

Di fronte alla reazione stupita degli inviati, iniziava una sorta di braccio di ferro tra gli “occupanti” e il padrone di casa. Discussione animata che durava alcuni lunghissimi minuti durante i quali interveniva anche il giovane, (e inesperto consigliere per la stampa dell’ambasciata, Luca Gori) che, con toni altrettanti ultimativi, si rivolgeva agli inviati dei giornali come Marco Galluzzo del Corsera, Francesco Bei di Repubblica e Gerardo Pelosi del Sole 24 ore. Spiegando loro che quella era “la casa” dell’ambasciatore. E che erano attesi altri ospiti.

Interveniva anche Amelia Torres, portavoce di Monti, nel tentativo di spiegare le esigenze della stampa italiana, ma senza successo.

Solo quando alcuni dei giornalisti presenti facevano presente che, come contribuenti italiani, sopportavano anche loro il peso fiscale di quella costosa macchina organizzativa e modaiola che è “Villa Firenze” (e non la casa privata della famiglia Bisogniero) gli animi si placavano un tantino. E, miracolo, arrivavano pure i primi caffè.

Restava però l’ordine dell’ambasciatore di “liberare” la residenza dagli “sgraditi” ospiti. Cosa che avveniva dopo aver sollecitato almeno l’arrivo di alcuni taxi per far ritorno in albergo.

La scortesia nei confronti dei giornalisti al seguito di Monti e del suo staff (è stata messa a tacere anche l’addetta stampa, Amelia Torres) è stato l’ultimo atto (osceno) di una serie di “colpi bassi” tra le feluche che hanno affiancato Rigor Montis nell’ultima missione negli Usa.

Qualche scintilla pare già c’era a Chicago tra Bisogniero e il ministro degli Esteri, Terzi nel corso del vertice Nato. Ognuno dei due voleva stare più vicino possibile a Monti nei brevi momenti fuori dal protocollo ufficiale. Magari per rubargli qualche timido sorriso o convincerlo a fare qualche nomina diplomatica di un “amico”.

Oppure, a soprassedere su qualche “taglio” eccessivo in questa o quella spesa della Farnesina, facendo scivolare il proprio appunto, con nonchalance, nel “marsupio” del presidente del Consiglio. Prima di quello (spesso di tenore diverso se non opposto) del concorrente.

Una cosa è certa: alla fine Rigor Montis ha snobbato entrambi.

da Dagospia

 

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