In ricordo del prof. Marcello De Cecco

Giovanni La Torre
Roma, 8 marzo 2016

Nella notte tra il 2 e il 3 marzo è venuto a mancare il prof. Marcello De Cecco. Sapevo che non stava bene, lo appresi quando cercai di informarmi sui motivi della rarefazione dei suoi interventi nell’inserto Economia e Finanza di Repubblica. Questi articoli per me costituivano un appuntamento settimanale inderogabile perché gettavano sempre una luce più chiara sugli avvenimenti di economia internazionale, a differenza degli scritti della maggior parte dei suoi colleghi che non facevano e non fanno altro che replicare sempre i soliti luoghi comuni senza uno straccio di analisi genuina e indipendente (ma sarebbero capaci di fare diversamente?).

Marcello De Cecco
Marcello De Cecco

De Cecco faceva parte di quel sempre più sparuto drappello di economisti, che in Italia ha come padri riconosciuti Federico Caffè e Paolo Sylos Labini, che considera l’economia una “scienza sociale”, e che in ultima analisi si rifà ad Adam Smith il quale, non bisognerebbe mai dimenticare, era un filosofo morale. L’economia moderna nasce da una costola della filosofia, fu poi la svolta marginalista dell’ultimo quarto del XIX secolo a farla deragliare su binari non confacenti, rendendola quella (pseudo?) scienza arida, meccanicistica, “autistica”, “enigmistica”, che oggi imperversa nella prassi e nell’accademia. Keynes, che pure era laureato in matematica, diceva che l’economista «deve essere un matematico, uno storico, un uomo di Stato e un filosofo».

Gli scritti di Marcello De Cecco avevano questo respiro ampio, multidisciplinare. Lui era un intellettuale umanista, e la lettura di ogni suo pezzo risultava sempre gratificante. A volte gli scrivevo dei commenti ai suoi articoli, e lui amabilmente rispondeva. Nelle pagine che dedicai a lui nel mio libro “La Comoda Menzogna. Il dibattito sulla Crisi Globale” rilevai che spesso la sua prosa non è diretta, ma indiretta e allusiva e questo può indurre nel lettore il sospetto che sia frutto di “superbia”, “albagia” (non nascondo che ci fosse anche un pò di ironia in questa mia valutazione). Il prof. De Cecco volle rispondermi con la mail che riporto di seguito (del 3 marzo 2011) e con cui chiudo questo ricordo (faccio notare che all’epoca io scrivevo le “Tremonti News”):

«Caro La Torre,

lei mi taccia di superbia e albagia ma la ringrazio lo stesso anche perché la sua tremontifobia è meritoria e giustificata, e le citazioni del nostro che va a ripescare sono sempre divertenti, quindi, grazie del libro e degli aggettivi, che mi prendo come complimenti. Il Principe di Lampedusa diceva che il parlare implicito è assai meglio del parlare esplicito. Io credo abbia ragione, ma i miei colleghi economisti la pensano esattamente al contrario. Che fare … è troppo tardi per cambiare, e come lei sa io sono abruzzese e Flaiano è la mia guida spirituale. Cari Saluti. Marcello De Cecco».

Giovanni La Torre

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