Se n’è andato Andrea Leone, persona perbene, seria e mai faziosa

Speciale per Senza Bavaglio
Luisa Espanet
Milano, 19 febbraio 2022

Non è facile trovare una persona autorevole e ferma nelle sue  convinzioni, nello stesso tempo capace di mettere gli altri a proprio agio.

Ecco, Andrea Leone era così. Un’impressione che ho avuto di lui dal primo momento e che si è mantenuta intatta  negli anni.

L’ho conosciuto quando  come presidente della Casagit mi aveva chiamato, nonostante non fossi stata eletta (e, soprattutto, non appartenessi alla sua  corrente sindacale), per un progetto per i freelance, che sarebbe poi diventato i profili 2, 3 , ecc.  Il suo intervento nelle riunioni era sempre  chiaro, decisivo, lasciava spazio, ascoltava, faceva critiche,  senza mai  partire da preconcetti.

Inoltre, qualità assai rara tra i giornalisti, non era fazioso e ascoltava gli altri con la dovuta attenzione.

Serio, quando doveva esserlo, era capace della battuta spiritosa  e del sorriso al momento giusto.  Quel sorriso che ho sempre ritrovato in lui, negli anni dopo, quando lo incontravo nelle assemblee dei delegati , dove era nella commissione elettorale.

Luisa Espanet

Andrea, persona leale, perbene e aperta al dialogo. Ricordo le nostre prime colazioni alla domenica mattina alla “Cremeria” di via Buonarroti, vicina a casa di entrambi. Ci scambiavamo idee ed opinioni. Chi ci avesse ascoltato non avrebbe potuto mai immaginare che facevamo parte di due correnti diverse. Già, perché su molte cose avevamo esattamente le stesse idee ed è per questo che era nata una simpatia istintiva e naturale. Andrea ciao. Ci mancherai
m.a.a

Con Andrea ho condiviso per qualche anno la vita di redazione, da quando lasciò Espansione per approdare al settimanale di motori Auto oggi. A differenza di oggi, fino alla fine del secolo scorso erano molti i gentiluomini che circolavano tra gli open space di Palazzo Niemeyer, e Andrea Leone faceva indubbiamente parte di quella lista. Non tardò quindi a integrarsi in un gruppo caratterizzato da una formazione diversa dalla sua, puntando su calma, simpatia e sarcasmo. Erano gli anni in cui era legato a Susanna Camusso, e per celebrare il matrimonio scelse un collega della redazione, consigliere comunale. Una scelta che sembrava buttata lì per gioco: «io sono un uomo di sinistra, tu sei un rappresentante dell’estrema destra, quindi mi sembri la persona più adatta per questo ruolo». E dalle parole si passò ai fatti.

Prezioso nel lavoro di cucina della rivista, dal 1996 è entrato a far parte del CdR fino a quando, nel 2001 ha chiesto l’aspettativa per occuparsi della presidenza Casagit. Da sindacalista ha dimostrato quella lungimiranza che condivideva con i colleghi di una generazione che purtroppo è ormai dimenticata, che andava ben oltre lo schieramento politico. Entrava nell’esecutivo dopo gli storici contratti integrativi del 1988 e del 1992, che posizionavano i paletti per arginare una deriva dell’azienda che all’epoca era semplicemente in embrione. Non solo si stabiliva l’impossibilità di assorbire i superminimi aziendali, si affrontava il tema della pubblicità, delle nuove tecnologie, e soprattutto delle nuove società consociate con affitto delle redazioni, nuova frontiera aziendale di quegli anni.

Ricordo ancora una delle sue ultime battaglie, che mi ha visto coinvolto in prima persona. Alla vigilia del suo passaggio in Casagit, si occupò di trattare con la direzione del personale il rispetto delle garanzie previste per i giornalisti Mondadori che sarebbero confluiti in una consociata al 50 per cento con l’Automobile Club. L’azienda riteneva superfluo aggiungere qualcosa che era già previsto dai contratti integrativi, ma Andrea non mollò fino a quando non ottenne per i colleghi di Auto oggi una lettera che li avrebbe messi al sicuro da ogni spiacevole sorpresa e garantito il rientro in Mondadori in caso di malparata. Una lettera che sembrava perfetta, con una sola lacuna, rimandava agli articoli dei contratti del 1988 e 1992 per i dettagli. Ma né lui, né (probabilmente) il direttore del personale del 2001 (e tantomeno i miei colleghi e io) si sarebbero aspettati che qualche anno più tardi una masnada di “gentiluomini” e cortigiane a vario livello (nessuno escluso) avrebbe proposto carte false davanti ai giudici per smontare lo splendido lavoro dell’amico Andrea Leone.

Valerio Boni

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