Il Sole 24 condannato per discriminazione della giornalista Lara Ricci

Speciale per Senza Bavaglio
Chiara Zanini
Milano, 3 agosto 2023

 Il Sole 24 ore ha approfittato dell’assenza per maternità di una giornalista per demansionarla: lo ha accertato il Giudice del Lavoro del Tribunale di Milano, Riccardo Atanasio, nel caso che vede Lara Ricci contro il gruppo editoriale per cui lavora dal 2000. Oltre al risarcimento, più le spese di lite, al Sole spetta la pubblicazione di un estratto della condanna, apparso sul quotidiano il 29 giugno, cinque giorni dopo la decisione del Giudice.

Dopo aver essere stata di fatto responsabile delle pagine di letteratura e poesia di Domenica, l’inserto culturale del quotidiano, Ricci ha potuto dimostrare di essere fatta diventare in poco tempo una mera correttrice di bozze, per esplicita volontà del nuovo caporedattore Marco Carminati.

Che a quanto ha potuto constatare il giudice, era solito urlare al telefono e screditare le proposte che arrivavano da lei, nonostante fino a prima del suo arrivo avesse coordinato oltre sessanta collaboratori. In questa nuova fase si trovava invece esclusa anche da scambi via email che coinvolgevano le colleghe della stessa redazione.

Sulle pagine del Sole, oltre all’estratto del decreto, si è potuto leggere anche uno scambio tra il Comitato di redazione e l’amministratrice delegata Mirja Cartia d’Asero. Roba da far accapponare la pelle.

A sostegno della collega, scrivono i membri del CdR Barbara Bisazza, Giuseppe Latour, Giovanni Negri, Riccardo Ferrazza, solidali con Lara Ricci:

Una giornalista “letteralmente espropriata del contenuto centrale delle sue mansioni” in occasione del suo periodo di maternità obbligatoria. Un periodo particolarmente delicato per tutte le mamme e, in questo caso, per una collega, che è stato usato “svuotando il ruolo e la professionalità” e “relegandola al ruolo di mera correttrice di bozze”. Una situazione, durata “ad oggi oltre 26 mesi”, sulla quale non ci sono stati interventi, nonostante “le notevoli sollecitazioni” verso il caporedattore competente e verso il direttore responsabile. Una società che “ha ritenuto di non dovere modificare la linea intrapresa durante l’assenza della ricorrente nel periodo della maternità”.

Non parliamo, purtroppo, dell’Italia degli anni ’50, ma citiamo solo alcuni significativi passaggi di una sentenza del tribunale di Milano, con la quale Il Sole 24 Ore il 24 luglio scorso è stato condannato all’immediata cessazione di un comportamento discriminatorio nei confronti di una nostra collega, oltre a un importante risarcimento dei danni professionali e d’immagine. Il 30 gennaio scorso, esattamente sei mesi fa, il Gruppo 24 Ore è stato il primo gruppo editoriale italiano ad ottenere la Certificazione sulla parità di genere. Questa sentenza dimostra che in questi mesi, oltre a lavorare sulla comunicazione esterna, sarebbe servita, e servirebbe, maggiore attenzione dell’azienda e della direzione a quello che accadeva all’interno della redazione. E sarebbe servito, e servirebbe, maggiore ascolto: gli appelli del Comitato di redazione, su questa e purtroppo su altre vicende, sono rimasti troppo spesso inascoltati. I fatti che in questi giorni riguardano i colleghi di Radio 24 ne sono solo l’ennesimo esempio. Le relazioni sindacali, negando la nostra storia, sono state ridotte a un flusso unilaterale, nel quale l’azienda parla e i dipendenti recepiscono. E ora tutti ne paghiamo il prezzo.

Mirja Cartia d’Asero, amministratrice delegata del Gruppo Sole 24 ore, risponde loro come fossero degli ingrati:

Vanto di questa azienda è la difesa e soprattutto la promozione della parità di genere e dei diritti delle donne e delle minoranze. E non c’è chi non sappia, internamente ed esternamente, come questi valori siano per me inalienabili e irrinunciabili. La sentenza è ‘lunare’ e ovviamente proporremo tutte le azioni giudiziali per sovvertirla in quanto riteniamo vi siano numerosi profili non ancora adeguatamente valutati dal Giudice. Ancora più ‘lunare’ è in ogni caso il Vostro comunicato, alla luce degli immani sforzi che tutti – come noto- quotidianamente profondiamo per tenere alto il nome del nostro Gruppo in un percorso di confronto e dialogo a tutti i livelli.

Fa sorridere che un quotidiano che racconta l’innovazione e gli affari si riveli fermo agli anni Cinquanta quando si tratta di diritti delle donne e dei lavoratori tutti. Descrivere la sentenza come “lunare” è davvero deprimente, soprattutto se fatto dall’amministratrice delegata di un gruppo editoriale che vuole essere considerato all’avanguardia in termini di diversity.

Chiara Zanini

Le iconografie di Senza Bavaglio sono di Valerio Boni

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