John Elkann cavaliere del lavoro? Uno schiaffo ai lavoratori

Speciale Per Senza Bavaglio
Pino Nicotri
Milano, 3giugno 2021

La nomina a Cavaliere del Lavoro, titolo tra i più ambiti se non il più ambito della Repubblica italiana, è avvenuta il 31 maggio, cioè nell’ultimo giorno del mese che si apre con la Festa del Lavoro, e due giorni prima della Festa della Repubblica. Circostanza quest’ultima che conferisce alla nomina una sorta di simbolico valore aggiunto. Ma con il sempre beatamente sorridente John Philip Jacob Elkann, nipote di Gianni Agnelli da tutti soprannominato “l’Avvocato”, con la A maiuscola, nonostante non fosse neppure avvocato con la a minuscola bensì un semplice laureato in giurisprudenza, il destino è stato un po’ beffardo e il diavolo ci ha messo lo zampino guastando un po’ la festa. Festa che peraltro durava da quando in aprile Elkann fa ha fatto il proprio ingresso nella classifica degli uomini più ricchi del pianeta stilata da Forbes.

Appena 48 ore prima della nomina è stata infatti resa pubblica una serie di notizie non propriamente in linea con il cavalierato in questione. In sintesi, anche se sarebbe più adatta l’espressione “in soldoni”, ecco le notizie:

JJohn Elkenn

– si è concluso con 71 milioni di euro di minori entrate il primo anno di John Elkann da presidente di GEDI Gruppo Editoriale (GEDI non è altro che l’acronimo di Gruppo Editoriale), titolare dei giornali a tiratura nazionale Repubblica, La Stampa, Il Secolo XIX, di nove testate locali, tre radio, tre emittenti televisive, numerosi periodici, giornali online e siti di informazione compreso HuffPost Italia, e il cui 89% del capitale appartiene alla società Exor di John Elkannn, che ne è amministratore delegato e presidente;

– il bilancio si è chiuso con un passivo di 166 milioni di euro;

– la pubblicità è scesa, o meglio crollata di quasi il 20 per cento;

– la diffusione dei quotidiani ha subito una contrazione di 13 milioni di copie, pari 35.519 al giorno anziché 35.616 perché il 2020 è stato un anno bisestile, vale a dire con 366 giorni anziché 365;

– l’amministratore delegato e direttore generale Maurizio Scanavino si appresta a chiedere una ristrutturazione radicale a base di lacrime e sangue. Lacrime e sangue del personale dipendente, ovviamente.

La situazione del giornalismo – e dell’informazione – in Italia è drammatica per tutti i giornali ed editori, ma per il gruppo GEDI è pure peggio. Un motivo ci dovrà pur essere. O no? Nei suoi 12 mesi al vertice di GEDI pare proprio che John Elkann non l’abbia ancora individuato. Eppure c’è da tener presente che GEDI, passata dai De Benedetti agli Elkann, è reduce da perdite cumulate dal 2017 al 2019 per altri 260 milioni. Che con i 166 milioni del 2020 diventano quindi 426.

La ristrutturazione, per quanto se ne sa, comprenderà:

–  chiusura delle sedi locali;

– per i giornalisti almeno delle testate locali un anno di contratto di solidarietà, il che comporta una forte riduzione degli stipendi;

–  razionalizzazione del portafoglio delle testate, vale a dire la cessione di alcune.

– pre-pensionamenti massicci a Repubblica e La Stampa.

Ecco: chi pagherà il peso della nuova massiccia informata di prepensionamenti di giornalisti? L’INPGI, come al solito? L’INPGI già dissanguata a mo’ di grasso bancomat degli editori da ben 500 milioni di interventi, i famosi “ammortizzatori sociali”, a sostegno delle ristrutturazione, stati di crisi e annessi prepensionamenti in scena da ormai troppi anni? O sarà finalmente la volta buona che l’INPGI punterà i piedi e pretenderà che gli ammortizzatori sociali essendo sociali li paghi la società, vale a dire lo Stato?

Poiché a quanto pare una prospettiva di investimenti, rilancio e crescita non esiste, giustamente i comitati di redazione del Mattino di Padova, Tribuna di Treviso, Nuova Venezia e Corriere delle Alpi hanno approvato una mozione nella quale si legge:

“Nell’attuale situazione socio-economica seguita alla pandemia che i nostri giornali GEDI hanno affrontato, assicurando impegno per offrire ai lettori il più ampio e approfondito panorama informativo, l’azienda ha avanzato una proposta di forte contenimento dei costi, con riduzione dell’organico. Una proposta basata su un mero calcolo economico, ma a nostro avviso priva della prospettiva editoriale necessaria a rispettare il costante impegno dei giornalisti a garantire l’informazione sulle varie piattaforme, dalla carta al web.

“Siamo consapevoli delle difficoltà di un settore che sta vivendo una crisi drammatica, ma le ricadute fino ad oggi sono pesate sempre sulle spalle di chi, ogni giorno, si impegna per far arrivare l’informazione a casa del maggior numero di persone possibili. Davanti all’ennesimo, pesante, sforzo richiesto alle redazioni abbiamo deciso di mettere dei punti fermi. Non vogliamo né possiamo permettere che la logica del contenimento dei costi sia l’unica stella polare di chi ha scelto di investire nell’informazione, perché questa è un valore oltre che un diritto di tutti i cittadini.

“Tagliare per ridurre, senza pensare allo sviluppo, è un metodo svilente che porterà inevitabilmente alla decadenza. Solo davanti ad una prospettiva chiara saremo disponibili ad affrontare un nuovo passaggio critico del nostro presente lavorativo. Crescere e cambiare sono necessità ineludibili in un mondo in rapido mutamento. Tutti ne siamo consci, ma i sacrifici non possono essere fatti in virtù di un salto nel buio”.

Le numerose testate fanno del gruppo GEDI la più importante concentrazione editoriale del nosro Paese. Quando fu creata il sindacato dei giornalisti non bsttè ciglio

Non vorremmo che avanti di questo passo John Elkann per il settore dell’editoria giornalistica più che un Cavaliere del Lavoro diventi o sembri un cavaliere dell’apocalisse.

Per carità, non mettiamo in dubbio le capacità testimoniate dall’impressionante curriculum collezionato dal nipote dell’”Avvocato”, cioè dell’illustre nonno che ha voluto il nipote nel CdA della Fiat già quando aveva appena 21 anni. Però per la nomina a Cavaliere del Lavoro forse era il caso di aspettare un po’. O no?

Forse sono legittime anche altre perplessità e dubbi. Che nascono dal leggere quali sono le condizioni sine qua non si può essere nominati Cavalieri del Lavoro. Le condizioni sono elencate nel sito https://www.cavalieridellavoro.it/cavalieri-del-lavoro/come-si-diventa-cavaliere-del-lavoro/ . Che riporta i “requisiti tassativamente richiesti per la concessione dell’onorificenza”. Tali requisiti sono:

– aver tenuto una specchiata condotta civile e sociale

– aver operato in via continuativa e per almeno 20 anni con autonoma responsabilità nel settore per il quale l’onorificenza è proposta

– aver adempiuto agli obblighi tributari nonché a quelli previdenziali e assistenziali a favore dei lavoratori

– non aver svolto attività economiche e commerciali lesive dell’economia nazionale, né in Italia né all’estero.

I candidati devono inoltre dimostrare di possedere una “singolare benemerenza nazionale”. Si devono cioè essere segnalati:

– per aver promosso un incremento notevole dell’economia del Paese

– per aver svolto opere finalizzate all’elevazione economica e sociale dei lavoratori, contribuendo in tal modo all’eliminazione dei divari esistenti

– per aver operato per lo sviluppo e la cooperazione e in aree e in campi di attività economicamente depressi.

Forse ci è sfuggito qualcosa, ma non pare che John Elkann abbia tutti questi requisiti, in particolar modo alcuni. Anche perché la Exor ha sede in Olanda, come pure la Stellantis, anch’essa presieduta da John Elkann e nata dalla fusione della francese Peugeot S. A. (nota anche come PSA) con la FCA, a sua volta nata dalla fusione della italiana Fiat, quella del nonno “Avvocato”, con la statunitense Chrysler. Stellantis controlla  14 marchi automobilistici, comprese le italiane, almeno di nascita, Abarth, Alfa Romeo, Lancia e Maserati, e ha siti produttivi, propri o in joint venture in 29 di Paesi tra America, Africa e Asia ed Europa.

Exor possiede anche CNH Industrial, società di diritto olandese con sede a Londra, che progetta, produce e commercializza macchine per l’agricoltura, le costruzioni, veicoli industriali, autobus, veicoli commerciali, compresi quelli della Iveco, veicoli per autotrasporto speciali, motori per mezzi terrestri e motori marini. Elkann pochi mesi fa voleva vendere alla società cinese FAW, vendita per ora ferma.

Fusioni e trasferimenti di sede sicuramente legali, ma che almeno nel caso del trasferimento della Exor in Olanda hanno arrecato allo Stato italiano svariati milioni di euro di minori entrate fiscali, come ha spiegato a Milano Finanza nell’agosto 2016 Alessandro Dragonetti, managing partner e responsabile dell’area tax di Bernoni Grant Thornton. E senza contare che FCA all’inizio dell’anno scorso ha chiuso un contenzioso col fisco italiano accettando di pagare con compensazioni di debiti e crediti fiscali pregressi 730 milioni invece dei 2,6 miliardi di euro per quanto dichiarato nel 2014.

Conclusione: davvero tutto ciò è in linea con tutti i requisiti richiesti per poter essere proposti alla nomina di Cavaliere del Lavoro e anche diventarlo?

Pino Nicotri
pinonicotri@gmail.com

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