MINZOLINI/I punti a suo favore

Mi sono occupato del caso Minzolini, rinviato a giudizio con l’accusa di peculato per un totale di 75.000 euro spesi con carta di credito aziendale. Me ne sono occupato in chiave piuttosto critica verso Minzolini. Ma c’è anche un altro lato della medaglia da prendere in considerazione, né colpevolista né innocentista, ma semplicemente giornalistico: vale a dire, più generale e “radiografico”.

Vedremo cosa diranno i magistrati. Intanto la presunzione d’innocenza vale anche per Minzolini, come per tutti. Non si può certo confondere tra il suo Tg1, sceso ai livelli dove è sceso, e i suoi diritti. Sono molte le cose e le persone da cambiare in Rai, e francamente non solo in Rai, ma è sempre un pessimo segnale quando gli spostamenti o i buon servito avvengono sulla ruota di iniziative della magistratura anziché per motivi professionali e per decisione responsabile di chi è preposto a decidere.

Abbiamo detto più volte che Berlusconi a palazzo Chigi era una iattura, ma aggiungendo che male faceva la sinistra a sperare che lo sfrattassero i magistrati anziché i rapporti di forza politici e i risultati elettorali, che, quali che essi siano, sono pur sempre una espressione delle scelte degli italiani.

Certo, la linea difensiva di Minzolini appare piuttosto debole da un lato, come ho già scritto, ma niente affatto debole o comunque plausibile da un altro. Cominciamo dal lato debole.

Lui  sostiene che si è trattato di pranzi e trasferte per incontrare informatori, e sotto questo profilo ha tutto il diritto e anzi anche il dovere di NON farne i nomi. Però a giudicare da ciò che il Tg1 mandava in onda, notizie poche e per di più quasi sempre d’agenzia, non si capisce che tipo di informazioni dessero gli ospiti del suo direttore.

Ma il problema credo proprio sia soprattutto un altro. Anche ammesso, ma non concesso fino a sentenza definitiva, che quello di Minzolini sia un peculato, il problema vero è come mai in Rai nessuno se ne sia accorto.

Le amministrazioni esistono anche nei giornali, testate Rai comprese, e servono tra l’altro per controllare le spese dei dipendenti, direttori compresi. Come mai c’è voluta la Finanza per accorgersi o sospettare che qualcosa nelle spese del direttore del Tg1 non quadrava?

Se Qualcuno in Rai, o in altre aziende statali come per esempio Finmeccanica, commette peculato e gli organi preposti al controllo non se ne accorgono, allora siamo messi male, peggio di quel che si crede e si sa. Colpire i Minzolini senza colpire chi aveva gli occhi chiusi o la bocca tappata serve a poco o a niente.

Veniamo ora al lato niente affatto debole o almeno plausibile. Minzolini afferma che in Rai sapevano e di fatto erano d’accordo. D’accordo su cosa e perché? Lo ha spiegato in una intervista il collega e suo amico Franco Bechis: in sintesi, le spese extra con la carta di credito Rai sarebbero dovute al fatto che la Rai al momento del contratto s’è dimenticata di inserire la clausola dell’esclusiva non solo per gli interventi in video, ma anche per le collaborazioni scritte, quali per esempio i commenti, per testate non televisive. A conti fatti, la spiegazione offerta da Bechis è plausibile.

Infatti 75.000 euro diviso 14 mesi fa un po’ più di 6.000 euro al mese, come ho già scritto. Cifra non trascurabile, ma cifra che effettivamente un professionista come Minzolini può mettere assieme senza difficoltà con collaborazioni di vario tipo ai giornali cartacei, specie dopo essere stato valorizzato con la nomina alla direzione del Tg1.

Ecco allora che torniamo alle responsabilità della Rai, non di Minzolini. Gli accordi contrattuali si fanno per iscritto, e non per gentile concessione a voce o per tolleranza più o meno esplicita. In definitiva, in assenza di clausole chiare messe per iscritto chiunque nei piani alti di viale Mazzini avesse voluto mettere il difficoltà Minzolini, per motivi politici, professionali o anche personali, avrebbe potuto farlo tirando in ballo proprio le spese che ha tirato in ballo la Finanza.

E’ possibile se non probabile che Minzolini abbia ragione, visto anche che in almeno un altro caso, quello dell’ufficio di corrispondenza di New York condotto dalla collega Giovanna Maria Maglie, la Rai se n’è accorta eccome che qualcuno con le spese ci andava troppo disinvolto.

Il che fa pensare che se questa volta la Rai non ha eccepito nulla, e per eccepire ha avuto ben 14 mesi di tempo, è perché è vero che chi di competenza sapeva ed era d’accordo.

Quello che ormai si chiama minzolinismo non ci piace, ma Minzolini su una cosa ha sicuramente e comunque ragione: nell’accusare il direttore di Raiuno Mauro Mazza di essere rimasto assai poco coraggiosamente zitto anziché chiarire come suo dovere la faccenda.

Mazza lo abbiamo visto più volte ridere allegramente da Fiorello ne “Il più grande spettacolo dopo il week end”. Oltre che ridere e assentire sul fatto che in Rai le parole profilattico, merda e culo oggi si possono dire, Mazza poteva anche chiarire, magari non da Fiorello, se è vero o no che certe dimenticanze in Rai si sanano con accordi taciti. Eventualità per la quale ci sarebbe francamente non molto da ridere.

Pino Nicotri
Senza Bavaglio
Consigliere generale Inpgi
Consigliere della Lombarda

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