Il regalo di Natale del pandoro dice quanto rende legare un prodotto a un’influencer

Speciale per Senza Bavaglio
Valerio Boni
Milano, 20 dicembre 2023

Da giorni non si parla d’altro, da diversi fronti si valutano gli esiti di una tra le più discusse e discutibili operazioni di marketing (pare peraltro collaudata), sotto il punto di vista della morale, della deontologia, della spregiudicatezza e di ogni altro elemento, ma poche considerazioni sono state fatte sulla base dei numeri. Gli unici tirati in ballo sono quelli delle sanzioni stabilite dal Tribunale, che possono apparire pesanti, anche se in realtà non lo sono più di tanto, visto che di fatto coincidono con gli importi che le due parti in causa si sono spartite con i proventi di un’operazione che la magistratura si è limitata a classificare come pubblicità ingannevole e violazione della diligenza professionale, così come appare evidente. Mentre si cerca di derubricare l’accaduto a semplice errore di comunicazione, travisando la realtà.

Un altro numero che circola è quello relativo all’importo della donazione che avrebbe il compito di ridare la verginità a una reputazione sulla quale è costruito un importante giro d’affari e vergine deve rimanere, costi quel che costi. Un milione tondo di euro, equivalente a un quinto del primo premio della Lotteria di Capodanno. Una cifra da sogno per una onlus che la riceve, che tuttavia ha un peso relativo per un’azienda, visto che può essere dedotta dal reddito complessivo. C’è un limite, del 10 per cento rispetto a quanto dichiarato nell’esercizio, con la possibilità di sfruttare la quota di deduzione non goduta nelle dichiarazioni successive, fino al quarto periodo d’imposta successivo. E, visto che l’azienda in questione che punta tutto sull’immagine di una persona ha un giro d’affari di oltre 60 milioni di euro, ci sono buone possibilità che il tutto si traduca in un vantaggio fiscale.

Quelli che non sono stati considerati in questi giorni sono numeri che per la prima volta consentono di capire quali possano essere i vantaggi per un’azienda che scelga di collaborare con un o un’influencer, invece di preferire i canali classici di comunicazione e pubblicità su carta stampata e tv. La continua emorragia di vendite nelle edicole ha spesso fatto trasferire importanti budget nel mondo virtuale, su profili che possono contare su milioni di seguaci. Come non possono essere correlati con precisione gli effetti di una campagna pubblicitaria con le vendite di un prodotto, poiché si può solo stimare il numero di persone che entrano in contatto con il messaggio, anche per i canali virtuali tutto è stato costruito su algoritmi.

Oggi invece qualche dato importante è emerso. Si tratta di dati pesanti a livello statistico, se si considera che il profilo Instagram in oggetto non è quello di un quaquaraqua qualunque, è quello dell’influencer numero 1. Che nonostante tra il 15 e il 20 dicembre abbia perso oltre 60.000 follower, ne mantiene comunque più di 29,6 milioni, come dire più del 50 per cento degli italiani. Numeri che potrebbero infuenzare le scelte di una popolazione, potenzialmente anche sul piano politico ed elettorale, almeno in teoria, visto che gli equilibri reali sono diversi. Su questa base, i costi per ogni campagna non possono che essere importanti, dal milione di euro in su. E ora, per la prima volta, è possibile anche capire quanto può rendere in termini economici e assoluti un investimento di questo genere.

Nello specifico, si sa che un pandoro “base” era proposto a un prezzo di 3,70 euro, mentre dopo la cura di marketing (basata sulla doppia leva dell’immagine e della beneficenza) lo stesso prodotto saliva a 9 euro. Visto che l’operazione prevedeva la commercializzazione di 362.577 pandori, i maggiori ricavi avrebbero potenzialmente essere di oltre 1.9 milioni di euro, uno da destinare come compenso all’influencer, il resto all’azienda. Nella realtà. Il 20 per cento di queste confezioni, vale a dire circa 72.500, sono rimaste invendute e distrutte, quindi anche il businness si è ridimensionato a 1.537.000 euro, mantenendo inalterata la quota legata all’immagine, che non è mai stata in discussione e comunque garantita, e tagliando quella per il produttore. Ciò significa che se non ci fosse stata la complicazione della pubblicità ingannevole l’operazione sarebbe risultata valida.

Tuttavia vale la pena di soffermarsi sul numero di dolci di Natale venduti: circa 290.000. Pandoro più pandoro meno, si tratta dell’1 per cento. Vuol dire che solo uno degli affezionatissimi cliccatori ogni cento ha messo mano al portafogli per una spesa che non può certo essere definita spropositata. Sotto le feste e con la motivazione aggiuntiva di fare del bene, chi non può permettersi di spendere 9 euro? Un conto è visualizzare un storia sul telefono, aggiungere un like a una foto, concesso spesso distrattamente e sulla fiducia, o digitare poche parole di commento e completare il tutto con una emoticon, questo non conta niente. Diverso è spendere anche solo pochi euro. Viene ora da chiedersi quale valore aggiunto possa portare l’uso di questa influencer nella campagna tv di una tra le maggiori Case automobilistiche per il lancio di una vettura elettrica il cui prezzo parte da 42.700 euro.

In realtà prima di questo caso, una decina di anni fa, si era già presentata l’opportunità per valutare quanto il numero di seguaci di un personaggio potesse essere traducibile in acquisti. Chi all’epoca aveva avuto la brillante intuizione di sfruttare il traino dei primi influencer è stato un editore importante, che qualcuno si è spinto a definire illuminato. L’idea era quella di fare scrivere un libro a un personaggio “emergente” e di determinare la tiratura in misura direttamente proporzionale al numero di follower su Facebook e sull’allora debuttante Instagram. La percentuale fu ottimisticamente identificata in una quota prossima al 10 per cento, mentre le risposte dalle librerie risultarono molto vicine a quell’1 per cento che oggi si ripresenta. E anche in quel caso si trattava di volumi del costo di una manciata di euro. Il resto finì al macero, esattamente come i pandori. Forse è il caso di rivedere i parametri e gli algoritmi, il mondo dei click è evidentemente sopravvalutato e la “vecchia carta” non è proprio da rottamare.

Valerio Boni
valeboni2302@gmail.com

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