Speciale per Senza Bavaglio
Massimo A. Alberizzi
Milano, 1° gennaio 2021
Torna a farsi viva l’ ”Odiatrice seriale” con un delirante post nel sito semisconosciuto ai più delle piccole associazioni. Chi usa argomenti falsi e tendenziosi per sostenere le proprie idee non meriterebbe la nostra attenzione, senonché occorre purtroppo spiegare ai colleghi per evitare che i pochi che hanno voglia di scorrere quello scritto, leggano esternazioni dettate da collera e rabbia, piuttosto che da un desiderio di verità. E di ricerca di soluzioni accettabili per il nostro istituto di previdenza. Riportiamo il post della Odiatrice qui sotto, onde possiate farvi un’idea e capire in che mani siamo.
Conte non smaschera un bel niente. Se l’”Odiatrice seriale” riflettesse un attimo, un attimo solo, prima di scrivere avrebbe forse anche lei capito che nell’ambito della politica tutto si può cambiare, perfino, sebbene con una procedura a bella posta complicata, la Costituzione della Repubblica. Sarebbe stato più corretto scrivere che Conte non intende, cioè non vuole, cambiare le norme. Per ora!
La garanzia pubblica non è vero che non sia possibile e l’ “Odiatrice seriale”, gongola al pensiero che il Governo non la voglia. E si compiace con il fatto che Conte abbia parlato del possibile ingresso dei comunicatori dentro l’Inpgi. Non importa che ciò comporti una correzione alla legge che lo vieta. In questo caso, secondo la sua illogicità stringente, la modifica invece è possibile, anzi dovuta.
Ma non solo. Se avesse ascoltato con attenzione l’intervento di Verna nella conferenza stampa di fine anno, avrebbe capito ciò che il presidente dell’Ordine ha detto. Verna ha spiegato molto bene le condizioni da malato terminale dell’Inpgi, ricordando, tra l’altro, la legge Rubinacci che lo inquadra come ente sostitutivo dell’Inps, quindi ente di natura pubblica a gestione privata. Ma Conte ha risposto tutt’altro, sostenendo che la legge impedisce interventi pubblici. Quindi la conclusione è una: occorre spiegare al presidente del Consiglio e al ministro del Lavoro Nunzia Catalfo come si può arrivare alla garanzia pubblica, cosa che metterebbe al riparo le pensioni presenti e future di tutti i giornalisti. Naturalmente ciò che l’ “Odiatrice seriale” e i suoi adepti non vogliono.
Il suo comportamento è irresponsabile, perché i comunicatori non salveranno l’Inpgi, che così finirà direttamente all’Inps, senza trattative e quindi garanzie per le pensioni tutte!
Ingannare così i colleghi con una visione paradisiaca del futuro, con un Inpgi sempre in mano alla gestione dilettantistica dei giornalisti, ha un sapore kafkiano, incosciente e scriteriato. E suona come un monito ad accettare la logica del pensiero unico, un insulto al genuino giornalismo.
Ma perché questi attacchi scellerati al presidente dell’Ordine Carlo Verna, accusato – con una certa faciloneria – addirittura di truffa, e la difesa a oltranza di un Inpgi malgestito dai giornalisti? Innanzitutto, è bene che i colleghi lo sappiano, la colpa di Verna è di essersi opposto alle interferenze della FNSI sull’Ordine dei giornalisti. Ricordiamoci che l’Ordine è in possesso di un piccolo tesoretto. I dirigenti di FNSI, Inpgi e Casagit , (Odiatrice compresa), vogliono metterci le mani sopra per risolvere i pesanti problemi economici in cui versano i nostri enti.
L’Inpgi – come noi chiediamo – con la garanzia pubblica dovrà sottostare a un rigido e stretto controllo dello Stato. Quindi niente più stipendi astronomici per chi è alla sua guida, ma soprattutto niente contributi alla FNSI (ora ammontato a 3 milioni di euro circa) e così crollerebbe tutto il castello di carta messo in piedi per controllare il potere sindacale.
Inoltre la signora Odiatrice si guarda bene dal fare un’analisi corretta sul perché l’Inpgi versa in una situazione catastrofica. Non ricorda gli ultimi contratti caparbiamente voluti dalla dirigenza FNSI che hanno affossato la categoria dei giornalisti, causando la perdita enorme di posti di lavoro e lasciando sul lastrico precari e freelance. Secondo lei la colpa è tutta della crisi epocale del settore. Non ricorda, la signora, il “patto generazionale”, sventolato dalla FNSI e mai applicato, per fare digerire ai colleghi contratti di lavoro indigesti che hanno causato disgrazie a valanga per i giornalisti e il giornalismo. E ha dimenticato anche che un suo collega dirigente sindacale (ormai non più in attività) aveva definito “un enorme regalo agli editori quel contratto”. Come poi i fatti hanno ampiamente dimostrato.
Accusare Verna di restare incollato alla poltrona (assurdo: bastava che dicesse sì alle pretese della FNSI e se la sarebbe facilmente tenuta!) vuol dire adoperare gli stessi sistemi beceri della politica, quando tenta di trasformarsi da carnefice a vittima. Invece il boia resta tale anche se si camuffa. Giù la maschera, cara Odiatrice, che a difendere le pensioni ci pensiamo noi, avvertendo i colleghi che, se vincerai tu e la tua parte, potranno veramente dire addio al loro futuro.
Buon anno a tutti i giornalisti e alle loro famiglie, spesso gettate sul lastrico da sindacalisti come te.
Massimo A. Alberizzi
twitter @malberizzi
@sbavaglio
www.senzabavaglio.info
Ed ecco qui il pezzo della nostra Odiatrice Seriale: leggete gente leggete pure e meditate in che mani siamo
ControCorrente: Garanzia pubblica per l’Inpgi, la truffa di Verna e del polo del rancore
smascherata in diretta tv dal premier Conte
La truffa del polo del rancore, ossia illudere i colleghi di poter ottenere la garanzia pubblica per i conti dell’Inpgi, è stata smascherata dalle parole del premier Conte, pronunciate durante la conferenza stampa di fine anno organizzata dall’Ordine dei giornalisti.
L’operazione verità è durata appena 14 minuti. Giusto il tempo dell’introduzione del presidente dell’Ordine nazionale Carlo Verna, che ha rilanciato la petizione che alcuni colleghi ipergarantiti, per lo più titolari di pensioni e stipendi con molti zeri, e lo stesso Ordine come istituzione hanno inviato al Capo dello Stato Sergio Mattarella, tornando a chiedere la garanzia pubblica dello Stato per l’Istituto di previdenza dei giornalisti; e le poche parole con cui il premier Conte pubblicamente, davanti alla platea di giornalisti, ha ribadito che “La legge lo proibisce”, ma che “possiamo auspicare che si allarghi la base della platea contributiva ai comunicatori e si riesca a costruire un equilibrio finanziario ed economico che consenta all’Inpgi di camminare con le gambe proprie. Dobbiamo lavorare insieme”.
In breve, quello che Conte ha indicato è lo stesso percorso individuato responsabilmente dalla maggioranza di Fnsi e Inpgi, che da settimane sta lavorando ad un tavolo insieme al governo.
Certo, sorprende sempre spiacevolmente ascoltare il presidente dell’Ordine Carlo Verna usare come foglia di fico i problemi dei precari; mescolare temi di importanza vitale per la categoria, come l’equo compenso e la sacrosanta lotta al precariato con la morte di Maradona e Paolo Rossi (tutto fa brodo), il risibile appello al Presidente della Repubblica e l’imbarazzante e offensivo caso del digital divide per i pensionati che non sono in grado di utilizzare la Pec. Ed è impossibile non sottolineare come Verna, che pure è stato segretario dell’Usigrai, nel suo discorso non abbia speso una parola per la Rai, sull’esigenza di una riforma e sull’urgenza di una nuova legge.
Neppure di fronte al governo e alla gravità della situazione della categoria, attraversata dalla crisi più profonda della sua esistenza, alle prese quotidianamente con la sopravvivenza di testate storiche e le difficoltà che anche le esperienze editoriali on line più moderne stanno sperimentando, il presidente Verna riesce a ricoprire con dignità il suo ruolo. Anzi, in diretta tv, trova pure il tempo per togliere la parola ad una collega che stava incalzando il presidente Conte con una domanda, invocando l’intervento dei commessi.
Spiace sapere che l’appello truffa inviato al presidente della Repubblica sia stato firmato da Verna non individualmente, ma come presidente dell’Ordine, coinvolgendo in una figuraccia in diretta televisiva, condita da inutili richiami legislativi, tutti i giornalisti italiani. Di questo dovrebbe chiedere scusa e agire di conseguenza. Ma, come sempre, non lo farà perché, in prorogatio da mesi, è troppo impegnato a tenersi stretta la poltrona.
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