Speciale per Senza Bavaglio
Vanna Palumbo
Roma, 17 novembre 2018
È stata tutta di merito l’assemblea aperta di Stampa Romana in vista dei Congressi regionale e nazionale, tenutasi il 15 novembre scorso nello storico vicolo di via del Cardello, a Roma. Talmente diversa e lontana dalla prosaica e consumata liturgia dei consueti raduni sindacali. Mi ha convinto che “qualcosa di nuovo sotto il sole” finalmente c’è.
L’incontro, organizzato da Informazione@futuro, ombrello sotto cui negli ultimi due lustri si sono raccolti i sopravvissuti al disimpegno diffuso nelle file dei giornalisti, dopo la diaspora di Autonomia e Solidarietà e il ritiro di Punto e a Capo, mostra segni di rinnovamento del costume associativo e di contrasto al malcostume di essere eternamente gli stessi (una compagnia di giro sempre più ristretta) a voler assumere, in occasione della celebrazione dei congressi, la rappresentanza degli interessi della categoria, lasciandosi cogliere spesso da un’amnesia di quali fossero quegli interessi, il giorno dopo le elezioni.
Una compagnia di giro che tesse alleanze, anzi meglio, cartelli elettorali spuri e strumentali che vanificano ogni sforzo di ricerca di contenuti e di programmi.
In una corsa insensata – ancor più alla luce della diminuzione progressiva di “potere” contrattuale e di adesioni alla causa sindacale – all’occupazione semplice di poltroncine di cui magari fregiarsi nel biglietto da visita.
Ma non è solo questo.
Stampa Romana, la sua squadra operativa, e, in primis il “cinquantenne e redattore ordinario Rai” (certe qualifiche parlano delle nostre storie più di altri fatti), cioè il segretario politico Lazzaro Pappagallo, arrivano a questo appuntamento elettorale – che punta alla riconferma – vantando i risultati di un buon lavoro di tutela individuale e collettiva dei colleghi e di presenza pignola sul territorio a difesa degli interessi dei “dimenticati” sparsi nelle province del Lazio.
Un impegno testimoniato dagli interventi durante l’Assemblea, numerosissimi e tutti di merito.
La cornice politica e sociale nella quale si svolge questa tornata congressuale è nota. L’attacco alla libertà di stampa ed all’autonomia dei giornalisti è dichiarato e sfacciatissimo. Mortificante il costume – antico ma oggi sempre più evidente – di considerare i colleghi dei “reggimicrofono” nelle conferenze stampa convocate, spesso ad horas, ai più alti livelli istituzionali.
Lo stato della categoria è di estrema debolezza. E, tutti insieme, non siamo esenti da colpe. Ma regola vuole che chi è collocato più in alto ne abbia di più. E la nostra FNSI non ha avuto il profilo e la volontà di ridare una lucidata all’argenteria di casa…. anzi, ha convogliato un impegno degno di miglior causa a sostenere ed amplificare l’azione di nuove formazioni correntizie prive di qualsivoglia caratterizzazione programmatica. Se non quella della continuità che, ça va sans dire, in presenza di una gestione valida ed efficace del gruppo dirigente, sarebbe suonata un pleonasma.
Tempo di radicalità e di solidarietà, per me.
Impegno che farei deflagrare, qualora eletta nella delegazione, al Congresso nazionale di FNSI di fine gennaio.
Per una convinzione irriducibile della necessità di far vivere l’unico strumento di difesa della categoria, il sindacato. E per un altrettanta irrinunciabile spinta a fare argine alla disgregazione del valore democratico dell’informazione garantito (ancora per quanto?) dalla nostra Costituzione.
Radicalità: abbiamo bisogno di tornare alle radici della nostra storia in termini del rispetto dei sani princìpi del sindacato, delle idealità negli obiettivi e nel perseguimento tenace e concreto del risultato, della partecipazione viva ed ampia della base a tutto il processo democratico.
Solidarietà: nel senso di bando alle divisioni dentro e fuori. Solo confronto di merito.
Solidarietà: nel senso di apertura di confronto con i vari ‘pluralismi’ e diverse ‘sensibilità’ interni, ma anche con le associazioni e gli altri sindacati disposti a condividere battaglie comuni, a partire da quelle generali, di difesa dell’informazione “bene comune”.
Solidarietà: nel senso che “garantiti” e non garantiti non sono antagonisti. La difesa del contratto nazionale e la sua inclusività è obiettivo di tutti. La forza della sua difesa dagli attacchi di un’editoria sempre più spregiudicata sarà tale se si salderanno le battaglie dei colleghi precari a quelle dei contrattualizzati.
Solidarietà: fra le diverse figure professionali dello stesso gruppo editoriale. Come nella migliore tradizione giornalisti, poligrafici, tecnici ed altre maestranze connesse all’attività editoriale compongono una filiera “omogenea” contro cui gli editori non potranno mai edificare muri troppo alti.
Quello che dobbiamo difendere è il lavoro professionale, la sua dignità e la sua specificità, il valore aggiunto della sua qualificazione, della sua credibilità. Direi anche il suo fascino. Contro l’usura di mistificazioni, falsità, pressappochismo.
Vanna Palumbo
Candidata nelle liste di Informazione@Futuro/SenzaBavaglio a Roma
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