Cosa c’entra la CGIL col greenpass? Niente. Ma l’assalto squadristico di ieri a Roma alla sede centrale della CGIL chiarisce cosa c’è dietro certe posizioni “libertarie”, “democratiche”, “filo costituzionali” e “di principio” agitate come bandiere dai no-wax e no-greenpass più irriducibili. Non di difesa della libertà e della Costituzione si tratti, ma di attacchi al sindacato e a ciò che rappresenta.
Un gesto, l’assalto, che mira a intestarsi la guida del malcontento sociale acuito dalla pandemia e in gran parte legittimo perché è sempre legittimo, in democrazia, manifestare protestando le proprie posizioni e convinzioni.
La giornata di ieri ha chiarito anche con chi flirtano in realtà i Salvini e le Meloni, anche se il primo dei due – capìta forse finalmente la gravità della situazione e dei mascheramenti – ha avuto l’accortezza di esprimere solidarietà alla CGIL e al mondo dei lavoratori in generale.
Manca però ogni accenno di condanna dell’incredibile assalto, condotto peraltro con tale violenza da avere distrutto l’intero primo piano della sede della CGIL e, soprattutto, guidato da due conclamati e noti fascisti quali sono i leader di Forza Nuova Roberto Fiore e Giuliano Castellino, filmati alla testa di quei manifestanti che si sono staccati dal corteo pacifico per dare l’assalto alla sede della Cgil.
A voler essere pignoli le parole di Salvini possono anche contare zero ed essere solo opportuniste, visto che sono state pronunciate da chi ha – incredibilmente – confuso il greepass con i tamponi quando – in vista della sua obbligatorietà a partire adl 15 ottobre per poter entrare nei propri luoghi di lavoro – ha chiesto a gran voce di “allungare la durata minima del Green Pass da 48 a 72 ore” e di farlo perché “doveroso e previsto dall’Europa”.
Salvini giustamente afferma che “Evitare caos, blocchi e licenziamenti il 15 ottobre è fondamentale”. Ma come fa a non sapere che il green pass in Italia vale un anno? E in Europa poco meno. Chiaro come il sole che il nostro ex vice premier ed ex ministro dell’Interno lo confonde con i tamponi. Una cantonata imperdonabile in un politico, per giunta di peso come Salvini. Imperdonabile e sintomo di un parlare più a vanvera che con convinzioni e solide basi.
Salvini ha detto la sua, anche se monca nella parte più importante, Giorgia Meloni invece tace completamente: prova provata di quali siano i Fratelli d’Italia che le stanno a cuore. Si direbbe che l’estrema destra e la signora Meloni puntino a un “autunno caldo” NON guidato dai lavoratori e dai sindacati come quello del ’69, ma guidato da loro e CONTRO i lavoratori e i sindacati.
CONTRO la democrazia, quindi. Ricordiamo infatti che l’articolo 1 della tanto sbandierata Costituzione afferma che “l’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro”. Fondata SUL lavoro. NON sull’attacco CONTRO il mondo del lavoro.
Pino Nicotri
Senza Bavaglio
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