Allarme rosso: le querele bavaglio colpiscono anche a Taranto

Vincenzo Carriero, giornalista, scrittore e direttore del sito indipendente CosmoPolismedia: “Le mie inchieste fanno paura e così vogliono azzittirmi”

Speciale Per Senza Bavaglio
Rosaria Federico
Taranto, 11 luglio 2023

Se non fosse la sentenza di un giudice e si potesse commentare quella che coinvolge Vincenzo Carriero, giornalista, scrittore e direttore del sito indipendente CosmoPolismedia di Taranto, potrebbe essere definita solamente una grande ingiustizia. Un paradosso che investe il giornalismo e allo stesso tempo minaccia la democrazia e la libertà di critica e di cronaca.

Bisogna partire dal finale per raccontare la vicenda di Carriero. E il finale è la sentenza del giudice del Tribunale di Lecce, Katia Pinto, che condanna al risarcimento del danno per un importo di 15mila euro il direttore e proprietario del sito CosmoPolismedia per un articolo pubblicato il 13 ottobre del 2018.

Una sentenza che rischia di diventare un colpo mortale inferto all’attività giornalistica alla piccola attività imprenditoriale Carriero, contro la quale i suoi avvocati stanno già preparando l’Appello.

A chiedere il risarcimento in sede civile disposto dal giudice è Stefano Rossi, nel 2018 direttore generale dell’Asl di Taranto e dallo scorso anno trasferito con lo stesso ruolo all’azienda sanitaria di Lecce.

Nell’articolo “incriminato” si racconta di un giro di trasferimenti nelle Asl Pugliesi – Taranto, Lecce e Brindisi – con il metodo del mandato a “comando” che riguardano parenti (mogli in particolare), amici e affini dei direttori generali.

Una vicenda nella quale, al di là dei risvolti puramente penali e delle soggettive responsabilità, si sarebbero potuti ravvisare molti elementi riconducibili al concetto sociologico di “familismo amorale”.

Tra i trasferimenti raccontati nell’articolo c’è anche quello di Rosanna Indiveri, moglie di Rossi, vincitrice di un concorso come funzionaria del Politecnico di Bari e trasferita alla Asl di Lecce con il metodo del mandato a “comando”, cioè su richiesta dell’ente di destinazione.
Rossi, recentemente al centro di un’altra vicenda in cui si è adombrato il “conflitto di interessi” per un incarico alla moglie-funzionaria (poi annullato dopo la levata di scudi dei sindacati, ndr), si duole di essere stato tirato in ballo da Carriero pur non avendo avuto alcun ruolo nella vicenda dei trasferimenti.

E dunque, dopo l’uscita dell’articolo il direttore generale querela il giornalista avviando un procedimento penale per diffamazione che si conclude nel 2020 con l’archiviazione dell’accusa di diffamazione a mezzo stampa nei confronti di Carriero decisa dal Gip del tribunale di Bari. Ma l’archiviazione non salva il giornalista dalla scure della citazione in sede civile, dove Rossi chiede il risarcimento per il danno morale.

Questa volta è il Tribunale di Lecce a decidere e il giudice, contrariamente al collega di Bari, condanna Vincenzo Carriero alla pesante ammenda.Per Carriero questa è un’ingiustizia, un paradosso giudiziario che rischia di mettere fine alla sua realtà imprenditoriale.

“Se in Italia si finisce con l’essere condannati perché ricerchi la verità, eserciti il diritto di critica sancito in costituzione, promuovi inchieste senza alcuna ritrosia e genuflessioni dinanzi al potere, e alle sue diverse espressioni e sfumature, credo possa divenire sempre più difficile, se non proibitivo, continuare a impegnarsi in un’attività democratica, e di denuncia civile, qual è per l’appunto il giornalismo” dice Vincenzo Carriero commentando la sua vicenda.

“Pagare cifre di diverse migliaia di euro, per articoli le cui tesi a sostegno degli stessi risultano essere ampiamente dimostrabili, e mai sconfessate tra l’altro da chicchessia, mette a rischio la sopravvivenza di realtà editoriali che vivono di sola raccolta pubblicitaria. Ricorrerò, assieme ai miei legali, contro una sentenza che considero palesemente ingiusta e parecchio discutibile. Una sentenza che mina pesantemente quel che rimane della libertà di stampa nel nostro Paese”.

Considerazioni amare quelle del direttore di CosmoPolisMedia che 13 anni fa ha creato il suo quotidiano indipendente autofinanziandosi.

Il maglio dell’azione legale avviata, in questo caso, dal direttore generale dell’Asl pugliese nei confronti del giornalista è, secondo Carriero, l’ennesimo tentativo di mettere il bavaglio al diritto di critica e di cronaca e mina quello che è un principio insito nella accezione ideologica del giornalismo, il cosiddetto watchdog journalism.

Vicende come quella di Taranto alimentano il fenomeno ormai molto diffuso in Italia, definito con l’acronimo inglese Slapp e cioè un’azione legale per intimidire la libera discussione politica (Strategic lawsuit against public participation).

La vicenda di CosmoPolismedia richiama nella sostanza quello che accade in Trentino Alto Adige nei confronti della testata on line Salto.bz, “attaccata” non da potentati politici ma dal colosso editoriale Athesia di Michl Ebner che cerca di imporre in quella regione una sorta di monopolio dell’informazione “abbattendo” tutti quelli che intralciano il suo cammino e “disturbano” i suoi affari esercitando il diritto di cronaca e critica.

Rosaria Federico
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Le iconografie pubblicate da Senza Bavaglio sono di Valerio Boni.

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