La Calabria è allo sbando, non c’è lavoro ma il numero di giornalisti è esorbitante

Speciale per Senza Bavaglio
Alessio Algeri
Matera, 3 agosto 2018

Nelle anticipazioni sull’ultimo rapporto Svimez, la Calabria risulta essere la regione con la crescita maggiore nel periodo 2015-2017. I dati stridono, in verità, con le reali condizioni della regione e con il continuo spopolamento degli ultimi anni, dovuto alle migliaia di persone, soprattutto giovani laureati, che hanno deciso di emigrare.

Ma non è solo questo che contrasta con la realtà di una terra sempre più alla deriva. Ad alimentare i dubbi su rapporti, sondaggi, classifiche e similari è l’elenco degli iscritti al sindacato dei giornalisti calabresi, tra le cui griglie si legge il numero, elevato, dei collaboratori: 604.

Val la pena citare le due regioni che si piazzano al primo e secondo posto della classifica, cioè la Lombardia con 745 iscritti e la Sardegna con 734.

Con soli due quotidiani ormai storici e pochissime riviste ancora in edicola, il numero sembra eccessivo, anche al netto dei collaboratori a spasso, di quelli che hanno lavorato in giornali che ora non esistono più e di quelli non più attivi perché hanno intrapreso altre strade. Incuriosisce anche il dato riguardante il totale degli iscritti al sindacato calabrese, comprensivo, cioè, di collaboratori e “professionali”, come è riportato dai dati ufficiali della FNSi.

Ebbene, anche in questo caso, la Calabria occupa il terzo posto con 1437 iscritti, superata dalla Lombardia e dal Lazio. Come è possibile che la regione più povera d’Europa, in stallo economico dal dopoguerra, e non specifico quale, ostaggio di ‘ndrangheta, massoneria deviata, politici inermi e spesso collusi e vittima di una emigrazione contemporanea che la sta indebolendo sempre più, abbia tanti collaboratori giornalisti?

Il quadro si completa con la crisi della stampa calabrese, che ha visto nascere e morire almeno tre quotidiani in pochi anni e l’uso becero di molti media di avvalersi, a volte, di “professionalità” distanti dal mondo dei giornalisti.

Spulciando negli elenchi dei giornalisti calabresi, spiccano molti nomi di politici, di preti, insomma di gente lontana anni luce dal giornalismo, che è stata ammessa all’albo per una manciata di comunicati scritti “pro domo sua”. L’Ordine e il sindacato calabresi si caratterizzano per l’esser silenti quasi sempre, inesistenti di fronte alle difficoltà dei giornalisti locali che si scontrano quotidianamente con una realtà drammatica, con editori poco rispettosi dei loro dipendenti, con compensi da fame, con i bavagli che tante volte si cerca di usare con i giornalisti.

Un quadro raccapricciante che ancora una volta induce a interrogarsi sull’esagerato numero di collaboratori iscritti al sindacato di Reggio Calabria. È difficile trovare la/le risposte, salvo voler attribuire al carisma, o meglio alla volontà della FNSI calabrese il boom di collaboratori.

E già, perché se si “fa” davvero il giornalista e si subiscono angherie, minacce e soprusi, il sindacato è immobile – e questo nell’ambiente è argomento di discussione giornaliera – se, invece, come dicono i bene informati, ci si vuole iscrivere all’albo, prendere, cioè, l’agognato tesserino, si può passare dal sindacato che aiuta ad ottenere l’iscrizione, anzi le iscrizioni, in cambio, poi, della presenza in sede di votazioni per il rinnovo dei consigli. Il consueto do ut des che non tramonta mai e consolida sempre di più le posizioni di certi soliti noti.

Alessio Algeri
algerialessio2@gmail.com

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