Speciale per Senza Bavaglio
Andrea Di Quarto
Milano, 29 gennaio 2024
Immaginate un ristorante stellato all’interno del quale i Nas dovessero incontrare topi che infestano le cucine, cibi surgelati o precotti, alimenti scaduti. Pensate che la Guida Michelin lo riconfermerebbe? Improbabile.
Già, ma che succede, invece, se un’azienda che si pregia di prestigiose certificazioni sociali le disattende al punto da essere condannata in giudizio? Poco o nulla, almeno a giudicare dal caso che riguarda il Sole 24 Ore, che, nonostante una condanna per discriminazione nei confronti di una collega, a dicembre si è visto rinnovare il cosiddetto “Bollino rosa”, la certificazione della Parità di Genere ai sensi della UNI/PdR 125:2022. Un riconoscimento importante (Il Sole 24 Ore è stato il primo gruppo editoriale in Italia a riceverlo), che oltre a esoneri contributivi accresce la reputazione dell’azienda rendendola più attraente sul mercato del lavoro.
A oggi sono 853 i siti aziendali (non singole imprese) in possesso di tale certificazione. I dati, aggiornati al 31 dicembre dell’anno scorso, sono quelli di Accredia, l’ente unico nazionale di accreditamento designato dal governo, che nell’ultimo anno ha autorizzato 32 organismi a validare gli attestati delle imprese. Ma è solo l’inizio. Le proiezioni, aggiornate a inizio aprile, parlano di un’ulteriore crescita: saranno oltre mille i siti aziendali che si doteranno del certificato che registra le misure messe in campo per ridurre il divario di genere “in relazione alle opportunità di crescita in azienda, alla parità salariale e parità di mansioni, alle politiche di gestione delle differenze di genere e alla tutela della maternità”.
In attesa di sapere se la vicenda Il Sole 24 Ore Vs Lara Ricci proseguirà in appello o prevarrà il desiderio di evitare ulteriori danni d’immagine al gruppo, una domanda è d’obbligo: il Sole, può ancora esibire il “bollino rosa”?
«In questi casi il bollino viene automaticamente sospeso, e nelle situazioni più gravi può essere anche ritirato», ci spiegano in una delle agenzie che fanno consulenza alle aziende che aspirano alla certificazione, ma quando poniamo la questione proprio ad Accredia cala il buio: «Non conosciamo il caso, ce lo può riassumere e fare una richiesta formale per mail? L’avviso, però, che ci vorranno un paio di giorni».
Dopo nove giorni e un sollecito, l’ente ci ha comunicato che il caso è «a noi noto e preso già in esame da parte dell’Organismo di Certificazione Bureau Veritas Italia che ha rilasciato a “il Sole 24 Ore” la certificazione secondo la Prassi UNI PdR 125». In quanto ai provvedimenti, «L’Organismo di certificazione, «deve quindi verificare che l’organizzazione abbia preso in carico la situazione non conforme e abbia attivato tutte le procedure necessarie per gestire il caso ed evitare che si ripeta nel tempo, migliorando così il proprio sistema di gestione». Insomma, ci pare di capire che basterà impegnarsi a “fare i bravi” in futuro. Un po’ poco come sanzione.
Eppure, la parità di genere e la lotta alla disparità salariale tra donne e uomini sono tra gli obiettivi dell’Agenda 2030 ONU per lo Sviluppo Sostenibile nonché alcuni dei pilastri nei progetti del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, secondo il quale il sistema di certificazione della parità di genere garantirà:
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diminuzione del gender-pay gap;
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migliori condizioni lavorative per le donne, anche in relazione alla protezione della maternità;
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aumento dell’occupazione femminile;
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maggiore inclusione.
Le aziende che ottengono il bollino rosa possono godere di una serie di benefici:
esonero dal versamento dei contributi previdenziali calcolato sulla contribuzione previdenziale complessivamente dovuta dal datore di lavoro, in misura non superiore all’1% e nel limite massimo di 50.000 euro annui;
un punteggio premiale per la valutazione, da parte di autorità titolari di fondi europei nazionali e regionali, di proposte progettuali ai fini della concessione di aiuti di Stato;
un punteggio premiale per la valutazione, da parte delle amministrazioni aggiudicatrici, delle offerte presentate a seguito della pubblicazione di bandi di gara, avvisi o inviti relativi a procedure per l’acquisizione di servizi, forniture, lavori e opere.
Premi ed incentivi, però, evidentemente non bastano a colmare il gap dell’Italia rispetto agli altri paesi. A guidare la classifica 2023 dei più virtuosi c’è, per il quattordicesimo anno consecutivo, l’Islanda, con un punteggio di 91,2%. A seguire, Norvegia, Finlandia, Nuova Zelanda, Svezia, Germania, Nicaragua, Namibia e Lituania, che hanno colmato almeno l’80% del loro divario.
E l’Italia? Ah già, l’Italia: perde ben 13 posizioni rispetto all’anno precedente, piazzandosi al 79esimo posto su 146 Paesi, dopo Georgia, Kenya e Uganda. Una performance da bollino nero.
Andrea Di Quarto
Consigliere ALG
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