Marco Patricelli racconta la vera storia della Brigata Maiella: patrioti per la libertà

Speciale per Senza Bavaglio
Valerio Boni
Milano, 10 febbraio 2022

1.500 uomini con tesserino militare italiano, ma che vestivano uniforme inglese e sono sotto il comando polacco: questo è l’identikit della Brigata Maiella, il gruppo di patrioti che ha portato il suo contributo alla Resistenza risalendo l’Italia dall’Abruzzo a Bologna e proseguendo fino ad Asiago.

Sono i protagonisti della storia raccontata nel volume “Brigata Maiella – L’epopea dei patrioti italiani nell’8a Armata britannica” (Rusconi, 462 pagine con inserto fotografico, 19 euro), che per la prima volta ottengono il riconoscimento della storia, che fino a oggi è stato negato a causa della loro lontananza dai canoni mitizzati dalla guerra di liberazione.

Nonostante combattesse (sempre imbattuta) i tedeschi, la Brigata Maiella non fu mai inquadrata come un’unità partigiana, e i suoi combattenti non cantavano Bella Ciao; e questo è bastato a tenerla in ombra per un’ottantina d’anni.

Comandata da Lionel Wigram, un ufficiale ebreo dell’esercito inglese, dall’avvocato abruzzese socialista Ettore Troilo e dal sottotenente della Regia aeronautica Domenico Troilo, la Brigata che aveva un suo stemma fu più volte citata nei bollettini alleati, ma non ebbe mai il riconoscimento del ruolo svolto.

Grazie alle ricerche e alla penna dello storico e giornalista Marco Patricelli, questo libro aggiunge un capitolo mancante nella narrazione della guerra di liberazione, visto da una prospettiva nuova e nel fedele rispetto dell’analisi storica. cambiandone anche la prospettiva con una rigorosa e convincente analisi storica.

I maiellini non facevano parte del Corpo volontari della libertà, non appartenevano a nessun partito e non avevano un commissario politico. Non era quindi una brigata partigiana, ma un gruppo di patrioti che non giurò fedeltà al Re, e partecipò alla resistenza in modo apolitico e apartitico; proprio per questo motivo i combattenti non furono mai disarmati dall’esercito inglese, al contrario di quanto avveniva con le formazioni partigiane.

“Dai documenti si conoscono tutti i testi dei canti della brigata – sottolinea Patricelli  -Di alcuni non conosciamo la musica, ma sappiamo che non sono adattabili alla metrica di ‘Bella ciao’. Questo è un altro pezzo importante da recuperare per non mettere la loro storia in un solo grande calderone, che non farebbe un buon servizio a nessuno”.

Valerio Boni
valeboni2302@gmail.com

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